Enrico Croccolo: La goccia … e altre poesie

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Due anni fa, era il 16 ottobre 2016, ci siamo soffermati a recensire su questo sito altre poesie di Enrico Croccolo, contenute nel libretto “Il cane con le ruote”. Oggi torniamo ancora alla sua poesia, questa volta nella raccolta che ha per titolo “La goccia … e altre poesie”. Una breve raccolta di dieci componimenti poetici che ci parlano al cuore e soprattutto alla mente, spesso persa in pindarici voli che vorrebbero, appunto, sfuggire dal vero che dovrebbe essere in noi: dolcezza, amore, che seppur in piccole cose e gesti, sia pur sempre grande, poi riconoscenza e attenzione per non commettere fatali errori.

Iniziamo con i fatali errori, come quello che commise Alessandro Magno, non in conquiste, tanto da vederlo apparire alla fine del mondo orientale, signore di tutto ciò che dietro gli stava, e così fissar la Luna “dentro la notte fulgida”, bramandola ma impotente di averla a sé per porla sotto lo scalpiccio dei suoi soldati, così come immaginò Giovanni Pascoli nel suo “Alexandros”:

 

 Giungemmo: è il Fine. O sacro Araldo, squilla!
Non altra terra se non là, nell’aria,
quella che in mezzo del brocchier vi brilla …

 

Tutto aveva conquistato ma una sera a un convito, ebbro tra ebbri, ecco il fatale errore, preso com’era dalla sua superbia, tanto da aver già rinnegato in cuor suo il padre Filippo, anche lui Grande, forse troppo per il figlio. Soffriva Alessandro delle gesta paterne, tantoché lo ripudiò nell’idea di un oracolo egizio che gli aveva evocato, esser figlio di Zeus, quindi sentendosi divino e sacro da non sopportare alcuna riprensione, neppur da colui, il suo generale e cognato Clito il Nero, che gli aveva salvato la vita nella battaglia di Granico. Fu, che ripreso a parole dal suo parente generale che, citando Euripide, adduceva merito agli eserciti nelle vittorie, Alessandro di sé perse ogni controllo e in lui non vinse neppur la dovuta riconoscenza per il suo salvatore, ora sì, che a lui apparir doveva divinato. Lancia prese e al petto lo trafisse.

Il padre e la mancata riconoscenza poi, Alessandro non contento e con ciò si entra nella poesia di Croccolo che leggeremo, uccidendola nel togliere la vita a Clito, a chi quella riconoscenza doveva per la sua vita, poi tornato sobrio l’impossibile rimedio e l’idea del sacrificio della sua, con l’apparizione del suo formatore: Aristotele, che gravemente lo ammonisce. Questo il senso espresso nella poesia con cui Enrico Croccolo apre questa sua ultima raccolta e leggiamo allora “Alessandro Magno”:

Chiuso nella sua stanza Alessandro

piangeva per la morte dell’amico

trafitto dalla lancia che per ira,

ebbro, scagliato avea contro Clito

perché ammonito della condotta

indegna di un re nel suo convito.

Il rimorso bussava alla sua mente

d’avere ucciso l’amico suo più caro

che a Granico gli salvò la vita.

Scuotevano i singhiozzi l’ampio petto

e fieri colpi ad esso pur si dava.

Severa apparve l’ombra di Aristotele

ch’aspre parole e gravi pronunciava:

“Sventurato non hai tu ascoltato

l’esortazione alla moderazione!

Or piangi e invoca la pietà dei numi

che il sonno sarà rosso di sangue”.

L’ombra svanì ed Alessandro alfine

si ricompose e l’ordine dispose

che di Clito il corpo lavato fosse

e cosparso di olio profumato

avesse del suo rango degne esequie.

 

Altra poesia è incentrata sull’immagine che sta in copertina della raccolta di poesie, sul fascinoso significato che vuole evocare quella scultura (e altre simili); angeli musicanti che all’ingresso di una chiesa a Perugia, par siano lì a suonare all’eterno tempo, presi nell’idea che l’Altissimo, tramite i Santi della dedicazione della stessa chiesa, sentendo gioisca del loro dolce suono. Melodie che lo scultore senz’altro non poteva che amare per aver scolpito si belle e atteggianti figure; così ci invita a credere con la sua poesia Croccolo. Il titolo “Gli angeli musicanti di Agostino di Duccio nella chiesa dei SS. Andrea e Bernardino a Perugia”:

 

Guardate la facciata della chiesa

Ornata di Santi e loro storie,

volgete l’occhio in basso adesso

angeli musicanti sull’ingresso

che suonano a lode del Signore.

Sento squillar la tromba ed il triangolo

ed il sordo rumor del tamburello

di viola e flauto il melodioso canto

par uscire dal marmo per incanto.

La musica sollievo è della vita

di conforto all’anima smarrita,

forse d’Agostino è l’arte preferita.

 

Le altre poesie della raccolta sono “Il Pendolo” e “Il vento”, poesie paradigmi della vita, “La goccia”, che caduta sulla tovaglia impermeabile, una mezza sfera, ecco allora apparire i dolci ricordi di studente e la filastrocca “Della sfera il volume qual è?” E tutti in coro: “Quattro terzi pi greco erre tre!” Poi “L’aratore” che leggeremo più avanti, “I leoni dell’Assiria” cacciati per le romane arene e altri “con le nere palle dei fucili”, quasi estinti; “La corsa alle poltrone” non parlamentari ma degli amici ospiti alla Villa Pascoli, “Esaurimento” che chiude la raccolta ma che a noi piace metterla penultima, così augurando ancora “Le quattro stagioni” a Enrico Croccolo, che leggiamo:

 

Il merlo sul ramo intona il suo canto d’amore

Il rosso rinfresca le labbra riarse

A destra della Pania il sole scende

Torna il sole a baciar monte Forato.

 

E ora a qualcuno non addentro alle cose di Barga può esser sorto il desiderio di saperne di più su Enrico Croccolo; chi sia. Diciamo che tra i tanti poeti di Barga, a giusta ragione, sia da annoverarsi anche l’Ing. Enrico Croccolo, che nato a Lucca il 3 aprile 1941, oggi vive nella stessa Barga, a Villa Pascoli. Recentemente ha anche partecipato al Premio di Poesia Giovanni Pascoli con la poesia “Da quando …”, pubblicata anche nell’Antologia.

La poesia è una passione che gli allieta le giornate e pubblica anche in opuscoli, come in questo di cui stiamo parlando. Altri sono i titoli delle raccolte dei suoi lavori poetici: “L’Arcobaleno” (2007) –“Poesie” –“Un anno di Poesie” (2013), “Un anno di Poesie a Barga”(2014) “La Fonte di Cardoso”, “Il cane con le ruote” (2016).

Settimanalmente è accompagnato da Francesco Orsi alla Biblioteca Comunale di Barga, dove ha occasione di approfondire cose che a lui stanno a cuore, essenzialmente letture di storia e arte. Prima di essere stato collocato a riposo, dopo l’insegnamento negli istituti professionali di Pontedera e Lucca, per poi giungere a Barga, ha pubblicato cose interessanti a carattere musicale e altro in ambito lucchese, come“Notizie riguardanti gli Ebrei, tratte dal Monitore Toscano del 1851” (1983) –“Donizetti a Lucca: storia delle opere di Donizetti rappresentate a Lucca dal 1827 al 1858” (1985) – “Come per gioco : la villa di Liszt – ein Kaninespass” (1989) –“Orfeo all’Inferno: L’Operetta a Lucca tra dal 1877 e il 1900” (1992) –“Impressioni dalle opere di Giacomo Puccini” (1995) –“Il restauro al Teatro del Giglio del 1870”,mentre per l’Istituto Storico Lucchese ha pubblicato nella sua rivista di Archeologia, Storia e Costume, un saggio su “La tipografia Giusti di Lucca dal 1836 al 1917”.

Certamente un poeta e uomo di vasta cultura, cui auguriamo altre soddisfazioni letterarie, terminando quest’articolo con un’ultima sua poesia “L’aratore”, che ci fa comprendere a pieno quanto sia bella la vita e quanto si desidererebbe lungamente fruibile in tutte le sue bellezze, le più vere, che essa offre:

 

Spingo il carretto per il corridoio

avanti e indietro come un aratore

incita i buoi dalle fumanti nari,

solca la terra che profumo esala

mentre l’aria solletica la pelle.

Io invece al chiuso mi trascino

il peso grave dato dal destino,

invidio la fatica ed il sudore

fra ozio e noia passano le ore.

Il grano con la spiga pendente

io lo vedrò soltanto con la mente.

 

 

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