Le epidemie nei secoli di Barga tra fede e speranze. 1630: la peste e la nuova chiesa a San Rocco (terza parte)

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Tutti sappiamo, avendo letto “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, cosa volle dire questa peste che colpì Milano nel 1630 e gran parte dell’Italia. Si pensi che al sopraggiungere del morbo quella città che contava 250.000 abitanti, quando cessò era rimasta con solo 64.000 persone.

La nostra Valle fu lambita da tale sciagura ma Barga pare ne fosse rimasta immune, così come recita una delibera comunale del 5 ottobre 1631, dalla quale apprendiamo ancora che i Barghigiani, quale ringraziamento per lo scampato flagello, al pari di Sommocolonia, avevano iniziato la costruzione di una nuova chiesa dedicata a San Rocco.

In pratica la presunta compagnia di San Rocco che gestiva il vecchio oratorio dedicato al Santo e costruito alla fine del Sec. XV, ora, per lo scampato pericolo della peste, volle dedicargli una nuova e più ampia costruzione, una vera e propria chiesa. Il luogo fu scelto con molta facilità perché, uscendo dall’oratorio, davanti a loro c’era un grande campo coltivato, molto atto ad accogliere la nuova costruzione.

La chiesa è quella attuale che si trova al Giardino nel centro di Barga.

Come si è detto, Barga in questi 1630 rimase immune dalla peste ma certamente dovendo commerciare, quest’attività gli fu preclusa per le mille difficoltà del pericolo di contagio, tipo fare o andare a mercati e cose del genere, e questo si apprende riflettendo su un preciso particolare, ossia, che il Comune fu costretto di rivolgersi a Firenze per avere del grano con cui far mangiare gli abitanti. Arrivato il soccorso alimentare ecco che i deputati lo vendono agli abitanti ricavandone un consistente avanzo che lo stesso Comune decise di lasciarlo all’intrapresa nuova costruzione della chiesa a San Rocco, che la forte spesa metteva a rischio si arenasse e noi aggiungiamo che questo sgarbo a San Rocco non si poteva farlo, anche perché aveva protetto Barga dal mal contagio. Leggiamo quella delibera:

 

5 ottobre 1631: Item, in vista del ricavo, fu esposto dal sergente Gianetti, uno dei signori Consoli della Comunità, havendo preso in diversi tempi robba dall’ Abbondanza (di Firenze n.d.r.) e per le spese che vi si faceva fu fatto pagar a ciascuno soldi 6 per sacho che ne pigliava et essendo di detti denari avanzati in mano a que tali che furono posti buona quantità, che passeranno scudi 30 et fabricandosi una chiesa al Giardino sotto titolo di S. Roccho – pareva bene applicarli a quella fabrica, havendosi per in sin liberati intatti dal mal contagio e che vogli pregar sua Divina Maestà che ci vogli consevar e senza quel pocho d’ aiuto non si potrà far tal fabrica.

Per vedere la fine dei primi importanti lavori di costruzione alla chiesa dal 1630 occorrerà aspettare almeno quasi 10 anni finché non ci fu altro sostegno all’opera da parte del Comune nella consistente cifra di 20 scudi, quasi 150 lire per terminare il tetto.

Con il tempo sull’arco centrale della chiesa e sopra l’altare maggiore della chiesa furono esposte delle scritte invocanti e ricordanti l’ausilio di San Rocco, come per esempio:

Nulla Favente Rocho / Pestis contagia terrent / effugiunt morbi / vita salusque redit.

Oppure: Invocanti populo praeservator a contagione. o Pestis verruca flagella.

 

Sull’altare centrale fu posto un quadro con San Rocco e la storia della commissione dell’opera ce la fornisce Maria Pia Baroncelli: “per limosina di Pierangelo Mordini alla Compagnia di S. Rocco e che il quadro era stato fatto fare a Roma da Antonio Mordini figlio di Pier Angelo nel 1647”. Non si cita l’autore, ma basandosi sulla voce del popolo indica Baccio Ciarpi, aggiungendo che però potrebbe anche trattarsi di un artista della sua cerchia romana. Nella pittura si evidenziano quattro personaggi: la Madonna col Bambino in alto, poi S. Rocco, S. Sebastiano e S. Antonio.

I primi due Santi sono per eccellenza i protettori contro la peste, mentre Sant’Antonio è il protettore degli animali domestici, in numero consistente nell’allora campagna del Giardino e dintorni. Sullo sfondo si vedono degli appestati derelitti, che potrebbero essere i Barghigiani di sempre afflitti da tale morbo. Dietro di loro una costruzione col tetto a capanna recinta da un muro, che potrebbe essere la raffigurazione della vecchia Cappella a San Rocco fuori di Porta di Borgo, che da allora rimase attiva come un doppione alla chiesa sino al Settecento, che lì vediamo addossata a una casa che sparisce sotto il mantello di S. Rocco.
Il particolare del quadro che ci porta a questa supposizione è proprio quel muro, il quale ci ricorda quello che si eresse intorno alla Cappella al tempo delle peste del 1579 per difendere i fedeli dai venti e costruito col ricavo della vendita della precedente cancellata.

 

La costruzione della chiesa al Giardino, un’importante costruzione per la sua grandezza e per l’idea, fece sì che Barga divenisse il centro del culto al San Rocco o quantomeno un luogo di tutto rispetto dove accorrere, per pregarlo e poiché si faceva la festa il giorno 16 agosto, questo favoriva il concorso dei popoli e dove muovono le persone sono seguite sempre dai mercati. In quell’epoca le persone forestiere venivano a Barga tre volte in quel mese; la prima per il Perdono d’Assisi del 2 agosto al Convento di San Francesco, poi per San Rocco e infine per la fiera di fine agosto. Il culto di San Rocco sin dalla sua nascita è sempre stato presente in Barga e molto sentito ancora, seppur la scienza ne abbia attenuata la devozione ma vedendo quanto accade oggi forse occorrerebbe un ripensamento. (continua)

 

 

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