Viaggio nella Barga del 1909. Una eccezionale testimonianza su Harper’s Monthly (capitolo 2)

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(Da Harper’s Monthly – ottobre 1909. Articolo: Barga” di Mary Heaton Vorse – incisioni di B.J.O. Nordfeldt – traduzione di Mario Moscardini)

Estera ritornò dopo un po’ per annunciare che il parrucchiere in grado di intervenire in quel momento essendo occupato a fare barba e capelli al maestro di disegno ma che avrebbe inviato “il bimbo”, il fratello minore. Eravamo un po’ scettici nei confronti dei fratelli minori dei parrucchieri per un compito così impegnativo, ma Estera ci rassicurò: «Questo fratello minore è in gamba, è molto bravo» – e sarebbe comunque venuto anche un altro fratello maggiore per assicurarsi che tutto si svolgesse nel migliore dei modo. «Stiano tranquille – disse per consolarci – questo “bimbo” è da sempre che fa la barba ai clienti».

Porta_Mancianella-wdtr.gifEntra il “bimbo”
Furono fatti entrare il bimbo e il fratello maggiore, di nome Silvio.
“Anche tu fai il parrucchiere?» chiedemmo – «No» – rispose – ma sono venuto per assicurami che mio fratello faccia tutto il necessario».
Rivolgendosi a lui sottovoce gli sentì dire: «Coraggio!».
In piedi di fronte a noi, alto e bello, del tipo di bellezza barghigiana, imbarazzato come un cherubino, il bimbo avrà avuto 15 o 16 anni. La sua determinazione era evidente. Niente l’avrebbe distolto dal proposito di andare fino in fondo a questa faccenda. Fu forse con un pizzico di brutalità anglosassone che gli chiedemmo: “Hai mai fatto lo shampoo a una signora prima d’ora?». «No – confessò – ma ho fatto la barba a tantissimi signori».
Il primo shampoo
Fu a questo punto che capimmo che si stava per dare il via al primo shampoo mai fatto da un parrucchiere a Barga. Insieme i due giovanotti andarono a prendere dell’acqua calda; insieme insaponarono (con un ottimo sapone barba) la testa della «vittima»; insieme le asciugarono i capelli, svolgendo questa insolita mansione con un impegno pari al grado imbarazzo che ovviamente provavano. Notavo il tremolio delle mani del bimbo e ogni tanto udivo il fratello maggiore che lo incoraggiava gentilmente a proseguire. Quando fu tutto finito, Silvio si rivolse a noi: «Permesso, Signore, io faccio il fabbro, e dovrei ritornare al mio lavoro. Ci penserà il bimbo a ripulire tutto».
Penso che ammetterete che in nessun paese nordico sarebbe stato possibile imbattersi in un fabbro capace di fare lo shampoo ad una signora, o anche semplicemente di dare sostegno al suo spaventatissimo fratellino. Nemmeno per mantenere intatto l’onore tonsurale della famiglia.
Le piccole cose
In fondo, sono le piccole cose quotidiane a rilevare la tempra di un uomo, e le persone incontrate casualmente a rivelare la tempra di una razza. E così, prendendo a esempio il bimbo e il fabbro Silvio e il primo shampoo, si può avvalorare la tesi che i barghigiani sono uomini intrepidi, intraprendenti, audaci di fronte alle nuove avventure e dotati di quel particolare temperamento che gli permette di fare tranquillamente a meno di precedenti.
La stoffa dei barghigiani
Ma di quale stoffa fossero fatti veramente lo capimmo non a Barga, bensì a Sommocolonia.
Sommocolonia si trova più in alto, a due ore buone di viaggio da Barga.
Non ci sono strade che vi conducano, ma soltanto una salita lastricata, sufficientemente larga da permettere il transito ad un asino.
Sommocolonia
Se Barga ha un aspetto guerresco, Sommocolonia è una vera e propria fortezza. Restano ancora i ruderi delle torri che fortificavano le mura, e sono ancora evidenti le tracce del grande cortile del vecchio castello. Qui gli «occidentali», che provengono da paesi giovani e le cui abitazioni altro non sono che fragili costruzioni in legno, possono tuttora provare l’emozione a loro tanto cara: sentire il battito del cuore del vecchio mondo.
A parte il fatto che mura e torri non sono più necessarie, si ha l’impressione che Sommocolonia non sia minimamente cambiata da quando la costruirono in cima alla sua piccola, inaccessibile collina.
the_gossip-wdtr.gifLe donne che filano il fuso
Donne anziane se ne stanno in piedi sull’uscio di casa a filare con rocca e fuso, e si ode il rumore dei telai a mano che producono bellissimi tessuti di lino. Sotto il paese si ergono le alte cime degli Appennini, ricoperte di neve. L’aspetto generale di questo piccolo paese, grigio e severo, ci fece capire quanto le persone fossero inclini ad ammazzarsi fra di loro, se per evitare guai erano costrette ad arrampicarsi su per una collina talmente alta da consentire alla neve di giacere ancora spessa nelle viuzze strette come solchi, fino ad anno inoltrato.
Ci stavamo avvicinando al mese di aprile e il cortile del castello — uno spazio grande abbastanza da poterci svolgere un torneo — era ancora ingombro di cumuli di neve . Rimanemmo lì a riflettere su quanto fossimo distanti nel tempo dal mondo in cui viviamo noi: appena pochi anni prima le mura non erano soltanto ruderi pittoreschi sopravvissuti per l’ammirazione di qualche turista smarito, ma una dura necessità
Una palla di neve
Così, mentre meditavamo sulle incongruenze di queste cose terrene, qualcuno, soprappensiero, lanciò distrattamente una palla di neve, e in quel momento – come una risposta ad un segnale – tornò a farsi sentire la vera essenza di Barga grazie a una voce dietro di noi che disse, nell’idioma della nostra terra: “Tirane un’altra, tirane un’altra, a parabola”.
Il ragazzo che parlava americano
L’accento era americano, ma l’intonazione carezzevole. Ci girammo e vedemmo un giovanotto di sedici o diciassette anni, gli occhi castani illuminati di gioia nel vedere il bello spettacolo di una palla ben lanciata. Con quegli occhi grandi e quel viso sottile era senz’altro italiano, del tipo barghigiano, ma il modo in cui si muoveva e teneva le spalle, e l’inclinazione del berretto che indossava, erano sicuramente americani.
(Continua)

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Commenti

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  1. pier giuliano cecchi


    R: Viaggio nella Barga del 1909. Una eccezionale testimonianza su Harper’s Monthly (capitolo 2)
    Bravo Luca. Pagine stupende, che in qualche misura conoscevo, ma comunque più che lodevole l’iniziativa della pubblicazione. Bellissimi i disegni, che meriterebbero essere pubblicati in un prossimo calendario con l’aggiunta degli scritti. Pier Giuliano Cecchi

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