Storia del Teatro dei Differenti: il Novecento dopo la Grande Guerra (25)

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Siamo al 1919, la Grande Guerra ha cessato i suoi conflitti, resta solo da sbrigare, non senza vari pericoli, l’occupazione dei territori che nei trattati sono spettanti all’Italia. La maggior parte dei soldati è di nuovo a casa, molti sono rimasti lassù ai nuovi confini fissando l’infinito. Tra molti lutti ancora da elaborare, cercando di fuggire dall’esserne assorbiti, pian piano ripartono le varie attività sociali ed anche la Filodrammatica inizia a studiare e di nuovo a proporre delle commedie, come quella che dette al Differenti la sera del 20 aprile 1919. (60)

Si tratta de’ La Maestrina di Niccodemi che sarà riproposta nell’agosto e non solo a Barga ma anche a Castelnuovo Garfagnana. Anche qui s’impose al pubblico l’ormai celebrata Sofia Salvi, con l’altrettanto bravo Emilio Nardini, poi Amalia Salvi che aveva sposato nel 1909 il già noto artista Adolfo Balduini, anch’egli impegnato in una parte della commedia e con loro, anche la piccola figlia Alma che ebbe una critica molto positiva, definita un amore di bimba, che recitò la sua breve parte con raro sentimento e vere lacrime. Altri ancora i giovani impegnati, come Inaco salvo, Pietro e Sandrino Castelvecchi e Bice Diversi. L’incasso si dice che fu copioso, certamente la gente fu invogliata a partecipare, oltre che per divertirsi anche per compartecipare al fine della serata che era dedicata alla raccolta di fondi per erigere un ricordo nominale dei Dispersi e Caduti in Guerra.

Il Teatro dei Differenti, or che siamo agli inizi del 1920, vediamo che è stato affidato dall’Accademia, su richiesta, all’Impresa Capretz che vuole svolgervi i Veglioni di Carnevale, lanciando l’iniziativa tramite La Corsonna e con queste parole la presenta: Volete la salute? Volete star contenti? Le sere dei veglioni, andate al “Differenti”! (8- 12 -15 -17 -22 febbraio).

Tornando a quel clima, cui si faceva riferimento in precedenza, proprio di chi vive intensamente Barga, consistente in una profonda nostalgia per la grande presenza di questa Terra in valle, appartenente a un tempo che sempre più si allontana, abbiamo l’occasione di vedere con ciò che segue cosa fosse questo sentimento. Infatti, si palesa ancora una volta, nero su bianco, quando muore l’ottantaseienne maestro di musica Giuseppe Ciarpi, già insegnante alle scuole pubbliche del Conservatorio di Santa Elisabetta, il cui necrologio ci dà l’esempio calzante circa l’assunto:

Appariva nell’elegante e austero portamento come un simbolo di questa nostra Barga che muore ogni giorno un poco e noi lo si riguardava con ammirazione e compiacimento e intorno alla sua testa bianca intessevamo tutti i ricordi di una lontananza che perdesi e che la nostra generazione non visse, ma comprese nei racconti di questi ultimi superstiti di un’età tramontata …

Qui si è fatto solo questo breve accenno ma tra poco, l’argomento sofferenza barghigiana, tornerà con più forza. (61)

Intanto, l’anno 1920, l’Accademia dei Differenti lavora al suo Teatro e questo lo apprendiamo tramite La Corsonna. (62) Interventi di un certo spessore, detti veri lavori di restauro e c’è da crederlo, perché si tagliò anche la bocca d’opera che rende la platea tanto più spaziosa e più comoda. Ci viene da pensare che si accorciasse il golfo mistico ma qui ci fermiamo.

Dopo appena un mese ecco che ai lutti della Guerra si assomma la visione delle molte macerie causate dal terremoto del sette settembre. (63) Solo due morti ma la paura è stampata su tutti i visi. Pare che il Teatro non abbia sofferto granché dell’effetto tellurico, di quei ventidue secondi d’immensa paura, perché sul finire dell’anno si parla di organizzarvi per il prossimo 1921 uno o più veglioni per il Carnevale. Intanto, ai primi di quell’anno 1921 la Filodrammatica locale vi rappresentò La Nemica di Niccodemi, che non ebbe l’immediato successo, certamente per i motivi causati dal danno psicologico, oltre che materiale, causato dal disastro del terremoto, però la compagnia si riprese assai bene man mano che andò rappresentandola. Le scene furono curate da Adolfo Balduini e Inaco Salvi.

 

In questo 1921 prende visibilità quanto si è annunciato sino a ora circa quella sofferenza barghigiana che gli viene dall’Ottocento. Infatti, di questo stato, sino allora solo a livello sentimentale, il poeta Mario Mazzoni e il condirettore del giornale La Corsonna, Alfredo Stefani, insieme ne hanno fatto un testo teatrale dal titolo molto eloquente: La Vecchia Barga, sottotitolata, Scene d’altri tempi.

La commedia di Mazzoni e Stefani, per la sua prima, fu affidata alla Compagnia Botti, Chiostrini, Calamai, che per l’estate di quell’anno doveva essere al Differenti per altre sei commedie, finendo, appunto, con una settima che era proprio La Vecchia Barga. In attesa della prima, che avveniva la sera in cui uscì il giornale La Corsonna, che era domenica 21 agosto, ecco come fu annunciata la serale commedia che naturalmente, sarebbe andata in scena al Differenti cioè, pubblicando la canzone, la poesia, scritta da Mario Mazzoni, che lui stesso avrebbe recitato sul palcoscenico durante lo svolgersi della commedia (64):

Dalla Vecchia Barga, scene di altri tempi, che si rappresenta stasera – togliamo questa canzone.

 

Silenzio …: ascoltiamo il mormorio
che fan l’ombre che salgon lentamente
verso l’Aringo, che s’inciela ardente
nelli orizzonti di viola e d’oro:
ascoltiamo, anche l’ombre ànno una loro
voce che pare un serico fruscio.
dolce per le carraie fonde in quest’ora
blanda indugiarsi, mentre le Apuane
piovono luce che i castagni indora
al monte e al piano e tutte le campane,
alte sopra la valle ampia e sonora,
cantan vicine, cantano lontane.

 

Le campane dell’ora vespertina

Dondolano la loro nostalgia

Piena di pianto e di malinconia,

cullan la vecchia Barga alta sul poggio,

che nella gloria del tramonto roggio

si fa delle ombre una densa cortina.

Oh, attardiamoci ancora un po’: a momenti

Il campanone del sonno, con l’ore,

ci manderà i rintocchi suadenti …

ma chi più ascolta il verbo ammonitore?

La vecchia Barga à i focolari spenti,

la vecchia Barga lentamente muore.

 

O vecchia Barga, Barga francescana,

Tebaide d’anime e di sogni, io sento

Questo morire, che agonizza lento,

questo tuo tormentoso agonizzare:

vecchia Barga, io mi voglio addormentare

con quest’anima tua che si allontana.

La giù, la giù sotto la bianca via,

riposare voglio l’anima insonne,

là dove son le tue memorie, o mia

città fiorita d’occhi di madonne,

o mia Barga, città di cortesia

d’aria, di cielo, e di soavi donne.

Addio, canzone del mio cuore anelo.

Mentre ch’io lungi me n’andrò ramingo,

custode al sogno che nel cuor io celo,

resta tu qui, sul solitario Aringo,

sotto questo felice arco di cielo,

dove un dì poserò pago e solingo.

 

Inutile dire che la serata fu molto attesa e l’accoglienza fu entusiastica. Si narra che piacque molto e tanti furono gli applausi, anche a scena aperta, per gli artisti della Compagnia omaggiati anche con lanci di fiori sul palcoscenico dalla platea e dai palchi. Il giornale La Corsonna, in un solito articolo, dette il resoconto della serata con due distinti commenti: come barghigiani sinceramente affezionati a questa nostra terra e l’altro di critica pungente, non per gli ottimi esecutori ma al testo che all’atto pratico riuscì con troppe situazioni sceniche di non facile gestione.

 

Quali compaesani non possiamo fare a meno di elogiare il lavoro che fu tutto un inno alla nostra Barga del passato ed ai pochi resti del presente. I personaggi che recitano e si muovono nella commedia sono assai comprensibili nel loro vivere di ieri, in famiglie benestanti di Barga che stanno tra gli anni ’80 e ’90 dell’Ottocento, tempo in cui ha inizio la massiccia emigrazione barghigiana e subito dopo la scomparsa delle grandi figure del nostro Risorgimento. Scene di familiarità in cui si gioca a scopone, si osserva il disappunto di una Dora che non è potuta andare al Differenti, poi ecco il ritorno dal Teatro dei maschi ancora mascherati, durante il riposo della mezzanotte per poi tornare ai balli sino il mattino. Dora guarda i suoi guanti e vi nota uno scritto: è di Carlo che le annuncia il suo amore.

 

Si è ora in una villa di Albiano, per le Quarantore, un luogo che non resta difficile capire quale sia. Lì dei giovani fanno la prova di una commedia da dare al Teatro di Barga: Francesca da Rimini. Allegria, gioia giovanile è il filo conduttore, poi, sospendendo le prove e chiamano Guido, Mario Mazzoni, che reciti la sua Canzone a Barga. Qui si spinge veramente al sublime l’inno alla terra natale. Poi intervengono i vecchi genitori di Dora che brontolano per la visione del salotto tutto sottosopra e del signor Cav. Vincenzo che riprende la moglie che non si è accorta dell’amore della figlia, la stessa Dora, per Carlo.

Nel terzo atto siamo alla vigilia di san Cristofano con una visione del Duomo visto dalla veranda di una casa, scena realizzata dal pittore Bruno Cordati. Carlo deve partire: emigrare in America. Il Cav. Vincenzo, esprime tutto il suo disappunto nel vedere questa patria unita che non riesce ad aprire la via della ricchezza ai diseredati che devono partire emigranti per il mondo e quando tornano, non hanno più quella loro gentilezza d’animo. Guido, già malaticcio, è morto a primavera e ora si va al finale con l’addio tra Dora e Carlo che, appunto, deve emigrare, segnato da una canzone dolcissima intitolata Serenata degli Emigranti composta dal musicista barghigiano Giovanni Colognori, che strappa più di una lacrima. (65)

Nel settembre di questo 1921, al Teatro, in occasione delle celebrazioni ad Antonio Mordini, ci fu uno spettacolo di gala il cui incasso andò al Comitato per un ricordo a tutti i Dispersi e Caduti del Comune di Barga nella Grande Guerra 1915-18. I filodrammatici locali, a chiusura della giornata improntata al ricordo di Mordini e con lui di tutti i morti nel conflitto, dettero la commedia La Piccola Cioccolataia che piacque, ci fu anche un trattenimento musicale.

Sempre in questo settembre 1921, ci fu un altro appuntamento musicale al salone Capretz, con due pianiste, che accompagnarono anche i cori del Club Sportivo Educativo, diretto dal già ricordato Giovanni Colognori, che di questo maestro cantarono Maggiolata e la già ricordata Serenata degli Emigranti, scritta per la commedia La Vecchia Barga. Poi lesse le sue belle poesie Pompeo Biondi e infine: insistentemente pregato, Mario Mazzoni declamò, con spasimo accorato, “La canzone a Barga”, inno superbo di voli che ritmicamente dice il lento morire di questa Vecchia Barga. Tutti furono ripetutamente e lungamente applauditi. (66)

 

Sul finire dell’anno 1922, il Club Sportivo Educativo diretto da Alfredo Stefani, in accordo con l’Accademia, organizzò al Teatro dei Differenti un veglione di San Silvestro detto bianco e azzurro per raccogliere dei soldi utili ai fini della nuova associazione ma che vide nascere dei dissapori tra il Club e la stessa Accademia. Questo fatto, come vedremo, fu abbastanza clamoroso e finì anche su La Corsonna, con una lettera diretta dal Club all’Accademia, contestandole circa quanto preteso per la concessione del Teatro. Dalla lettera che fu pubblicata, si evincono delle cose assai importanti circa l’Accademia di cui noi non si era più parlato e che ci aiuta a capire come si muovesse.

Entrando nei fatti vediamo che con la citata lettera il Club Sportivo protesta contro l’Accademia perché in genere chiedeva il 15% dei profitti per ogni concessione del Teatro mentre ora vorrebbe il 25%. Il condizionale lo abbiamo usato perché non siamo a conoscenza di come finisse il contenzioso. Questo è un primo dato cui segue che prima il 15% era sul netto del ricavato mentre ora si pretende il 25% sul lordo, ma sentiamo il Club Sportivo:

… trattamento ingiusto per l’aumentata percentuale, diventa addirittura assurda nell’esigere non solo una parte del prezzo del biglietto d’ingresso, ma anche nel mettere una percentuale sulla tassa erariale … Il Club vorrebbe che il trattamento fosse: per lo meno alla stessa stregua delle imprese private di recite drammatiche.Essi invece, con le deliberazioni prese dimostrano di non comprendere che nei tempi moderni, lo sport è la manifestazione più utile per un paese come il nostro … (67)

 

Ora noi occorre si vada a spezzare una piccola lancia in favore dell’Accademia dei differenti, anche se altre ben più grosse poi resteranno intere, ma lo vedremo a suo tempo. Per ora noi lo possiamo fare perché siamo storici che hanno la fortuna di poter leggere anche le pagine successive di questa vicenda che ci presentano l’Accademia impegnata in spese non indifferenti per alcuni importanti restauri al loro Teatro. Infatti, sul numero venticinque di una La Corsonna, siamo al dicembre 1924, possiamo leggere un’esortazione diretta all’Accademia a mettere mano al tetto e altri utili lavori affinché il Teatro potesse essere utilizzato in ogni stagione: la cittadinanza che si trova privata del suo locale pubblico preferito. Ovvio che già nel recente passato ci fosse stata una prevedibile ricerca di fondi per cercare di fare fronte a questi urgenti lavori, che poi vedremo, torneranno e drammaticamente. (68)  (continua)

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60) La Corsonna – 4 maggio 1919 – A. XIX – n° 8.
61) La Corsonna – 15 febbraio 1920 – A. XX – n. 4.
62) La Corsonna – 1 agosto 1920 – A. XX – n . 16.
63) Pier Giuliano Cecchi. Quei 22 secondi di terremoto a Barga nel 1920. Giornale di Barga e della Valle del Serchio Online – 29 settembre 2019.
64) La Corsonna – 21 agosto 1921 – A. XXI – n. 18.
65) La Corsonna – 4 settembre 1921 – A. XXI – n. 19.
66) La Corsonna – 2 5 settembre 1921 – A. XXI – n. 20.
67) La Corsonna – 25 dicembre 1922 – A. XXII – n. 26.
68) La Corsonna – 21 dicembre 1924 – A. XXIV – n. 25.

 

 

 

 

 

 

 

 

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