Il vino di montagna è il vino del futuro. Chiostri, Accademia dei Georgofili: “Fra dieci anni parleremo di viticoltura solo in montagna”

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CUTIGLIANO – In altura sta nascendo il vino di domani, è questo il punto emerso nell’incontro dedicato alla viticoltura di montagna organizzato dal Gal MontagnAppennino nel Palazzo dei Capitani di Cutigliano (PT).

Viticoltura definita eroica, sicuramente di frontiera, che diventa uno sguardo sul futuro a causa del cambiamento climatico che sta causando una vera migrazione dei vitigni in alta collina o in montagna.

“Ci sono tante aziende che fanno viticoltura di montagna – spiega Marina Lauri, presidente del Gal – almeno nove già strutturate sul territorio che va dalla montagna pistoiese all’alta Versilia. Meritano attenzione e un accompagnamento che stiamo fornendo con la nuova programmazione del Gal nei prossimi anni. Nel nostro percorso di ascolto abbiamo visto che i territori stanno cambiando e noi dobbiamo stare al passo per usare efficacemente le risorse che possiamo dare. Questo è un modo per aziende, accademia e istituzioni di incontrarsi e confrontarsi”.
La spinta enogastronomica può diventare un volano di sviluppo per i territori: “Non si vive di solo turismo, qui si possono anche iniziare attività che finora non erano pensate, queste aziende sono l’apripista per chi vuole investire su questo territorio” ha commentato Marcello Danti, sindaco di Abetone Cutigliano. Una rilevanza certificata dalla più antica accademia agraria del mondo, quella dei Georgofili: “Tre presidenti degli Stati Uniti sono venuti in Toscana a imparare come si coltiva la vite – racconta Carlo Chiostri – le prospettive che i cambiamenti climatici impongono sono quelle che fra dieci anni forse parleremo di viticoltura solo in montagna”. Viene definita eroica la viticoltura sopra i 500 metri di altitudine, in Toscana sono già 1.200 gli ettari coltivati da piccole aziende.
Tipicità e legame con il territorio, valorizzazione del paniere alimentare, recupero di terreni non coltivati sono solo alcuni degli effetti certificati che la viticoltura di montagna porta negli ambiti di applicazione.

“C’è un esigenza in tutto il settore agrario che deriva dal cambiamento climatico – spiega Paolo Storchi del Crea – per eccesso di temperature si hanno sempre più fenomeni di appassimento, a maggiore altitudine troviamo maggiore concentrazione di composti aromatici”.
Agricoltura d’avanguardia anche sul risvolto tecnologico, come spiega Marco Vieri dell’Università di Firenze: “C’è grande richiesta di droni e robot per la viticoltura eroica”. “Lo sviluppo integrato del territorio è l’unico modo per sfruttare al massimo le potenzialità di queste zone – ha commentato Oreste Gerini, direttore generale del Masaf – si creano prodotti che hanno un legame fortissimo col territorio, sapori che si trovano solo in questo posto. Lo Stato è intervenuto per finanziare, attraverso le Regioni, il recupero dei vigneti storici o eroici”
Andrea Elmi, azienda Maestà della Formica: “La mia è un’azienda nata nel 2013, sulle Apuane, in località La Foce, nel comune di Careggine. Il nostro progetto principale è quello di coltivare Riesling sopra i mille metri, abbiamo già cinque annate commercializzabili, tre in vendita e due in affinamento, una produzione di circa quindicimila bottiglie all’anno. Anche per noi è stato tutto diverso rispetto a chi coltiva in pianura, per esempio le vigne germogliano più tardi. E’ vero che
lavorare il terreno è più dura, per questo attendiamo i droni commercializzabili, sarebbe un bel sollievo e un risparmio sulla manodopera. Operare in montagna ha anche dei vantaggi: la diversità della mia storia e della mia azienda ci fa spiccare rispetto ai grandi marchi sui mercati, gli importatori per Usa e Giappone riconoscono l’unicità e sono attratti dall’unicità oltre che dal prodotto. Forse è una prospettiva che non abbiamo dal nostro lato ma parlando con chi commercia il
prodotto viene fuori e ti premia”.

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