Referendum Nucleare: Dalla lobby del vento alla diffida ad Agcom di Di Pietro per bloccare gli spot sul nucleare: il massacro è in pieno svolgimento?

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La diatriba tra nucleare si e nucleare no inaugura il nuovo anno all’insegna di polemiche agguerrite. In una nota il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro afferma che “In questi giorni, il forum pro nucleare sta occupando le reti Rai, le tv private, intere pagine dei quotidiani e dei siti internet con pubblicità ingannevole”. “Dopo l’ammissibilità del quesito – dichiara – occorre garantire par condicio. Abbiamo presentato una diffida all’Agcom per bloccare tutti gli spot a favore dell’energia nucleare. Dopo l’ammissibilità del nostro referendum da parte della Consulta, occorre garantire la par condicio per un tema così delicato che coinvolge direttamente la salute dei cittadini e il rispetto dell’ambiente”.
Mentre il parlamento sta esaminando il decreto legislativo di recepimento della Direttiva europea 28/2009 che impegna l’Italia a coprire con il 17% di energia rinnovabile i consumi finali di energia entro il 2020, gli ‘Amici della Terra’, comitato Nazionale del Pesaggio, Italia Nostra e Mountain Wilderness Italia hanno ribadito il proprio “si alle rinnovabili e all’efficienza” ma anche, e soprattutto, hanno rimarcato il “no all’eolico e al fotovoltaico a terra” chiedendo una moratoria sui nuovi impianti in attesa delle nuove regole.
Il Governo ha predisposto il testo di riforma e di riordino dell’intera partita degli incentivi ora all’esame delle camere.
“Lo schema di decreto è complesso anche a causa delle procedure transitorie per il passaggio dall’attuale al nuovo sistema – sottolineano le associazioni ambientaliste – quindi, la congruità delle nuove incentivazioni dipenderà soprattutto dai decreti attuativi e dal modo in cui verranno amministrati”.
“Perchè la nuova normativa diventi legge e perchè vengano approvati i relativi decreti delegati ci vorrà del tempo: il tutto sarà approvato non prima di marzo e, probabilmente, a regime non prima del 2012” ha spiegato Rosa Filippini, presidente degli Amici della Terra. “In questo lasso di tempo – precisa – è da prevedersi un ‘assalto alla diligenza’ ed è per questo che è necessaria una moratoria di tutte le istallazioni e autorizzazioni di tutti gli impianti eolici e degli impianti fotovoltaici a terra”.
“Il massacro è in pieno svolgimento – avverte Oreste
Rutigliano, di Italia Nostra – e la lobby del vento – ancora più rabbiosa”. Negli ultimi 10 anni la potenza installata dell’eolico, in Italia, ha avuto un incremento del 34% annuo. Ciò significa che, mantenendo il sistema attuale, nel 2013 sarebbero già raggiunti e superati gli obiettivi definiti dal Piano del Governo per il 2020 (12.000 MW installati). A fronte di queste installazioni, il contributo effettivo dell’eolico ai consumi finali di energia è stato, nel 2009, dello 0,38%. “Nel 2009 gli impianti eolici funzionanti hanno lavorato in media per sole 1.336 ore – denunciano le associazioni – a fronte di uno standard di 2.000 ore considerato competitivo in Europa”.
Dagli ambientalisti giungono 6 proposte salva rinnovabili, “Una direttiva Ue – affermano – rischia di
bloccare lo sviluppo delle rinnovabili nel nostro Paese. Ed è per scongiurare questo pericolo che associazioni e organizzazioni ambientaliste propongono alcune modifiche al decreto che la recepisce”.
Si tratta di quelli che potrebbero diventare 6 ‘emendamenti’ presentati da Greenpeace, Legambiente, Wwf, Fondazione sviluppo sostenibile, Kyoto club e Ises Italia con l’obiettivo di “garantire stabilità al mercato e perseguire gli obiettivi fissati al 2020, evitando di inceppare lo sviluppo delle rinnovabili. Lo schema di decreto (alla direttiva Ue 28/2009, atto del governo n.302) prevede “una revisione dei meccanismi degli incentivi. In particolare, l’allarme riguarda le tecnologie più promettenti come eolico e fotovoltaico”.
Eppure, secondo Edo Ronchi, presidente della Fondazione, “l’Italia ha avuto il tasso di crescita più elevato al mondo per il fotovoltaico con un più 136,3%”. Gli ambientalisti criticano poi “la limitazione degli impianti solari fotovoltaici a terra”; si propone così di “distinguere le aree agricole di pregio”, anche in base ai Piani paesaggistici delle Regioni. Un ‘emendamento’ chiede la cancellazione delle ‘aste al ribasso’ gestite dal Gse (Gestore servizi energetici) per assegnare un incentivo alla produzione di energia elettrica da impianti di potenza non inferiore a 5 Mw (Megawatt). Oltre alla “riduzione del taglio del prezzo dei certificati verdi del 15%, e non del 30%”. I senatori del Pd, Francesco Ferrante e Roberto Della Seta. fanno proprie queste proposte: “Sono una serie di pareri e osservazioni – spiegano i due – che, messe a punto, diventeranno emendamenti”.
Notizie arrivano anche dalla Spagna che pensa di annullare i sussidi per le ‘energie rinnovabili’. Con il grande deficit incombente, il Ministro dell’Industria spagnolo ha annunciato che, dopo aver ridotto del 35% i suoi sussidi per l’energia eolica, pianifica di ridurre del 45% il contributo statale per la produzione di energia nelle nuove centrali solari e del 25% i contributi alla costruzione dei pannelli già installati sui tetti. La decisione e la sua data di entrata in vigore dovranno essere approvate dall’ente di regolamentazione dell’energia. La Spagna si presenta al mondo come secondo produttore mondiale, con ben 52000 installazioni fotovoltaiche. I contributi statali per il fotovoltaico potrebbero raggiungere i 440 euro/MWh, cioè un multiplo del prezzo dell’elettricità normale. In altre parole, senza rubare denaro dalle tasche dei cittadini, le tecnologie per le energie rinnovabili, il cui rendimento complessivo è negativo, non sarebbero mai state sostenute. L’annuncio del governo spagnolo è giunto come una bomba. Stando ai costruttori, ben seicento gestori di impianti fotovoltaici potrebbero andare in bancarotta. La decisione, inoltre, potrebbe portare al fallimento le malaticce banche spagnole, che si sono impegnate finanziando fino all’85% della maggior parte dei progetti sulle energie rinnovabili.
Intanto anche in Italia accade che il Tar Sardegna ha accolto i primi 10 ricorsi contro la delibera della Giunta regionale (la 10/3 del 12 marzo 2010) che ha bloccato l’eolico nell’isola. I giudici della prima sezione, presieduta da Aldo Ravalli, hanno dichiarato illegittima la parte della delibera in cui la Regione stabiliva “di limitare l’installazione di impianti eolici nel territorio regionale, in quanto fortemente impattanti sotto l’aspetto paesaggistico – ambientale ai soli impianti destinati a soddisfare il fabbisogno energetico dell’azienda (autoproduzione e autoconsumo) e di riservare alla Regione autonoma della Sardegna la partecipazione al processo produttivo di tale energia attraverso enti strumentali o societari a capitale interamente pubblico”. In molte delle nove sentenze, che citano normative anche di altre regioni, si ripetono i principi costituzionali della libera concorrenza. “La produzione di energia anche da fonti rinnovabili – si legge in alcuni dispositivi – avviene in regime di libero mercato concorrenziale, incompatibile sia con riserve e monopoli pubblici, sia con privative industriali. Si tratta, in altre parole, di una attività libera, soggetta ad autorizzazione e non di una attività riservata ai poteri pubblici”. I ricorsi erano stati presentati dalle società ‘Green Energy Sardegna’, ‘Das Villacidro’, ‘Pmb Engineering’, Energetica Sarda, l’associazione Aper (Associazione produttori energia da fonti rinnovabili), ‘Fonteolica Srl’, ‘Fera Srl’, ‘Ravano Green Power’ e da una cordata composta da Frie El Spa, l’Anev (Associazione nazionale energia del vento), l’Ivcp Power 11, la Fw Power (che ne ha presentato anche uno autonomo), la Zefiro Energia, la Abn Windenergy, la Asja Ambiente Italia e la Windfarms Italia. (Ansa). Cinque ricorsi sono stati accolti integralmente, gli altri pur accolti nella parte riguardante la delibera presentano alcuni punti d’ inammissibilità.
Una voce giunge elevata dal Cirn, Comitato Italiano per il Rilancio del Nucleare il cui Segretario Ing. Giorgio Prinzi in un esposto inoltrato alle più alte cariche dello Stato afferma “Apprendiamo dalla stampa, e con profonda preoccupazione, che l’onorevole Antonio Di Pietro, leader del gruppo politico che si è fatto promotore di un quesito referendario in materia di legislazione energetica, nello specifico con l’intento di ostacolare la ripartenza del nucleare nel nostro Paese, ha presentato, a seguito della dichiarazione di ammissibilità del quesito da parte della Corte Costituzionale, un esposto all’Agcom con cui chiede di bloccare la divulgazione di comunicazioni a sostegno dell’opzione nucleare. Qualora la richiesta dell’antinuclearista onorevole Di Pietro venisse accolta ci troveremmo di fronte ad un vulnus all’inderogabile principio costituzionale della libertà di esprimere e divulgare il proprio pensiero, un vero e proprio bavaglio alla libertà di informare in scienza e coscienza, inaccettabile ed intollerabile, oltre che in linea assoluta e di principio, anche in considerazione del generalizzato orientamento dei mezzi di comunicazione a sostegno delle opzioni energetiche da fonte meteo ambientale, le cosiddette rinnovabili, e fortemente critiche e censorie per quanto riguarda l’opzione nucleare”.
“Inoltre – aggiunge Prinzi – sia pure in modo palesemente e formalmente qualificabile come messaggio pubblicitario, moltissime testate orientate a sostegno delle energie meteo ambientali, soprattutto nelle edizioni internet, si caratterizzano per questo tipo di informazione a pagamento, che crea comunque un conflitto grave di interesse, sia pure formalmente non configurabile come frammistione tra pubblicità ed informazione, fattispecie perseguita dalla regole deontologiche dell’Ordine dei Giornalisti, in quanto è lecito supporre possa derivarne un ipotetico danno economico per le medesime qualora la loro linea editoriale in materia non fosse più gradita ed appagante per quegli inserzionisti”.
“Al contrario – continua nell’esposto – ci troviamo a lamentare una vera e propria generalizzata forma di censura verso le fonti d’informazione che veicolano tesi in contrasto con quelle prevalenti sui mezzi d’informazione, una intollerabile condanna all’indifferenza ed al silenzio che noi cittadini e tecnici che da anni agiamo come Comitato Italiano per il Rilancio del Nucleare non siamo in grado di sfondare se non garantendo al massimo da parte dello Stato la pluralità delle fonti e dei punti di vista, prevedendo tempi e modi per cui i soggetti economicamente più deboli possano fare conoscere il loro punto di vista e argomentarlo all’opinione pubblica chiamata a decidere con un voto referendario”. “Con questo appello – spiega il Segretario – ovviamente a nome esclusivo del Cirn, non escludo affatto di perorare la salvaguardia e la tutela dell’iniziativa di altre organizzazioni, omologhe alla nostra, meglio strutturate e, soprattutto, con disponibilità finanziarie che consentono loro una comunicazione commerciale. Esprimo loro solidarietà e auspico che non vengano penalizzate da un eventuale accoglimento delle richieste di cui si è fatto attore l’onorevole Di Pietro. Faccio in ultimo presente, ma con invertita priorità sostanziale, che gli operatori commerciali nel campo delle fonti meteo ambientali usufruiscono di cospicui “incentivi” a carico del cittadino utente, da considerare quindi pubblici, che consentono loro di essere presenti con inserzioni pubblicitarie che risultano di certo non sgradite, soprattutto in tempo di crisi, a chi sopravvive anche grazie a questi introiti. Noi non chiediamo finanziamenti, ma solo condizioni di parità d’espressione”.

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