Il ricordo del Maresciallo Guazzelli, vittima della mafia

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GALLICANO- Sabato mattina si è tenuta una toccante cerimonia in memoria del maresciallo Giuliano Guazzelli ucciso dalla mafia nel 1992. La bella manifestazione, svolta nell’auditorium a lui dedicato, è stata promossa da Provincia, Comunità Montana della Garfagnana, Fondazione Caponnetto, Arma dei Carabinieri e Comune di Gallicano.La mattinata si è aperta con il saluto del sindaco Maria Stella Adami a cui sono seguiti interventi di Salvatore Calleri (presidente della Fondazione Caponnetto) e Riccardo Guazzegli figlio del Maresciallo. Erano presenti numerose autorità politiche e militari e i ragazzi dell’Istituto Isi di Barga e dell’Istituto Comprensivo di Gallicano. La cerimonia si è conclusa con un esibizione della scuola di musica di Barga. Il maresciallo Guazzelli è stato insignito della Medaglia d’Oro al valor civile. Molte vie gli sono state dedicate in varie parti d’Italia. Viene ricordato anche in Uganda, dove, a suo nome, è stato realizzato un pozzo per l’acqua potabile.ne Caponnetto) e Riccardo Guazzegli figlio del Maresciallo. Erano presenti numerose autorità politiche e militari e i ragazzi dell’Istituto.
Come ogni sabato il maresciallo Giuliano Guazzelli rientrava in famiglia, a Menfi, al volante della sua Fait ritmo. L’aria brillava e il sole era alto quando a un tratto un furgone “Fiorino” lo superò; il maresciallo, immerso nei suoi pensieri, all’inizio non ci fece nemmeno caso, poi, si accorse di qualcosa di strano: il portellone del “Fiorino” si aprì e un gruppo di killer armati di kalasnikov e mitraglie scaricarono contro di lui un infinità di colpi, oltre 100 bossoli. Era il 4 aprile 1992, vigilia elezioni politiche. La mafia aveva chiuso la campagna elettorale a modo suo. Giuliano Guazzelli, comandante del nucleo dei carabinieri della squadra di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Agrigento, nell’ambiente lavorativo era conosciuto da tutti come il Mastino: una volta iniziata un indagine non la mollava. In quel giorno maledetto era tornato da poco da una missione fuori dalla Sicilia. Prezioso collaboratore del generale Dalla Chiesa, del giudice Falcone e Borsellino e Livatino, proprio sul misterioso omicidio di quest’ultimo stava indagando. Il Maresciallo aveva 59 anni, era vicino alla pensione anche se a lui non interessava. Era deciso a continuare a lottare. A Agrigento, la provincia più insanguinata della Sicilia (80 morti solo nel ’92), era arrivato 40 anni prima, già con indosso la sua divisa. Era toscano il maresciallo, veniva da una terra lontana, di lupi e di emigranti. Mise su casa e radici a Menfi: una moglie e tre figli. “Era la memoria storica dell’antimafia in provincia di Agrigento” dicevano i colleghi, poco tempo dopo l’omicidio, mentre cercavano di trattenere negli occhi le lacrime. I carabinieri non piangono. “Il suo non è stato un delitto legato a una specifica indagine. Cosa Nostra non colpisce mai a caso. Stavolta è come avesse tributato un onore alla carriera.”Una carriera zeppa di inchieste pericolose e delicate. Il Mastino aveva convinto la donna del boss Benedetto Bono a confessare i segreti del suo uomo e poi aveva fatto “cantare” Giuseppe Galvano il “professorino”. Troppo solerte, troppo esperto, troppo in gamba questo toscano. Una spina nel fianco che faceva male ai boss. A Cosa Nostra questo tipo di uomini non piacevano, e non piacciono.Negli anni 70 era entrato a far parte del nucleo investigativo antimafia. Una squadra d’elité diretta dal colonnello Russo che si era messo in testa di non dar tregua al clan dei Corleone. Precorsero i tempi e lavorarono come un pool antimafia. Nell’agosto del 78 (in)prevista arrivò la vendetta: Russo venne assassinato nel bosco di Ficuzza. Poi i revolver dei mafiosi colpirono anche altri componenti della squadra che fu quasi azzerata. Guazzelli rimase superstite e testimone; anche se incominciarono per lui le minacce. Proprio per questo venne trasferito a Trapani. Per dargli il benvenuto la Piovra gli bruciò l’auto. Pensavano di averlo spaventato. Si sbagliavano. Lui continuò ancora più convinto la sua guerra. Fino a quel 4 aprile. « Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola. » (Paolo Borsellino)

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