La festa del babbo

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Forse qualcuno si ricorderà il maresciallo Calderone che per un lungo periodo comandò il servizio di sorveglianza dell’allora S.M.I.
Era un autentico personaggio: un vero gentiluomo siciliano d’altri tempi, sempre elegantissimo e dai modi squisiti e dotato di un’intelligente autoironia.
Nonostante fossero anni difficili, costellati da dure lotte sindacali, seppe guadagnarsi il rispetto di tutti per l’indiscussa bravura e umanità che caratterizzavano il suo operato.
Le sue epiche battaglie contro il flipper del bar Caselli richiamavano sempre almeno una decina di spettatori che si divertivano un mondo a vedere i suoi contorsionismi e le facce buffe che faceva cercando di far fare alla pallina quello che voleva lui.
Spesso la gente interrompeva la partita a carte per assieparsi intorno a lui per ridere e incitarlo.
Siccome tra noi nacque una sincera amicizia, volle invitarmi nella sua casa in Sicilia: una spettacolare villa dai balconi fioriti, sulla punta di Milazzo, da cui si vedeva il mare sottostante.
Ci gustavamo una rinfrescante acqua al limone nel suo bel salotto quando il discorso cadde sui modi di dire dialettali e per dimostrarmi come anche noi Toscani, che ci riteniamo i depositari del “vero italiano”, possiamo sembrare buffi agli orecchi degli altri popoli, mi raccontò questo episodio:

“Comandavo la stazione dei carabinieri di Castellina in Chianti e alle mie dipendenze avevo il carabiniere scelto Arrighi, un ragazzo del posto. Arrighi era ormai sposato da anni ma lui e sua moglie non riuscivano ad avere figli e questo per la coppia era motivo di grande dolore.
Alla fine, forse per un miracolo, la moglie rimase incinta e riuscì a portare in fondo la gravidanza ma, nonostante che il tempo fosse passato, non si decideva a partorire e questo aveva gettato Arrighi talmente nel pallone che dovetti toglierlo dal servizio, perché tanto non pensava ad altro e mi combinava dei casini.
Una notte, saranno state le tre e mezzo, vengo svegliato dal campanello e dalle grida di un matto giù nella strada. M’affaccio al balcone e vedo Arrighi, tutto scarmigliato e con una bottiglia in mano, che urla ‘SONO BABBOOO!!! SONO BABBOOO!!! MARESCIALLO SONO BABBOOO!!!’
Al che, irritato e pieno di stupore, gli urlo di rimando: ‘CHE ERI BABBO LO SAPEVO ANCHE SE NON VENIVI A DIRMELO A QUEST’ORA!!!FACCIAMO I CONTI DOMATTINA IN CASERMA!.’ Minchia, Daniele, credevo che fosse ubriaco!”

Vedendo l’espressione interrogativa sul mio volto, il maresciallo si affrettò a spiegarmi:

“Ero nel Chianti da poco e non sapevo che da voi “babbo” vuol dire “papà”; da noi, in Sicilia, vuol dire “babbeo”, come da voi “bischero” insomma…. Capirai che essere svegliato in piena notte da uno dei suoi carabinieri che urla a tutto il paese che è un bischero non è una cosa accettabile per un comandante di stazione!”

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