Il Palazzo Pretorio di Barga sede del museo (quarta parte)

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Continuando il nostro viaggio alla scoperta del Palazzo Pretorio di Barga occorre dire che non è facile parlarne, perché i documenti dell’Archivio Comunale sono poveri di documentazione e tutto si restringe agli inventari che si facevano delle cose ivi esistenti ogni, qualvolta, entrava in carica un nuovo Podestà. Poco si dice dei vari lavori effettuati nei secoli compresi tra il XV e XVIII secolo, un poco di più nei tempi a seguire.

Qualche nota appare sui libri delle deliberazioni comunali, poca roba, ma che comunque ci fa capire che più volte, come ragione vuole, si è messa mano a certi restauri. Come per esempio l’anno 1545, quando sotto il dì 21 agosto succintamente si annotavano certi interventi nel seguente deliberato del Consiglio di Barga:

“Sia speso per risarcimento et restaurazione del palazzo del Sig. Podestà, per ordine dei Signori Cinque più somme di denaro apposta per ordine dei Magnifici Consiglieri e Signori Offiziali dell’Abundanza …”

Altra memoria di lavori di lavori al palazzo parrebbe essere l’iscrizione posta sulla facciata, sotto la loggia, con data 1556-57 e che portarono all’ampliamento della stessa loggia. Il dato ci viene dalla “Guida al Duomo e dei monumenti principali”, libro attuato nel 1906 da Pietro Groppi; però va detto che lo stesso Groppi è uno storico singolare e le sue notizie sono da prendersi con molta cautela, poiché, come in questo caso, riporta il restauro per opera del podestà “Gusichi”, il quale non compare nel non preciso elenco dei Podestà di Barga del XVI secolo, pubblicato nel libro “Barga Medicea” del 1983.

Personalmente ho letto quella targa e posso dire che quel nome è Andrea di Jacopo di Francesco Giuntini e non “Gusichi”, mentre l’idea che egli avesse messo mano al palazzo parrebbe confermata dallo incipit dell’iscrizione che suona così: “Al tempo del Magnifico Homo”.

Abbiamo detto che sia discutibile l’elenco dei Podestà di Barga pubblicato nel libro “Barga Medicea” del 1983 e quanto affermato trova riscontro in un documento ritrovato dal sottoscritto e mai pubblicato che li riporta tutti in sequela dalla fine del sec. XV al sec. XVII inoltrato. Di tale e sicuro documento, che s’incrocia perfettamente con altro del periodo, sempre rinvenuto dal sottoscritto e rimasto maggiormente ignoto agli storici, ne parleremo in un prossimo articolo, al momento che tratteremo l’argomento dei Podestà di Barga che per lungo tempo lì vissero.

Tornando al palazzo possiamo dire che, altri e certi lavori di restauro, furono eseguiti negli anni 1614-15 per opera del Commissario e Podestà Fabio di Carlo di Piero di Carlo Serragli. Questo sta scritto su un’altra lapide posta sulla facciata, che leggendola si capisce benissimo sia riferita alla sola loggia: “Restaurata da …”. Certo, come si è già accennato, ne seguirono ancora altri e per due motivi: cause naturali di degrado e straordinari eventi, come i terremoti degli anni 1740 e 1745, che produssero vari e gravi danni a tutto il Castello, come per esempio al Duomo. La maggiore chiesa di Barga da allora sino al terremoto del 1920, seppur messa in sicurezza e anche bella vista nei suoi interni, negli elementi portanti fu rattoppata alla meglio. Solo la mirabile intraprendenza e lungimiranza dell’Operaio Morando Stefani, tolse dal disastroso degrado l’importante monumento nazionale: erano gli anni tra il 1927 e il 1939.

Prima, circa alla metà degli anni del ‘600, come già accennato nel precedente articolo, vediamo il Comune alle prese con la Camera Fiscale di Firenze per i risarcimenti alle Mura e al Palazzo della Giustizia. In pratica s’inoltrò all’ufficio fiorentino un reclamo basato sulla scarsa attenzione ai restauri delle due strutture, principalmente per ciò che stava riguardando le spese ora intercorse. Il senso della lamentela risiedeva nel non rispetto di accordi intercorsi nei secoli precedenti, i quali volevano che il costo di questi particolari lavori fossero spettanti a quell’ufficio. Si tratta delle multe comminate in loco, che abbiamo già osservato, inizialmente furono lasciate a Barga per quel bisogno, cioè, difensivo in genere, seppur da spendersi solo con l’assenso dei Capitani di Parte Guelfa di Firenze, mentre ora dovevano essere versate nelle casse fiorentine e all’occorrenza, sarebbero uscite e dirette a Barga. Il problema qual era? Presto detto: a Firenze si lucrava sull’ammontare del conto accantonato, ben conosciuto a Barga e a essa spettante.

Comunque fosse stato, in questo secolo, passata la guerra tra Lucca e Modena per il Dominio della Valle che occupò quasi il primo cinquantennio del ‘600, le strutture difensive e militari di Barga iniziarono a soffrire non poco. In effetti, cessati i pensati pericoli per l’enclave fiorentina di Barga, che avevano visto Firenze rinforzare non solo Barga ma anche Sommocolonia, per la ricordata artefatta e difficile congiuntura economica a sfavore di Barga rivendicante il suo dovuto dalla Camera Fiscale, s’interverrà sul Palazzo Pretorio solo nei momenti di ovvio allarme abitativo.

Infatti, eccoci per esempio al terremoto del 1740, quando il Palazzo Pretorio, assieme ad altre strutture pubbliche, come il Duomo, la Loggia di Piazza del Comune e altro, ebbe i suoi danni. Naturalmente i guasti causati dal terremoto riguardarono anche tante case dei privati, che nei restauri seguirono il consiglio granducale che aveva suggerito al Comune di concedere il permesso agli stessi cittadini di poter costruire volte appoggiate ai muri di una casa con l’altra; questo anche per prevenire nuovi danni in caso di future e simili calamità.

Nella relazione di quel terremoto stilata dal dott. Francesco Tallinucci di Barga, un avvocato inserito nell’amministrazione granducale con incarichi anche di cancelliere in diverse terre, da quel suo scritto stampato da Pietro Groppi in Barga nel 1902, si apprende che nella stessa Barga:

“Rovinarono più casamenti, si scatenarono quasi tutti gli altri che vi rimasero, fu diroccata una parte del Duomo della Collegiata …”.

Tale circostanza decise anche il restauro del Palazzo Pretorio e questo parrebbe confermarsi dal sapersi che nel 1743 vi si sta lavorando. Infatti, in quell’anno è pagato uno scalpellino di Barga, tale maestro Alfonso Giannini, per otto pietre per due finestre e per averle portate sul luogo. In tutto la misura del lavoro fu di braccia ventiquattro, misura attuale circa 15 metri, al prezzo di Lire 14.

Senz’altro in occasione del terremoto del 1745 il palazzo forse riebbe altri danni.

Certamente nel 1786 doveva essere in buone condizioni, anno in cui, per le feste di San Cristofano protettore, a Barga giunse in visita il Granduca Pietro Leopoldo I con tre ministri, proveniente da Bagni di San Giuliano. Accolto nella prima mattina di fronte al Convento di San Francesco, con un corteo di notabili barghigiani, andò a smontare al Palazzo Pretorio, dando udienza a chiunque l’avesse voluto.

Arnaldo Bonaventura nel libro “I Bagni di Lucca, Coreglia e Barga” del 1914 così si espresse nei confronti del Palazzo Pretorio sui suoi supposti restauri:

“Si perdette in parte l’originale carattere: le porte con archi in pietra vennero ostruite o ridotte e riscialbati i muri esterni, ricoprendo antichi stemmi affrescati a colori”.

Noi possiamo dire che agli inizi del XIX secolo il Consiglio di Barga deliberò un restauro degli interni tra cui il recupero conservativo degli stemmi ivi esistenti. Intervento che l’Ufficio dei Fossi di Pisa, cui Barga dipendeva, non accettò e da allora il degrado di quelle importanti memorie ebbe un progresso continuo.

Il Palazzo Pretorio era rimasto utilizzato per fini amministrativi sino al termine del sec. XVII inizio XVIII, quando man mano si andarono spostando la Cancelleria Civica e Consiglio in altre case di Barga, come a Palazzo Angeli di piazza Angelio, allora detta Santa Maria Novella e volgarmente l’Aiaccia, per l’improprio utilizzo di essa come seccatoio di grani e biade.

Prima di questa sede, circa il 1807, ma anche dopo, in parte fu utilizzato anche l’ex Convento di Sant’Agostino, che si affacciava come lo stesso palazzo Angeli nella piazza or ora ricordata. Questo dopo il 1782, anno in cui fu chiuso e i suoi frati aggregati al Convento di San Nicola di Pisa. Nel 1807, dopo aver vagliato varie offerte di privati, il Comune deciderà l’acquisto di una sua sede nell’attuale Palazzo Pancrazi, ma l’utilizzo dell’ex convento degli Agostiniani durerà ancora per decenni. In questi anni si metterà mano al Palazzo Pretorio che era in pessime condizioni, con l’idea di utilizzare l’antistante loggia per crearvi uno stanzone per i Famigli, che per fortuna non ebbe seguito.

Nel Palazzo Pretorio restò la giustizia sino a quando, nel terzo decennio del XIX secolo, anche questa non ebbe il suo trasloco nel Palazzo Gherardi di Barga Castello e il Pretorio rimase unicamente sede delle carceri e adibito ad abitazione dei cosiddetti Famigli, che abitavano l’ala del palazzo costruita circa il 1821 e che quasi lo congiungeva con la parte finale del Duomo. Anticamente in quest’area c’era l’orto del Podestà, con recinto e suo ingresso, annaffiato con le acque della “pillaccia” che stava lì nei pressi. La nuova costruzione, senz’altro, si realizzò per ovviare all’idea di creare uno stanzone nel sito dell’antica loggia. Altri progetti di restauro furono eseguiti negli anni 1826-27.

Dal libro “Descrizione geografica della Toscana” dell’abate Ferrini, stampata a Firenze l’anno 1838, alla voce Barga si parla anche del Palazzo Pretorio, dicendo che all’epoca:

“Nell’antico Pretorio vi sono aperte le pubbliche scuole, nel soppresso convento degli Agostiniani vi risiede la Casa del Comune”.

Certamente la scuola pubblica ospitata nel Pretorio era per i maschi, perché le femmine erano istruite al Conservatorio di Sant’Elisabetta.

Agli inizi del XIX secolo, così come recitano dei documenti dell’Archivio Storico di Barga, presso il Pretorio aveva trovato alloggio anche la Guardia della Speranza d’ignota natura, ma che almeno parrebbe indicarci il possibile nome dato alla via che da Porta Macchiaia conduce al Duomo: la via della Speranza.

Un progetto di restauro risale all’anno 1835, redatto dall’ingegner Falorni. Da questa data altre volte ci sono stati degli interventi sullo stabile, che agli inizi del secolo XX, lo sappiamo abitato anche da famiglie di Barga, così come recitano alcune immagini del periodo.

Per altro possiamo dire che anche i Carabinieri ebbero la loro prima sede barghigiana a Palazzo Pretorio, luogo molto idoneo per la presenza delle prigioni, e questo sino a quando non si trasferirono a Palazzo Carlini che sta dietro alla Propositura.

Con il terremoto del 1920 il palazzo ebbe i suoi danni, facendo decidere l’abbattimento dell’ala che guardava il SS. Crocifisso, creandovi l’attuale terrazza panoramica che guarda la Fornacetta. Altra parte che in quegli anni scomparve fu l’aggiunta ottocentesca che andava verso il Duomo.

Durante i restauri al Duomo degli anni 1927-1939, il palazzo fu utilizzato come base d’appoggio per i lavori, ma il podestà di Barga Morando Stefani, vedendo rinascere il millenario monumento, tanto desiderò che anche il civico palazzo avesse i suoi restauri e fosse ricondotta la sua visione alla pensata antica bellezza, con tanto di merli, il cui progetto è visibile su “La Corsonna”, il giornale barghigiano di allora. Una pensata nuova vita che però rimase solo sulla carta, la quale prevedeva l’utilizzo del palazzo come museo.

Nel dopo guerra 1940-45, esattamente nel 1950, la parte più grande del palazzo fu affidata alle cure di una famiglia, mentre la sala grande cui si accede dal portone, fu utilizzata dal Comune di Barga, anche come falegnameria. L’intero stabile dal 1979 è divenuto sede del Museo Civico di Barga, grazie all’impulso dell’allora Gruppo Ricerche Storiche Archeologiche e all’impegno importante del sindaco Roberto Ceccarelli.

Con il prossimo articolo entreremo nel Palazzo Pretorio.

(continua)

Pier Giuliano Cecchi

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