CoronaClub, siamo tutti giallorossi

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Giorno 3 (da quando aspetto l’esito dell’ultimo tampone)

Parto subito come non vorrei partire, con un pensiero alla signora Adriana, di Filecchio, l’ennesima vittima del coronavirus, che il 2 novembre scorso si è arresa definitivamente alla malattia all’ospedale di Lucca. Barga sta pagando un prezzo via, via più doloroso, insostenibile  a questa nuova ondata di contagio e non aiuta sapere che ci sono, a combattere in ospedale, anche altri nostri concittadini. A loro va la mia vicinanza e va naturalmente alla famiglia di Adriana. A Filecchio tutti vogliono loro bene e sono certo che non mancherà la solidarietà di tutti in questo momento difficile.

Nella guerra che stiamo combattendo ogni giorno, ogni tanto arrivano anche le vere brutte notizie, quelle cui non puoi rimediare e di fronte a queste altro non puoi che riflettere sulla crudeltà di questo virus. E condividere ovviamente il dolore di chi viene colpito così duramente…

Andiamo avanti… con difficoltà, ma andiamo avanti.

Un po’ come prima del coronavirus avevo pensato che avrei scritto una specie di diario delle mie giornate e delle mie sensazioni, fino a pochi giorni fa pensavo che lo avrei portato avanti, per dirla, come gli juventini ed in senso positivo, #finoallafine.

Comunque sia pensavo che sarei riuscito a portare a compimento il mio intento, anche perché credevo il fine pena un po’ più vicino. E già immaginavo come sarebbe stato scrivere l’ultima puntata di questo percorso che ormai si è fatto troppo lungo. Invece mi ritrovo ad oggi;  ancora ben lungi dall’esserne fuori, in attesa di un tampone la cui aspettativa rischia di prolungarsi oltremodo, di diventare quasi un’utopia tra te e quella che speri infine sia la libertà dalla malattia e dall’isolamento.

Il “refresh” (che in italiano è il meno musicale “aggiornamento”) della pagina del sito regionale ormai è diventato ripetitivo a tal punto che il sistema non mi chiede nemmeno di inserire il codicino che ti invia di solito sul cellulare (si chiama OTP, ovvero one time password che tradotto volgarmente in italico vuol dire parola d’ordine monouso che mi piace molto, ma molto di più).  Mi riammette tutte le volte in automatico anche dopo ore. Credo che anche lui, il sistema, non ne possa più di me e di tutti quelli come me e si sia rotto a tal punto che, cantando nervosamente la strofa Mother, do you think, they’ll try to break my balls? dal celebre brano dei Pink Floyd, se continua così fabbricherà lui stesso un referto falso pur di levarsi di torno scocciatori esasperati come il sottoscritto. Il referto però stavolta sarà ancora più esplicito riportando, per dirla alla Masini, un ben VAFFANC…. che varrà anche come certificato ufficiale di fine quarantena da presentare ai datori di lavoro o a chiunque per la strada ti chieda: “Ma sei sempre positivo?”.

Comunque sia è beffardo davvero il destino che magari ci tiene in casa non perché ci dobbiamo stare, ma perché un tampone è andato a farsi benedire e l’altro è destinato a ritardare di giorni e giorni perché non c’è il reagente. E siccome non c’è due senza tre, lo sapete che cosa mi aspetto?! Che, passati ormai troppi giorni (il rischio è… reale???), i tamponi fatti e conservati in frigorifero (spero non nel mio, insieme a formaggi e insaccati vari), prima o poi si deteriorino e tutto debba ricominciare in un infernale circolo vizioso che tra tampone da rifare e risultati da attendere (la prossima volta ritarderanno perché ha preso fuoco o è stato invaso dalle locuste il laboratorio) rischia di portarti a Natale, senza passare dal via e con due o tre turni in prigione… mentre qualche tuo compagno di viaggio più fortunello è riuscito nel frattempo a comperare Parco della Vittoria e quando esci e ci caschi sopra, ti fa pagare una fortuna oltre a farti un bel Ciaone dal mondo dei sani.

Intanto, dal mondo appunto dei sani, arrivano notizie contrastanti che non so come e se interpretare: le buone nuove (il referto arrivato ad una signora che aveva fatto il tampone venerdì ); le cattive nuove (il racconto di una voce bene informata di una conversazione colta  al volo al bar, dove si diceva di una ASL Toscana Nord Ovest dove sono in attesa di refertazione 12 mila tamponi…) Oimmena….!

E così pensi che forse hai bisogno di un sonno ristoratore e che è già il momento,  alle 9,04 di questo giovedì 5 novembre, di tornare a dormire, cantando con la voce bellissima di Francesco Di Giacomo:

Non mi svegliate ve ne prego
Ma lasciate che io dorma questo sonno,
Sia tranquillo da bambino
Sia che puzzi del russare da ubriaco.
Perché volete disturbarmi
Se io forse sto sognando un viaggio alato
Sopra un carro senza ruote
Trascinato dai cavalli del maestrale,
Nel maestrale… in volo.

(Banco del Mutuo Soccorso)

Questo testo è poesia e aiuta a stare tranquilli, ma mi rendo conto che non sono in giornata.. e forse non lo sareste nemmeno voi dopo aver passato le 12 ore diurne di ieri, lavorando incessantemente al PC, ascoltando rassegnato la TV, tra una bozza del DPCM e l’attesa dell’annuncio agli italiani in mondovisione di Conte; tra il parere dell’ennesimo esperto che ti fa cagare letteralmente sotto e la spiegazione delle zone regionali che passando dai colori del semaforo alla fine si distinguono (in una riproduzione fedele della nuova maglia della Roma), in una gradazione dal rosso al giallo via, via meno forte e meno sfigata delle altre. Un’Italia insomma giallorossa da far rabbrividire tutti i laziali…

Noi, come si sa, si fa parte dei gialli meno sfigati e da domani sperimenteremo, come i nostri nonni, che cosa vuol dire un coprifuoco, sempre che non abbiamo quelle bellissime “comprovate esigenze” che in Italia siamo capaci di inventare, modificare, creare, rivoluzionare, ribaltare, giustificare e improvvisare come nessun popolo al mondo… Già penso a quella che, una volta che potrò uscire di casa, verso il 14 di febbraio, inventerò al buon Calissi che mi ferma nei pressi del Cedro; e siccome mi conosce bene, so anche che mi rispedirà per l’ennesima volta a Renaio (anche in questo caso senza passare dal via e poter ritirare le Lire Ventimila delle vecchie edizioni del Monopoli).

Riflettendo sul DPCM di ieri poi, alla fine di una giornata lunga, mentre la Juve stava asfaltando i poveri orfanelli ungheresi e il traditore della causa viola Chiesa, per giunta, giocava pure bene, “accidentallui!” (mi consola solo la conferma che l’altro traditore della causa viola, il buon Bernardeschi, continui, in modo scientifico, ad essere sempre nel posto sbagliato del campo), sono stato folgorato dal presentimento che l’aver lasciato mezza Italia nella fascia dei non sfigati sia solo un intelligente e machiavellico diversivo, un modo per preparare le regioni, a piccole dosi, un po’ per volta, a ritrovarsi peggio che nel marzo 2020, andando avanti in regolare sequenza con un creativo DPCM ogni due settimane o giù di lì fino a Capodanno… che ne giro di poco tempo porterà tutti noi nella squadra del rosso fuoco acceso…

Per consolarmi spero solo che il progressivo incasinamento del nostro essere, fino alla completa saturazione italica al lockdown, permetta quanto meno di salvaguardare la principale ragione di vita per l’italiano medio che si rispetti: il campionato di calcio di Serie A… Già, infatti,  sono abbastanza preoccupato di sapere che, dopo la solita deludente partita di domenica prossima della Fiorentina con il Parma, dove si rischia di far resuscitare anche i Ducali, dovremo attendere disperati la pausa della Nazionale di Mancini che andrà in giro per i mondo a vedere se fa raccattare il coronavirus a qualche giocatore azzurro, ma che soprattutto ci tiene lontano dal consueto appuntamento del calcio della nostra squadra per un paio di settimane… Figuriamoci se poi, passate le suddette due settimane con il nulla cosmico in tv la domenica, il buon Conte, con il supporto del simpatico ministro Spadafora, decide che il lockdown non riguarda solo il popolo degli sfigati italici, ma anche quello un po’ sopra le righe dei nostri idoli…. Ai quali peraltro, non sempre, il coronavirus  dura da uno a due giorni e poi inspiegabilmente passa…

No, via oggi sono acido più di gatto Aldo, nervoso ed incazzereccio come sempre, quando Leo, ormai succube della fame chimica, gli morde una orecchia pensando che sia un croccantino gourmet portato nei giorni scorsi da Leo (non il gatto).

PS

A proposito della fame chimica e dello stato di Leo (il gatto). Ormai sono arrivato alla conclusione, tutta personale e sicuramente non professionale, che l’unica cosa che lo tenga in vita con i suoi quasi 18 anni e uno stato generale che fa pensare al “game over” da un momento all’altro,  a questo punto sia appunto la fame vorace che non gli permette nemmeno di tirare l’ultimo respiro… andrà avanti all’infinito, sorretto solo da una insaziabilità  che alla fine gli farà mangiare tutto il mondo e consumerà i ghiacciai del polo nord e del polo sud…

Non a caso, lui che ha una sola fede, come l’amica santostefanese Paola, mi ripete in continuazione, miagolando beffardo: … #finoallafine

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