Ciliege

-

Sotto le lampade al neon del supermercato queste ciliegie disposte con una maestria non priva di malizia sono così perfette da non sembrare neanche vere. Il loro colore rosso e lucido calamita il mio sguardo promettendo delizie al palato mentre con la mano ne avverto la rotondità priva del minimo difetto superficiale… quanta differenza con quelle della mia giovinezza!
Come in una dissolvenza cinematografica la mente ritorna a un tempo in cui l’unica frutta che potevo mangiare era quella che vedevo crescere sulle piante intorno al paese e che, poi, ritrovavo nelle botteghe o sui mezzi dei venditori ambulanti.
Alle sei di sera alle Case Operaie arrivava il camioncino dell’ortolano, soprannominato “il Borgo”, e tutte le donne si assiepavano in attesa del proprio turno.
Alcune chiacchieravano placidamente del più e del meno mentre altre, con piglio battagliero, manifestavano il proprio scontento per la qualità della merce che era stata loro rifilata la volta precedente e minacciavano di diventare clienti di qualcun altro.
Lui, da perfetto imbonitore, dall’alto del cassone riusciva ogni volta a calmarle con trucchi vecchi come il mondo ma che non mancavano mai di funzionare: un complimento, una battuta scherzosa e qualche mazzetto di odori infilato per regalo dentro ai sacchetti di carta riuscivano sempre a risolvere la situazione.
Dopo qualche tempo il camioncino del“Borgo” lasciò il posto a quello del “Natalino” dal caratteristico cappello sulle ventitré, ma le solite scene continuarono a ripetersi, immutate e immutabili.
Dall’alto del muraglione noi ragazzi scuotevamo la testa divertiti perché sapevamo bene come procurarci la frutta più fresca, saporita e, per giunta, gratis!
La stagione delle ciliegie era finalmente arrivata e ancora una volta si sarebbe ripetuta la sfida tra gli intrepidi incursori notturni e gli agguerriti proprietari delle piante che avevano tutte le legittime intenzioni di impedire che qualcuno rubasse i frutti del loro lavoro.
Scegliere il ciliegio giusto non era cosa da poco perché bisognava colpire nel brevissimo intervallo tra la piena maturità dei frutti e la loro raccolta da parte del padrone e proprio per questo, dopo una furtiva ricognizione diurna, erano sempre i più grandi ed esperti a decidere l’obiettivo.
Spesso era questione di poche ore nel corso delle quali la normale sorveglianza s’inaspriva fino a raggiungere livelli altissimi.
All’imbrunire venivano sciolti i cani e dietro ogni uscio c’era uno schioppo caricato a sale grosso che ci aspettava; potete star certi che chi ha provato sulla propria pelle il colpo andato a segno non se l’è più dimenticato.
Lungi dal dissuaderci, questi ostacoli ci spronavano alla sfida, contribuendo a far sì che nel buio venissero scritte eroiche pagine di ardimento che i primi raggi del sole avrebbero cancellato, affinché il libro del valore potesse essere scritto di nuovo ogni volta.
Tra i tanti ricordi mi torna alla mente quella volta in cui, dopo aver scavalcato il filo spinato ed eluso la sorveglianza dei cani, ci arrampicammo su un ciliegio talmente vicino alla casa del padrone che, attraverso la finestra aperta, riuscivamo a vedere l’interno della cucina col suo tavolino, il camino e i proprietari seduti di spalle davanti alla TV accesa.
C’era un programma di varietà con Tognazzi e Vianello e noi non solo mangiavamo a sbafo delle ciliegie dolcissime, ma ci godevamo anche lo spettacolo in televisione!
Insomma, a parte il piccolo particolare che non eravamo stati invitati, era proprio come una piacevole seratina a veglia…
Le cose precipitarono quando, durante una scenetta comica, quelli in casa non capirono una battuta e, restando in silenzio, riuscirono a udire noi che, sentendoci ormai di famiglia, sghignazzavamo senza ritegno.
Il padrone fu svelto a imbracciare lo schioppo, ma noi eravamo dei gatti!
In un attimo saltammo giù dal ciliegio e tagliammo la corda inseguiti dai cani, da alcuni colpi sparati alla cieca e dalle urla di rabbia di chi si sentiva beffato ancora una volta.
Dopo una corsa a perdifiato attraverso il buio dei campi punteggiati dalla magia delle lucciole e col fieno alto che ci frustava le ginocchia nude ci fermammo, finalmente, al sicuro dentro una capanna.
Col cuore che ci rimbalzava nel petto ci sentivamo degli eroi che avevano portato a termine l’ennesima beffa impossibile e iniziammo a ridere fino alle lacrime, scaricando tensione e adrenalina.
Era un mondo in cui vigevano regole non scritte improntate a un certo codice cavalleresco che nessuno si sarebbe mai sognato di infrangere.
Innanzitutto, “frega’ le ciliegie” era una consuetudine che veniva vista più come una ragazzata che un furto vero e proprio e i derubati, quando sparavano a sale, stavano attenti a non mirare più in alto del fondoschiena dei fuggitivi e non li inseguivano mai oltre i confini della loro proprietà.
Gli incursori, dal canto loro, facevano attenzione a non danneggiare le piante e rubavano solo i frutti che potevano mangiare sul momento.
Se la fucilata era andata a segno, oltre a rimetterci i pantaloni e sentire un bruciore cane, dovevi sottoporti all’umiliazione di farti medicare le chiappe dalla mamma, operazione niente affatto piacevole e che comportava anche le feroci prese in giro da parte degli amici.
Nessun genitore si è mai sognato di lamentarsi perché a chi aveva sparato veniva riconosciuto il sacrosanto diritto di difendere la sue proprietà e, d’altronde, era risaputo che prendersi una fucilata nel culo faceva parte dei rischi da correre.
Infatti, mentre la mamma ci medicava pazientemente le terga, ci toccava anche sentire la voce del babbo che sentenziava «Ritornaci, bischero!», oppure «Se stavi a casa un ti succedeva nulla!».
Facile a dirsi, ma quando l’Avventura chiamava, un ragazzo degli anni ’60 poteva solo rispondere “Presente!”.
A ripensarci adesso, era buffo che la domenica mattina predoni e depredati s’incontrassero tutti alla messa delle nove alla chiesina dell’Asilo Pascoli e si dessero educatamente il buongiorno stringendosi la mano come se nulla fosse successo e che, con le migliori facce da poker che abbia mai visto, si intrattenessero piacevolmente insieme sul sagrato dopo la messa.
Ve l’immaginate ripetere quelle imprese ai giorni nostri? Scatterebbe un delirio di denunce, carabinieri, avvocati… e tutto per poche ciliegie e un paio di calzoni corti bucati e sbruciacchiati.
Meglio che cose del genere rimangano confinate in quel romantico passato in cui la realtà era più schietta e priva di tutti quegli orpelli che adesso ci complicano una vita sempre più faticosa da tirare avanti.

Lascia per primo un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.