Barga e un suo Carnevale di centoundici anni fa

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Oggi parlare di Carnevale, feste in allegria, dopo e durante il Covid, e con l’attuala guerra alle porte d’Europa, suona argomento quasi superficiale, però è anche vero che non dobbiamo tirarci giù più di quanto tutto, ahimè! Sembra voler fare. Allora, spero piaccia il sentir raccontare in questo momento di ultimi giorni di Carnevale, di uno che oltre cento anni fa si tenne qui a Barga organizzato dall’Impresa Capretz, i padroni del locale che ancora esiste in piazza Salvi o del Comune con questo nome, eccetto i gestori. I Capretz erano di origini svizzere, arrivarono a Barga quasi come esuli, dopo la metà dell’Ottocento.

La storia che si racconta, esattamente risale a centoundici anni fa e l’ho ritrovata tra le cose che conservo del passato di Barga, copia di un vecchio giornale, senz’altro La Corsonna, in cui, forse nella parte finale dell’edizione, numero fine gennaio di quell’anno, a tutta pagina è descritto minuziosamente cosa si sarebbe potuto attendere il barghigiano che avesse voluto divertirsi, tra frizzi e lazzi ma anche in baldorie, in quell’imminente Carnevale. Cosicché, dopo averla riletta, mi son detto, facciamola conoscere. Appunto, quanto mi accingo a fare anche per dare un contributo a entrare un poco a capire cosa si muovesse tra la nostra gente di allora.

Intanto, va detto che il luogo principe dell’organizzato divertimento carnevalesco era il Teatro dei Differenti, che l’Impresa Capretz, prese in consegna o in gestione dagli allora “Compradoni” per tutto il febbraio 1911, mese del Carnevale. Teatro che da lì a non molto, nello stesso anno, avrebbe visto Giovanni Pascoli calcare quelle tavole del palco per pronunciare il suo memorabile discorso “La Grande Proletaria s’è mossa”, che avverrà il successivo 26 novembre. Il Carnevale, come tutti sappiamo, è di origine molto antiche, quindi molto difficile sapere delle origini nel barghigiano, seppur si voglia che ne parli già nello Statuto di Barga 1360, alla Rubrica settantuno del Libro Quarto. (1)

Comunque, questo Carnevale, come da tradizione barghigiana, si svolse nel Teatro, tra palchi, corridoi, con la platea libera dalle sedie per il ballo e altri giochi a tema. Questo modo operandi chissà da quanto si praticava in pubblico e ci vien da pensare sin da quando fu eretto il primo teatro, inizialmente nominato degli “Indifferenti”, poi Differenti, e questo era stato costruito nel lontano 1688. Era più piccolo, forse di legno, rispetto a quello che nel solito luogo si edificò nel 1793, cioè, l’attuale. Come nota di colore va detto che prima che si costruisse il primo teatro, in Barga c’era un altro luogo deputato alle commedie e ballo, e questo era sotto la Loggia esterna di Porta Reale costruita agli inizi del Cinquecento, aperta su di un lato e che si pensò anche di renderla più accogliente ma la cosa non andò in porto.

Nell’annuncio di questo 1911 ecco elencati i giorni di festeggiamento del Carnevale, periodo di spensierata allegria, che nello ieri ebbe un suo fortissimo, seguito popolare per poi scemare e restare come un momento folclorico proprio di diverse città italiane e così dicendo. Un tempo invece si faceva delle feste molto più diffuse nei paesi, con tradizioni di veglioni e grasse mangiate che andavano dall’Epifania alla Quaresima, cioè, terminavano con le Ceneri che quest’anno cadono il 2 marzo.

Nel 1911 le Ceneri caddero il 29 febbraio e nei precedenti giorni si fecero sei veglioni al Teatro, rispettando assolutamente la tradizione, iniziando esattamente il 12 febbraio che era domenica:

Primo veglione detto di “Consolazione”, che iniziava alle 9 di sera e finiva alle 3,30. Seguì:

Secondo veglione il giorno 19, altra domenica e solito orario, e questa volta detto della “Gallinaiola”, che si tramanda volesse dire di attaccare una gallina in alto colpendola con il fucile a palla, forse la più conosciuta e meno impattante pentolaccia. Con il biglietto d’ingresso a questo veglione si riceveva anche un numero che concorreva alla lotteria che si estraeva durante la serata, al cui vincitore, uno solo, spettava una cena gratis per quattro persone da consumarsi al Teatro.

Il terzo veglione fu il giorno 23, giovedì grasso, detto del “Berlingaccio”, che si festeggiava, come a Barga, in tutto il fiorentino, e aveva attinenza con il mangiare con questa sorta di cantilena popolare: Per Berlingaccio chi non ha ciccia ammazzi il gatto, chi non ha il gatto ammazzi il cane, ecco fatto il carnevale! A mezzanotte si premiavano le migliori mascherate scelte dai “Maestri di Sala” che furono Rigali Alfredo, Nardini Emilio, Iacopetti Francesco e Stefani Alfredo. Tre erano le premiazioni: Premio al miglior gruppo, che doveva essere composto almeno da quattro maschere e queste persone ricevevano “un dolce squisito, una bottiglia di Sciampagna” e infine, tanto per restare in tema di patriottismo, una “Atistica Bandiera”. Alla più elegante e significativa coppia mascherata: questa vinceva “Un vassoio di Baci di Dama, una bottiglia di Edelweiss (liquore prodotto dalla Ditta Capretz) e una Bandiera”. Infine, un premio andava alla più elegante maschera, che vinceva un “Orologio da Tasca e Bandiera.”

Il quarto veglione era per la domenica sera del 26 febbraio, detto “Il Carnevalone”, che indicava essere entrati nell’ultima settimana di carnevale, sempre al solito orario che finiva alle 3,30 di notte.

Il quinto veglione, detto “Veglionissimo”, si ebbe lunedì 27, solito orario sino alle 3, 30. Anche qui all’undici si sera, tramite una commissione, c’erano da vincere due premi, che andavano a due maschere che però non fossero di Barga paese. Primo premio: “Dolce gelato, una bottiglia di Marsala e bandiera”. Secondo premio ad altre due maschere, consistente in: “Una crostata di frutta e una bottiglia di Capri e bandiera”.

Il sesto veglione e ultimo fu per il martedì grasso del 28, e questo era detto “di Addio”, cioè, si salutava il Carnevale perché con il giorno dopo si entrava nella Quaresima, cioè nei quaranta giorni prima della Pasqua, con il cristiano che osserva il periodo di penitenza e digiuno. Questo veglione iniziava sempre alle nove di sera ma terminava alle 4, 30 della mattina successiva.

Tutti gli appuntamenti a teatro erano allietati da un’orchestrina che avrebbe suonato musiche del Maestro Monti: Polka, Mazurka e Valzer, con un annunciato riposino di un’ora alla mezzanotte. Di questa piccola banda di nove suonatori si citano per scritto anche i nomi e gli strumenti suonati. Li riportiamo, anche perché ci potrebbe essere qualcuno che vi riconosce magari il nonno o il bisnonno. Bertoncini Carlo al clarino e direttore. Castelvecchi Amedeo, clarino. Castelli Silvio, clarino. Santi Alfredo , clarino. Marroni Antonio, flicorno basso. Piacentini Luigi, flicorno basso. Gonnella Antonio, trombone. Da Mocogno Pietro, trombone. Da Prato Domenico, basso. Tutte le sere l’orchestrina, quasi una banda, alle undici e tre quarti e alla fine del veglione davano il via a due sonate particolari dette “scottis”, probabilmente suonando delle musiche maggiormente ritmate e quindi da pensarsi atte alla baldoria delle maschere e di tutti i presenti.

L’organizzazione non fece mancare niente alle serate, come il pronto calzolaio nella persona del mestierante Giuseppe Corsi e la Sala da Toilet del parrucchiere Umberto Colognori. Inoltre c’era il guardarobiere Luigi Salvi. Le chiavi dei palchetti si potevano prendere a pagamento presso il Caffè Capretz oppure si potevano acquistare al momento dell’ingresso a Teatro, oltre al costo del biglietto che era di 50 centesimi, oggi circa due Euro.

Simpatico anche il prezzo delle varie consumazioni, per esempio il caffè costava 15 centesimi, che oggi sarebbero 60 centesimi di Euro. Un cognac veniva Euro 1,20, L’elisir Giovani Pascoli, così l’Edelweiss e il Mordini, al bicchierino veniva Euro 0,60; essendo il primo verde, il secondo bianco e il terzo rosso, così concepiti dall’italianissima Ditta Capretz e volendo comporre la bandiera italiana per brindare all’Italia occorrevano Euro 1,80. C’era anche l’amaro del Libano, chissà che non fosse il Libano di Barga, e questo al bicchierino costava sempre al valore di oggi, 0,60 Euro. Alla bottiglia il vino Capri, Vesuvio e Salerno, costava lire 2,50, valore attuale circa 10 Euro. Un pasticcino per accompagnare la bevuta costava al cambio di oggi, circa 0,40 Euro.

Nell’atrio del Teatro era in funzione anche un ristorantino, chiamato “Il piccolo Rebecchino”, dall’ebraico Rebeca, luogo che unisce, con cucina casalinga che serviva cene di tre prezzi. Lire 1,20 – 1,40 e 1,50, oggi cinque, cinque e cinquanta e sei Euro. Nel tre menù cambiava solo il primo, che in quello meno caro era zuppa, poi i cappelletti alla barghigiana e infine i tortelli alla casalinga. Singolare la bottiglietta uguale per i tre menù, consistente nel Vino Vecchio del Pillotto. Chi avesse voluto, a suo gusto, poteva richiedere anche una cena particolare.

Veramente niente da dire circa l’organizzazione di questo Carnevale 1911 e chissà se tutto andò secondo i preparativi, ma pensiamo proprio di sì, anche perché il divertimento era certamente assicurato, seppur non lo fosse per tutti i barghigiani. Magari qualcuno si doveva accontentare di veder passare per Barga le maschere e udire da fuori il suono dell’orchestrina che agli “Scottis” si trasformava in un vulcano di suoni.

È solo con questa canzone che cantavano a carnevale i nostri nonni che possono ricevere un soffio di vita di quei tempi ormai più che lontani:

Vecchia Barga è tutta in festa

Sull’Arringo e giù al “Crociale”

Barga nostra si ridesta

Quando arriva il Carnevale

Nei veglioni risplendenti,

fra la folla mascherata,

che nel nostro “Differenti”

ride e balla spensierata.

 

Canta stasera Pierrot

E guarda nel cielo lontano,

effimero il sogno ed è vano

se nulla ti dice l’amor.

Ma lascia la cupa tristezza,

ricanta la folle canzone

di Barga che è tutta al veglione

e godi la gioia che è là.

 

Barga nuova è tutta luce

Dal Piangrande al “Differenti”

Nella festa che traluce

Con colori iridescenti.

Fra coriandoli e fra stelle

L’ora passa gaiamente,

sguardi ardenti e bimbe belle

l’incontriamo facilmente.

Ritornello: Canta stasera Pierrot, etc. etc.

Barga nostra è tutta un maggio,

che fiorisce le illusioni

che racchiude dentro un raggio

tutte quante le canzoni.

Bel Pierrot tanto imbiancato

Ridi adesso al Carnevale,

a quaresima sfibrato

tornerai sentimentale.

Ritornello: Canta stasera Pierrot

etc, etc.

 

Questa canzone ebbe anche la sua musica a cura del Maestro della Banda di Barga Diddi e fu suonata e cantata per la prima volta al Teatro durante un Veglionissimo degli anni ’20 del Novecento.

 

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  • Raffaele Savigni, Culto dei santi e santuari in Garfagnana nei secoli XII-XV: la documentazione lucchese [A stampa in Religione e religiosità in Garfagnana dai culti pagani al passaggio alla diocesi di Massa (1821), Atti del Convegno, Castelnuovo Garfagnana. 8-9 settembre 2007), Modena, Deputazione di storia patria per le antiche provincie modenesi, 2008, pp. 173-209 .

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