Povera Italia! Non lasciamo che il Bel Paese cada nello schiavismo della povertà

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Aumenta il numero delle famiglie povere. Secondo l’Istat (dati relativi al 2010) i poveri in Italia sono oltre 7 milioni 800 mila. Dato preoccupante è che il 71,8% delle famiglie e il 77, 8% delle persone povere risiede nelle regioni meridionali. Il 21 luglio scorso la Commissione di indagine sull’esclusione sociale/CIES ha presentato il Rapporto 2010 sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale. Nella presentazione del Rapporto (articolato in quattro settori: povertà in Italia; dinamiche del mercato del lavoro; crisi ed immigrati; politiche di contrasto italiane nel contesto europeo), il presidente della CIES, Marco Revelli, evidenzia come quella che la Commissione europea ha definito “la peggiore recessione che il mondo abbia conosciuto dagli anni Trenta” e che l’ ISTAT ha qualificato come “il più grave episodio recessivo della storia recente”, abbia colpito il nostro Paese in modo particolarmente severo, aggravando ulteriormente una condizione di povertà e di esclusione sociale già pesantemente compromessa negli anni immediatamente precedenti l’inizio della crisi.
L’Italia, infatti presentava già, prima ancora del manifestarsi dei primi segnali della crisi internazionale, gravi sintomi di fragilità, di vulnerabilità e disagio sociale, testimoniati da un’incidenza della “povertà relativa” estremamente preoccupante (tra le più estese in Europa) e da una dimensione della “povertà assoluta” non comparabile statisticamente con quella degli altri Paesi dell’UE, ma sicuramente grave (oltre 1.200.000 famiglie e quasi 3 milioni di individui definibili “assolutamente poveri”). Va quindi allontanata ogni possibile tentazione di una lettura “auto-rassicurante” della crisi e del suo impatto sociale; va invece acquisito il carattere di vera e propria “emergenza nazionale” che la questione della povertà e dell’impoverimento continua a costituire nel nostro Paese. Esiste anche una povertà assoluta, indicatore che si basa su un paniere di beni e servizi ritenuti socialmente essenziali il cui valore monetario costituisce la soglia di povertà dell’anno. L’aumento della povertà “relativa” è concentrato nelle regioni del Mezzogiorno dove è aumentata l’intensità della povertà. Il rischio di povertà aumenta per le famiglie numerose e per quelle in cui la persona di riferimento, quello che un tempo si definiva quale pater familias (capo famiglia) sia senza lavoro e non possiede titolo di studio. L’emergenza incombe, cerchiamo di non finire tutti nella città di cartone come i clochard o gli homeless.
(La foto di questo articolo è di Tiziana Luxardo)

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