NATALE, TEMPO DI SPERANZA

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Gli auguri di don Stefano Serafini, proposto di Barga

Nel calendario liturgico, prima del Natale viene il tempo dell’Avvento, tempo dell’attesa, della speranza e ci ricorda che “il re che sta per venire” descritto dalle profezie dell’Antico Testamento, è ben altro che un incantevole bambino che sorride, o se siamo più di una spiritualità dolorosa, allora piange fra la paglia.

Il Vangelo di san Giovanni descrive così la venuta di Gesù: “Veniva nel mondo la Luce vera, quella che illumina ogni uomo”; se il progresso tecnico perfeziona sempre di più la luce esterna facendo veramente grandi passi, l’Avvento ci apre a quella luce interiore che ci consente di guardare il mondo, le persone e le situazioni con la Sapienza che viene da Dio.

Metterci in atteggiamento di attesa nell’ascolto delle profezie e in preghiera, alimenta in noi il dono della Speranza così da vivere l’Avvento non come evasione dal quotidiano, ma scoprire la venuta del regno di Dio già qui in mezzo a noi, anche in mezzo a tante oscurità, problemi e tragedie del mondo.

L’avvento ci richiama al vegliare, vigilare, attendere e noi possiamo sapere che cosa significa aspettare un figlio o attendere un amico e vederlo tardare: fa battere il cuore anche quando solo si ripensa a quel momento perché ciò che noi attendiamo ci sta a cuore; allora è una vera gioia ogni anno poter comprendere nel Natale che si avvicina, Gesù che ritorna bambino per dirci che Dio non è lontano.

Anche dove regna un clima più distratto e indifferente, in questi giorni emerge un tepore spirituale, così anche chi è più distaccato si lascia poi prendere da questo rallegrarsi, gioire, incontrarsi tra vicini, partecipare ai momenti solenni, visitare coloro che riconosciamo in attesa di un sorriso, una parola, un dono.

Nonostante ciò, si avverte che nella società di oggi qualcosa manca anche a Natale perché quello che è esteriorità non è bilanciata da una profonda meditazione sul Natale.

Ma chi festeggiamo? I nostri ragazzi? Noi stessi? O chi?

Non è forse Gesù il trascurato dai più, il rifiutato dal mondo? Il dimenticato da tanti?

Certo che non c’è nulla di male nelle gioie tradizionali e familiari del Natale, ma insieme a tutto questo una domanda sorge chiaramente: Il Natale è festa religiosa o civile-umana? Festa della famiglia o di Dio? Festa di condivisione e di conversione oppure di tante altre attrazioni?

La risposta sembra scontata, ma non lo è se ci lasciamo prendere da cosa si vede e si vive in questa società che ci prepara al Natale.

Natale è la festa divino-umana, memoria di Dio che si fece uomo.

Da questo fatto unico, rivelato attraverso la Sacra Scrittura e la tradizione viva del popolo di Dio, segue il nostro comprendere chi è Dio e chi è l’uomo. L’uno e l’altro si rivelano in un insolita grandezza. Quel Dio che è Padre e che abita nei cieli in una luce inaccessibile, ha deciso di scendere liberamente sulla terra e si è fatto uomo. Le parole che ascolteremo nella liturgia del Natale tratte dal vangelo di san Giovanni ci descrivono l’inenarrabile: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perchè chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” .

A questo punto, Dio si rivela nella sua vera grandezza, come Carità, segno e dono di Amore.

La semplicità dei personaggi del presepe nelle nostre abitazioni o nei luoghi più caratteristici dei nostri borghi o nelle chiese, anche solo la dolcezza delle figure robbiane che riproducono la natività e che possiamo ammirare in diverse chiese del barghigiano, ci descrivono la contemplazione di questo mistero attraverso gli occhi e il cuore di persone semplici e umili di ogni tempo.

Altrettanto bello ed eloquente è il rilievo che nel pulpito del duomo rappresenta la natività di Gesù fino all’adorazione dei magi e dice ancora a noi oggi che la Parola di Dio ininterrottamente annuncia e rievoca questa bella notizia: Dio, per opera dello Spirito Santo, si è reso visibile in quel bambino nato dalla Vergine Maria.

Quel bambino Gesù ha manifestato al mondo la gloria di Dio ed il grande privilegio affidato a Maria non è un fatto isolato, infatti riprendendo le parole di antichi padri della Chiesa “Dio si è fatto come noi per farci come lui”, dice un tradizionale canto del tempo di Natale e ci descrive che noi tutti siamo i destinatari e partecipi di questo dono.

Se uomini e donne di altri tempi, dotati di squisita sensibilità artistica, sicuramente anche addestrati alla preghiera contemplativa, radicati nella sacra Scrittura e nella lode a Dio, mettevano insieme piccoli e grandi capolavori di profondità religiosa, oggi, oltre a questo, noi che crediamo in Gesù, siamo chiamati a testimoniare nelle opere di fede speranza e carità la rivelazione di Dio nel suo Figlio Gesù.

Oggi si parla spesso di diritti umani e si sentono tante lamentele perché non sono osservati. Questo, se da una parte ci sorprende ci deve anche fare riflettere che se si perde il senso e la dignità di Dio, non è così facile riconoscere poi la dignità umana.

Il Natale cristiano contempla queste due realtà perché è la festa divino – umana, memoria di Dio che si è fatto uomo. Ogni opera di Amore è infatti contemporaneamente opera comune della grazia di Dio e dell’uomo.

Per mezzo della fede e delle buone opere, Dio continua ad entrare nel mondo e l’uomo che compie la volontà di Dio realizza nel mondo i germogli di speranza rivelando la grandezza e la missione di ogni persona chiamata ad annunciare quello che Dio ha fatto per noi.

Per me è il primo Natale che trascorro con voi: porgo a tutti i miei auguri di un buon Natale insieme a quelli di tutti i parroci e sacerdoti che vivono qui nel territorio di Barga e certamente nella liturgia del mistero di Cristo ci sentiremo uniti anche al caro don Piero che sentiamo partecipe nella liturgia del cielo.

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