In Rwanda… sulla strada tracciata da Sara

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Per la prima volta mancava Sara Da Costa, al consueto viaggio annuale che i componenti di Amatafrica organizzano in Rwanda dove di anno in anno continuano a portare avanti importanti traguardi e progetti per aiutare quelle popolazioni in difficoltà; contribuendo alla realizzazione di infrastrutture necessarie alla sopravvivenza ma non solo. Non poteva esserci Sara, perché il 30 luglio scorso se n’è andata, a soli 51 anni, colpita da un male incurabile

Sara, nativa di Barga e residente a Gallicano, era una delle fondatrici di Amatafrica, insieme al marito Luca Lorenzi e di lei oggi resta il ricordo dell’infaticabile impegno a favore delle popolazioni rwandesi e di chi soffre in generale. Resta il ricordo e l’esempio; con un impegno che quindi va avanti anche nel suo nome.

I volontari di questa organizzazione, che provengono principalmente dalla Valle del Serchio, ma anche dalla Versilia e dalla Lunigiana si preparano per mesi per quella che è la loro annuale missione in Rwanda.

Il viaggio si è svolto tra gennaio e febbraio quest’anno. Sono partiti in quattordici. Sara non c’era, ma c’erano tanti che le hanno voluto bene e hanno fatto parte dei suoi affetti più importanti. C’era, per la prima volta la sorella Chiara, ristoratrice a Fornaci che ha voluto  fare questa esperienza per essere anche più vicina a quello che era il mondo di solidarietà di sua sorella: “Era tanto che volevo andare, ma c’era stato sempre qualcosa a fermarmi; dopo la morte di Sara però ho voluto fare questa esperienza e dare in qualche modo anche il mio piccolo aiuto”. Chiara è volata in Rwanda insieme al marito Leonardo Toni ed alla loro piccola Valentina di 7 anni. C’era anche colui che oggi porta avanti le sorti di Amatafrica in prima persona, il marito di Sara, Luca Lorenzi con la figlia Alice; e dalla Valle del Serchio hanno fatto parte del gruppo anche Giulia Santerini di San Pietro in Campo e Silvia Botti di Molazzana oltre a Giorgio Simonini di Gallicano.

Per Amatafrica il viaggio è un momento per fare tante cose. C’era da controllare le cose avviate lo scorso anno dall’associazione, nata ufficialmente nel 2004 a Gallicano, ma operante fin dagli anni ’90, ed anche avviarne di nuove, nuovi aiuti e nuovi progetti da perseguire.

Tra le novità di quest’anno anche un piccolo progetto portato avanti a Natale con la scuola primaria di Gallicano:

“Prima della mia partenza ho parlato del mio viaggio e dell’aiuto di cui hanno bisogno queste popolazioni  e la scuola ha risposto con grande generosità; i bambini ed i decenti con i genitori hanno raccolto diverso materiale che poi è stato consegnato nelle settimane scorse. E’ stato molto bello il momento in cui siamo riusciti a collegarci in video chiamata con i bambini di Gallicano”

 

 

Per Chiara e la sua famiglia è stata alla fine una esperienza che ha aperto il cuore con la voglia di cominciare da subito a fare di nuovo qualcosa e sicuramente a ritornare in Rwanda:

“Tra i momenti che abbiamo vissuto più toccanti, più terribili ed anche più belli alla fine, c’è la storia di Patrick, un bimbo di 9 anni che è stato trovato in una capanna di argilla per metà crollata dove viveva da circa due mesi con una sorellina poco più grande di lui e tre fratellini più piccoli. Erano soli perché la loro mamma, andata in ospedale a partorire il sesto figlio, non era stata più dimessa perché non poteva pagare le cure che gli erano state somministrate. Amatafrica ha così pagato i pochi euro che servivano a farla dimettere  e adesso sta costruendo la casa per Patrick, per la sua mamma e i suoi fratelli.

Tra le zone visitate – continua – anche la missione di Muhura dove per tanti anni sono stati presenti il dottor Lido e sua moglie Anna Stefani da Filecchio. Ora qui c’è bisogno di acquistare un nuovo ec0grafo dato che si è rotto quello che fu portato tanti anni fa in Rwanda dal compianto dott. Baldera, medico dell’ospedale di Barga. Qui c’è il punto nascita che è stato voluto da Lido ed Anna e quell’ecografo è troppo importante per l’aiuto e per la diagnosi delle patologie e delle problematiche delle partorienti. E’ uno dei progetti che vorremmo portare avanti insieme ad Amatafrica: trovare i soldi per l’acquisto del nuovo apparecchio ed insieme portare avanti anche altre cose – dice ancora Chiara –  ma per dare una mano tutti possiamo fare la nostra parte anche dall’Italia. Con 200 euro l’anno si può partecipare al progetto di adozione a distanza, sostenendo anche la famiglia del bambino, ma per chi lo vuole c’è anche la possibilità di prestare il proprio aiuto come volontario, anche solo per una settimana. Amatafrica in questo vi metterà a disposizione tutta la sua esperienza”

“Ci sono tante, troppe cose da fare – conclude – Noi di sicuro torneremo laggiù anche il prossimo anno e di certo non faremo mancare il nostro appoggio. Anche nel nome di Sara che siamo certi è stata felice di questa nostra esperienza e che abbiamo sentito sempre vicina. Del resto Sara lì in Rwanda è presente in tante testimonianze di affetto. Lì il suo nome continua a vivere anche nella piccola Sara, due mesi. La mamma è stata aiutata da mia sorella e da mio cognato a studiare e sei mesi fa si è laureata in medicina ed ha voluto che la sua piccola portasse il nome di mia sorella”.

 

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