Storia del Teatro Differenti a Barga: le rappresentazioni tra Ottocento e Novecento. (20)

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Trattando ancora della vita culturale che si è affacciata in questo secolo XIX al Teatro dei Differenti, tra Accademici, suoni, canti e Compagnie di professione e locali di Dilettanti, al centro il pubblico dei cittadini, ora che siamo col nostro racconto al 1859, come tutti si sa tra poco accadrà qualcosa di straordinariamente bello ma anche drammatico. Infatti, va detto che siamo negli anni da definirsi per lo stivale italiano, il periodo preunitario che porterà al Regno d’Italia, allora occorre ricordare un poco come fosse disposto il territorio di Barga e cosa gli riservò questo importante e sconosciuto cambiamento sociale e che riflesso ebbe sulla sua vita culturale.

Intanto iniziamo facendo un passo indietro per ricordare che il 28 novembre 1844 ci fu la firma del Trattato di Firenze, che divenne attivo l’anno 1847. Questo trattato, detto segreto, fu successivo alle decisioni scaturite dal Congresso di Vienna e vide ai tavoli il Granducato, Lucca, Modena e Reggio, e per Barga si prefigurò un drammatico cambiamento del suo assetto politico e sociale nella Valle del Serchio, era già prefigurato nell’idea che passasse a Modena, ma ora è il momento realmente decisivo. In pratica, dal suo essere un territorio particolare, cioè, un’exclave del Granducato, con tutti i suoi notevoli vantaggi, finirà per essere equiparata ai paesi del resto della valle. Prima era inserita in questa valle nella sua qualità di unica realtà granducale, mentre con il nuovo ed effettivo assetto politico di cui stiamo parlando, quando questo avrà la sua decisiva esecuzione, che avvenne l’anno 1847, Barga sa che perderà il ricordato e importante status maturato in mezzo millennio di vita condivisa con Firenze. Un percorso che le aveva giovato moltissimo perché, rimasta sempre un’exclave tra le terre lucchesi ed estensi, per far vivere il più possibile degnamente i suoi abitanti, aveva avuto molti benefici, esenzioni fiscali che ne avevano fatto anche un porto franco con ottimi profitti per le maggiori famiglie.

Tenui le gabelle, poche le tasse, che abbiamo visto si erano ripetute con la Restaurazione, quando il territorio, dall’epoca napoleonica tornò al Granducato e i suoi cittadini, i maggiorenti, fecero in modo che alcuni privilegi ottenuti in vari tempi fossero riconfermati e fu così. Questa buon trattamento gli veniva da concessioni già attuate anche in epoche lontane, dai predecessori dei Duchi e poi Granduchi di Toscana, e non solo questo, ma per la sua natura di territorio da sempre isolato dal resto dello stato, prima fiorentino poi granducale, per amministrarsi gli erano stati concessi in loco, inevitabilmente, tutti quegli uffici pubblici consoni a un tal fine, che in definitiva le conferivano l’ideale immagine di una piccola repubblica, come fosse stata San Marino d’occidente.

Con il 1847 tutto questo svanì! Quel suo ruolo di Terra modello in valle si perse per sempre e con esso il sogno di molti di poter abitare quel castello che mollemente si adagia come una matrona tra gli Appennini e le Apuane, centro ospitale con chi avesse voluto farsi barghigiano per poi raggiungere l’ambita conferma sociale di “Homo de Barga”. Ora di tutta questa storia gli è solo rimasto il bell’aspetto e man mano andrà perdendo il suo valore economico. Una vicenda per ora solo intuita che inizia però a far ripensare al passato, particolare su cui abbiamo spesso insistito e, come tutti già allora erano consapevoli, ripassa nelle menti il film di un popolo che per sfuggire all’opprimente controllo lucchese, si era unito a Firenze. Ora, dopo mezzo millennio, quel popolo eccolo tornato nel Compartimento Lucchese, seppur la Città della Pantera adesso sia solo una parte del grande granducato. Comunque Barga si trova a vivere pagine che forse non pensavano tornassero, anzi, la prospettiva la teme profondamente e per evitarne il più possibile i pensati perniciosi effetti, il suo Gonfaloniere Menchi, l’anno 1844, ha scritto al Granduca una lettera in cui rivendica per Barga, quale compensazione, un ruolo primario all’interno del nuovo Distretto del Compartimento granducale lucchese in Valle del Serchio. Se ottenuto, poteva mitigare uno status che Barga previde assai disastroso e, in effetti, fu così. Leggiamo allora come e cosa implorò il gonfaloniere Salvadore Menchi:

 

Assicurate le sorti di Barga col trattato politico del 28 novembre 1844, che la riscatta dai destini riserbati alla medesima nel Trattato di Vienna del 1815, riunito il Ducato di Lucca alla Toscana, e spariti per tal unione gli angusti confini, i quali circoscrivevano la detta Terra, deve augurarsi l’infrascritto Gonfaloniere servo e suddito umilissimo di S. A. I. e M. di vederla centro di più esteso territorio, sia che si consideri la sua posizione topografica, il suo materiale, la sua popolazione, sia che si abbia riguardo alle Istituzioni, ed agli stabilimenti in essa esistenti, sia infine che si consultino le Istorie nelle quali Barga è dichiarata Capoluogo della Garfagnana, la piazza più importante tra Lucca, e Modena, il centro di ben 28 comunelli, estendendosi a settentrione, fino a Fosciandora ed a mezzo dì fino a Calavorno!

Allorché i confini giurisdizionali di Barga, mediante l’aggregazione di altre comunità divenendo questo Vicariato centro delle medesime, conseguirà fuor di dubbio notevoli vantaggi, senza contare il maggior lustro di questa Terra, il maggior concorso dei di lei mercati, la residenza di un maggior numero d’impiegati, e lo sperabile aumento di popolazione.

Per le sopra espresse considerazioni l’Oratore infrascritto prostrato al R. Trono supplica umilmente l’I. e R. A. Vostra a degnarsi di prendere a cuore gl’interessi di questa devota Popolazione nelle imminenti Riforme Municipali, e nuova divisione territoriale del Ducato di Lucchese, in vista degli esposti titoli pei quali Barga può con tutta ragione ottare preferibilmente a tutte le Comunità esistenti fra essa e quelle del Borgo a Mozzano, ed esser considerata centro e Capo luogo delle medesime.

Barga dal Palazzo della Comunità –Lì 8 novembre 1847. (Impostata per Firenze questo dì).

Barga rivendicò un suo preciso ruolo ma fu scelto per la sua natura di centralità, un borgo che in antico si appellava a mezzano, a mezza o nel mezzo della valle, ossia, Borgo a Mozzano, un’area territoriale che Lucca da gran tempo aveva valorizzato, e di cui si fidava maggiormente nel momento in cui stava perdendo il suo ruolo di diretta padrona in buona parte della valle.

 

Per dire ancora cosa vollero dire in negativo per Barga quei trattati, si osservi la perdita dell’introito del Monte di Gragno che Lucca versava a Barga tramite le sue tre comunità: Cardoso, Bolognana e Gallicano, che di quel monte se ne giovavano. Decadrà questo beneficio per essere divenuto quel monte parte del Granducato di Toscana. Barga poi ebbe ancora le perdita dell’area appenninica di là dal crine montano rivendicato a sé dal Ducato di Modena e Reggio. Tutta una restrizione d’interessi, una marcia indietro che Barga, per poterla evitare, almeno in parte, aveva combattuto un’ultima battaglia politica, quella che almeno si volesse far distinguere tra le nuove realtà granducali in Valle del Serchio, e così di essere scelta come capoluogo ma inevitabilmente, seppur non subito, la perderà.

Tutto questo breve excursus storico ci serve per far capire che anche le attività culturali, per essere buone, devono esser figlie di un certo benessere e a Barga, per quanto detto, pian piano, subiscono delle non indifferenti frenate. Con ciò si allude alla vita dell’Accademia dei Differenti e al loro Teatro, senza dimenticare tutto ciò che di nuovo culturalmente aveva portato proprio il Teatro, figlio di un certo stato sociale che ora si trova a marcare il passo.

Per ciò che si è detto con il fine di rendere l’idea di cosa vollero dire gli effetti del Trattato di Firenze 1844, ci agganciamo a un importante studio attuato da Anna Rita Grandini di cui diamo le credenziali in nota, che ha la forza di chiarire il nostro assunto e anzi lo chiarisce del tutto. Un libro che merita di esser letto e studiato, dove si coglie e si conferma quanto detto sino ad ora nella pertinace volontà dell’onorevole barghigiano Antonio Mordini (1819-1902), nume tutelare di Barga, si volere che la strada da Lucca per la Garfagnana passasse dalla stessa Barga e fu così. (36)

Da quel libro citeremo solo dei passaggi topici, come la citazione contenute a pagina due: Barga allora non pagava gabelle sui generi che importava … I signori di Barga erano esenti dalle imposte di registro …

Per esempio, Barga, in virtù della sua esenzione fiscale, era il centro del commercio del sale, che qui costava la metà, rispetto ad altre zone limitrofe e la sua “canova” si riempiva di sale quasi giornalmente grazie a quei vetturali impegnati in viaggi da Barga a Livorno e viceversa. Qui venivano a rifornirsi le limitrofe terre estensi e lucchesi: Castelnuovo e Castiglione e questo, almeno, sin dal secolo XVIII.  Questo stato delle cose consentiva a molte famiglie di Barga la realizzazione di vere fortune che in parte, vedi il Teatro, ma anche altre attività culturali, mettevano a disposizione della Comunità. Lo abbiamo già detto ma lo ripetiamo, che la Filarmonica nasce a Barga, perché voluta l’anno 1823 dalle famiglie più facoltose che ne sostenevano le spese e che l’anno 1846, proprio per la citata e difficile congiuntura economica, le stesse famiglie, non sono più in grado di mantenerla e si rivolgono alla Comunità affinché la prenda sotto la propria ala.

Pensiamo che con le parole or ora lette di esser riusciti a dare una visione dello stato economico nel momento in cui altri giorni ben più duri si profilano con l’avvio dell’Unità d’Italia che si va disegnando in quest’anno 1859, che tutti sappiamo siano momenti di grande speranza ma al tempo stesso forieri di una più diffusa povertà sociale che sfocerà nell’emigrazione di massa del popolo italiano verso terre lontane e ignote. Un terribile ma anche buon viatico italiano che avrà i suoi positivi effetti e in futuro farà riconoscere la nostra gente sotto l’epiteto: popolo si poeti, santi, navigatori, ecc. … e di gente che trasmigra, cioè, vanno per il mondo.

 

A Barga la perdita dell’antico status economico inevitabilmente influì, come accennato, anche sulla vita dell’Accademia dei Differenti, che d’ora in poi avrà un certo calo di presenza che si rifletterà sui suoi prodotti teatrali che combaciano proprio con questi nuovi anni italiani. Essenzialmente il calo inizierà con la metà degli anni ’60 dell’Ottocento.

Intanto, circa l’anno 1860 abbiamo un volantino che illustra l’esecuzione di una beneficiata, da tenersi sabato 11 agosto, a favore della prima attrice, a noi rimasta ignota, che sta cantando al Differenti nella stagione estiva in Linda di Chamounix ovvero La perla di Savoia di Donizetti. L’opera fu preceduta dalla farsa L’osteria del Diavolo ma da ciò che ancora diremo si capisce che la Compagnia dovesse fare capo a un Guarnieri, perché sulle tavole del Differenti sarà fatta salire una bambina di cinque anni, Olga Guarnieri, che “declamerà una poesia sulla decadenza della Casa-Austro Lorenese”. Ecco allora, seppur non ce ne fosse stato il bisogno, che si fa chiara l’idea del gran cambiamento che pervade l’Italia ormai dei Savoia, anche se l’incontro di Teano avverrà più avanti, nell’ottobre di quest’anno.

Un ultimo volantino alla nostra osservazione porta la data 1862 e come i precedenti riguarda una beneficiata e questo ci porta a chiederci: perché a noi sono giunti solo questo tipo di pubblicità teatrale e non altri manifesti che ci potevano illustrare molto meglio le stagioni teatrali di Barga? Forse è solo una casualità? La domanda avrà mai una risposta? Comunque, vediamo che questa beneficiata, lo ripetiamo, tassativamente accordata dall’Accademia dei Differenti, fu concessa a favore della prima attrice Giuseppina Traversari. Questa, la sera di giovedì 31 luglio 1862, avrebbe interpretato “Elisabetta Soares ovvero Suor Teresa al convento delle Orsoline”, che si fa osservare fosse stata data per venti sere a Firenze. Questa era la prima parte del programma, poi, nella seconda Maria Da Caprile, accompagnata dalla piena orchestra, avrebbe cantato la cavatina dall’opera buffa “Il Poeta Fagiuoli alla villeggiatura di Pratolino”, farsa in prosa e musica.

Ecco che dopo quest’ultimo volantino si entra nel pieno delle cose propriamente del Regno d’Italia, con Barga notevolmente omologata al resto dei paesi della Valle del Serchio. L’Accademia, persa la sua forte azione progettuale, l’ottimo aggregante che gli veniva da un benessere dei suoi Accademici, pare inizi a trascinarsi come un moto avviato da non fermarsi, che produrrà con maggiore difficoltà dei buoni momenti teatrali, iniziando ad avere anche altre vedute associative, che sempre più rispecchieranno i bisogni locali.

Una cosa importante da dire è quella che ci viene incontro e che va detta, ossia, che il Teatro dei Differenti si mantiene e sempre più si connota nel suo ruolo di tempio laico di Barga, dove trova il suo vero, il sentimento della “barghigianità”. Ossia, quando c’è bisogno di un luogo principe che scaldi il cuore al barghigiano in certi momenti importanti che riguardano la società di Barga, ecco che si pensa al Teatro e l’Accademia apre le sue porte.

Non siamo ancora al Novecento, quando questo ruolo il Teatro se lo prende veramente tutto, comunque si parte da ora, anche se, come si è già detto, quando qui a Barga venivano i granduchi di fausta memoria, erano accolti anche qui al Teatro. Qui si allestivano già dei balli che ora che siamo sul finire dell’Ottocento diverranno sempre più i Veglioni di Carnevale, come le passate beneficiate a favore degli artisti da ora saranno quando per l’Ospedale o per la Banda, oppure la Scuola di Disegno della Fratellanza Artigiana che nasce proprio l’anno 1862 e altri momenti importanti.

Ci saranno sempre delle commedie, opere, poi anche le operette e altre rappresentazioni ma tutto mosso, in buona parte, dal bisogno specifico che reclama la locale società che non ha più il paracadute granducale, ma ora è soggetta alle leggi del Regno che valgono per tutte le comunità e, purtroppo, non promettono niente di buono, anzi, si vede e s’inizia a toccare con mano che il momento, tra tante lacrime di addio, si va facendo sempre più critico. Il Teatro però riesce ancora a svolgere un ruolo, se vogliamo anche di speranza, certamente quello di dare il LA al costituirsi di filodrammatiche, anzi, d’ora in poi quest’idea si rafforza sul territorio, come da questo luogo di cultura che ora assomma circa duecento anni, ci s’ispira come a un esempio da emulare, con reali seppur passeggeri tentativi di teatri sul territorio, un concepimento molto lodevole, che investirà non solo il capoluogo ma anche le frazioni, specialmente Castelvecchio di Barga.

Ecco allora che dopo questo breve excursus circa la storia di Barga nel ventennio che include l’Unità d’Italia, però visto dalle finestre del Teatro Differenti, che riprenderemo con il prossimo articolo, noi per ora si pone l’ennesimo punto. (continua)

 

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36) Anna Rita Grandini: Un antico comune nello stato italiano. Classe dirigente e amministrazione locale a Barga (1865 – 1885), Fondazione Ricci; Arte e Cultura, La Rocca Edizioni, 1994.
37) Quando nel testo si parla di volantini e locandine teatrali relative all’Ottocento ci si riferisce al fondo conservato presso la Biblioteca Comunale Fratelli Rosselli o a fotocopie ricevute da privati.

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