Al cimitero di Barga ieri e oggi (quarta parte)

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Dopo le nostre precedenti tre visite siamo tornati al cimitero di Barga con la speranza che la promessa di quel signore che incontrammo l’ultima volta nei pressi della Cappella dei Caduti si sia avverata; cioè che sia tornato quaggiù e magari di trovarlo in attesa del nostro arrivo, così da chiedergli altre informazioni storiche.

Entriamo dal cancello che introduce alla parte vecchia e vediamo se ci sarà: sì! Eccolo ancora laggiù che anche oggi scatta delle immagini. Lo salutiamo e lui ci risponde sventolando la mano. Ci avviciniamo e subito egli esordisce dicendo:

Avete visto quanto sia interessante il luogo e non solo per i ricordi personali… però, diciamo la verità, quanto è malmesso?!”

Sì, e noi siamo qui anche per questo, per vedere di sollevare l’attenzione, perché ci sentiamo di condividere quanto abbiamo trovato scritto e letto su di un pilastro esterno al Duomo, all’inizio dell’antico Campo degli Avelli, dove un tempo trovavano sepoltura i barghigiani:

Mortuorum Jura Sancta Sunt”.

I diritti dei morti sono sacri, e questo è anche il motivo del nostro interessamento.

Sacrosanto e condivisibile il vostro pensiero. Bene! Come promesso, ci siamo rivisti e allora riprendiamo il nostro discorso storico:

La volta scorsa io non seppi dirvi cose precise circa la storia del camposanto di San Pietro in Campo e perché l’idea si unì con quella di Barga. Oggi sono in grado di rimediare e intanto vi dirò che già all’epoca della riforma leopoldina dell’anno 1783, che riguardava le sepolture a sterro, nel Comune di Barga, seguendo questo disposto granducale, con il tempo a seguire si concretò l’idea nelle parrocchie di San Pietro in Campo e Loppia, mentre a Sommocolonia, Tiglio, Albiano e Castelvecchio, rimasero in uso le sepolture a tomba, così per Barga in quello degli Avelli in Duomo.

Il numero dei cimiteri comunali e il metodo che si adottava per le sepolture l’ho dedotto da una relazione di una commissione comunale di tre persone del gennaio 1810, epoca napoleonica, impegnata per le nuove tariffe da applicarsi nelle singole sepolture a sterro e a tomba delle varie parrocchie. La commissione era composta di tre consiglieri: il dott. Niccolò Verzani, Jacopo Cardosi e l’avv. Antonio Giannelli quale segretario del Consiglio Comunale. Dai lavori della commissione apprendiamo che per il cittadino le sepolture a sterro avevano un costo maggiore di quelle a tomba. Altra cosa interessante da rilevare è la particolarità degli Avelli di Barga, dove le sepolture non avevano un costo per il cittadino detto “Erede”, perché supportate totalmente dall’Opera di San Cristofano (eredità medievale) e così si dice nella relazione:

Essendo l’Opera della medesima chiesa incaricata della spesa necessaria all’inumazione de’ Defonti, che ha de’ fondi sufficienti per far fronte a tale spesa.”

Questo era il costo delle sepolture nei due modi:

A tomba: Centesimi 75 gli adulti, cent. 50 gli impuberi e cent. 25 gli infanti.

A sterro: Franchi 1 per gli adulti, Centesimi 75 gli impuberi e cent. 50 gli infanti.

Come nota di colore si vede nei documenti barghigiani dell’epoca che i mesi si alternano tra gli attuali e quelli propri della repubblica francese: per esempio l’inverno aveva il mese nevoso, piovoso e ventoso, ecc.

Dette queste cose eccoci al cimitero di san Pietro in Campo e a come si arrivò a unirlo con quello di Barga. Intanto va detto che era vicino all’attuale chiesa e come detto era a sterro, con una terra di particolare grassezza che non facilitava la decomposizione dei cadaveri. Una particolarità che fece decidere il parroco e tutti quei paesani a procedere all’individuazione di un’area con terra più renosa, quindi all’eventuale costruzione di un nuovo cimitero. La zona fu localizzata a est, assai lontana dalla chiesa, e quasi prossima a questo cimitero che ancora non esisteva.

Va detto però che questa particolarità del terreno all’inizio non preoccupò più di tanto nessuno, salvo che nell’anno 1817, quando tra la fine dell’Inverno e l’inizio della Primavera iniziò a imperversare il tifo petecchiale in tutto il Comune di Barga, come nella Toscana e in Italia. Una disgrazia che viepiù fece decidere il Comune alla realizzazione di cimiteri a sterro e che rese evidente l’inadeguatezza del cimitero di San Pietro in Campo, dove i corpi non avevano quella normale decomposizione, tendendo alla mummificazione. Da questa evidenza, con la palpabile necessità causata dal tifo che andava mietendo molte vite, il rafforzamento dell’idea di spostare il cimitero in un luogo igienicamente più idoneo, che nel 1818-19 fu localizzato ancora più a nord rispetto alla precedente e già individuata area, cioè questo in cui siamo. Nei fatti il Comune, ravvisando un risparmio, e per non dare luogo a due cimiteri vicini tra loro, unì il progetto di San Pietro in Campo con quello del nuovo cimitero a sterro di Barga, deliberando la realizzazione di un unico cimitero per le due realtà, alla cui spesa concorse anche la parrocchia di San Pietro in Campo con la somma di Lire 560.

Tralasciando un poco il discorso cimitero, va detto che per Barga, di là dai numerosi lutti, quest’anno 1817 del tifo petecchiale e proprio per questo evento, al vaglio della storia assume la caratteristica di una pietra miliare nella vita comunitaria, per le diverse novità che dalla sciagura presero avvio o si rafforzarono. Tra queste il rinnovamento delle sepolture, che equivaleva a una migliore igiene pubblica, poi l’idea di un Ospedale che spiegheremo subito a seguire, oltre a ciò una maggiore attenzione alla povertà di tanta gente, con la realizzazione di nuove imprese annunciate dai maggiori possidenti del Comune, onde consentire uno sviluppo dell’occupazione e dell’ovvio guadagno. Di questo pensato sviluppo economico ho con me una copia di lettera che lo annuncia, che partita dalla Presidenza del Buon Governo nel febbraio 1817 era diretta al Vicario di Barga Ranieri Barbacciani e ve la leggo:

Sua Altezza Imperiale e Reale, essendo rimasta informata che alcuni Possidenti di codesta Comunità hanno convenuto di fare una distribuzione giornaliera di 150 zuppe economiche, di aprire un grandioso lavoro di filatura, di impannatura di canape e lini, come pure di eccitare altre fabbriche e conce di pelli, ove impiegarvi la maggior parte degli indigenti di codesto Paese, manifestata avendo La Sovrana Paterna Sua Soddisfazione per tutte queste misure state adottate in una annata così calamitosa, io ho il piacere conoscere a VS. Ill.ma questo lusinghiero sentimento appreso in un biglietto dell’Imperiale e Reale Segreteria di Stato del 7 andante, pervenutomi ne’ 15 detto. Dalla Presidenza del Buon Governo, lì 18 febbraio 1817.”

Questa lettera fece seguito alla funesta notizia che il tifo a Barga aveva mietuto tantissime vite, al punto tale che molti giovani sotto i sedici anni erano rimasti allo sbando, circa cinquanta di ambo i sessi, con l’unica speranza che vivere di questua.

Altra novità il mercato da ripristinarsi il venerdì, così com’era sin dal 1769, dal 1806 caduto in disuso. Se questo riguarda lo sviluppo economico, ecco come nacque l’idea di un Ospedale. Infatti, per fronteggiare il tifo, su invito granducale diretto al Comune di Barga e alla Compagnia del SS. Crocifisso, in quest’anno 1817 fu realizzato un Lazzaretto negli ambienti del soppresso convento di San Francesco. I barghigiani, memori delle settecentesche soppressioni dei plurisecolari ospedali Santa Croce e Santa Lucia che tanto bene avevano apportato alla collettività, intesero mantenere quel Lazzaretto trasformandolo in un vero Ospedale, un desiderio che non trovò favorevole il governo centrale, comunque rimanendo fortissimo tra i cittadini, al punto tale da essere collocato storicamente alla base della reale fondazione dell’Ospedale nell’anno 1849, non a caso, a conferma dell’assunto, realizzato proprio nelle stanze dell’ex Lazzaretto.

Come abbiamo già detto nel precedente articolo, la Compagnia del SS. Crocifisso, per l’importante impegno umanitario prestato nel soccorso dei colpiti da tifo e per i fondi, spesi nell’erezione del Lazzaretto, frutto di proprie sostanze e delle questue tra i cittadini, con sovrano rescritto del 22 agosto1817 gli si concesse la facoltà e l’onore di poter assumere: “Il titolo di Compagnia della Misericordia, adotti i Capitoli di quella di Firenze e ne goda i distintivi”. Oggi è ancora esistente e si chiama Arciconfraternita di Misericordia.

Questo dato, già riportato nel precedente articolo, lo ripetiamo perché resta da dire una cosa importantissima, consistente nel rilevare che la Compagnia del SS. Crocifisso, già prima del Rescritto granducale di questo 1817, in qualche misura svolgeva le funzioni di Misericordia per la sua particolare missione in soccorso dei poveri infermi. Moralmente le aveva ereditate sin dal 1782 da una compagnia appellata di Misericordia e che aveva sede presso il soppresso Convento degli Agostiniani situato nell’Aiaccia di Barga, oggi Piazza Angelio, che si riuniva nella sacrestia della chiesa di Santa Maria Novella.

Alla luce di ciò, l’anno 1817, considerato il primo della presenza a Barga di una Misericordia, così com’è scritto anche sul gonfalone dell’attuale Arciconfraternita di Misericordia che dal 1835 ha sede alla chiesa di San Felice, ovviamente in senso storico andrebbe riconsiderato, perché già esistita, se non continuata con la Compagnia del SS. Crocifisso, forse non a caso rifondata nel 1794. In altre parole con il Rescritto del 1817 si pose la Compagnia del SS. Crocifisso nella condizione di mutare il suo storico nome, che immaginiamo avesse già difeso dopo il 1782, al momento dell’ingresso nel suo seno degli ideali della Misericordia agostiniana; ma vediamo come avvenne.

In questo 1817, riconosciuto a tutti i livelli l’importante e fondamentale soccorso prestato ai cittadini di Barga durante il tifo petecchiale, sorse all’interno della Compagnia, quale segno distintivo di pubblica e autorevole riconoscenza, l’idea di richiedere al Granduca l’autorizzazione a potersi fregiare dei simboli della Misericordia di Firenze e come questa di essere esentata dalla legge della Manomorta.

Il Granduca decise che la Compagnia del SS. Crocifisso di Barga era degna di essere equiparata a quella di Firenze, salva la legge della Manomorta, anche se per le donazioni avrebbe mantenuto un occhio di riguardo, decidendo caso per caso sul da farsi, purché in futuro si mantenessero i buoni propositi.

Probabilmente tale legge da applicarsi, perché richiesta espressamente, era un’esigenza molto sentita dalla Compagnia del SS. Crocifisso ora Compagnia della Misericordia, causando all’interno l’insorgere di differenze. La parte critica era costituita da chi in definitiva era rimasto deluso dalla non concessione, un forte pretesto per non essere stati adeguatamente ripagati del profuso sforzo, manifestando la contrarietà con l’affezione alla vecchia denominazione.

Per qualche anno si trovarono delle soluzioni condivise, ma nel 1835 fu inevitabile arrivare alla separazione e con l’intervento granducale, alla Compagnia di Misericordia fu concesso l’utilizzo della chiesa di San Felice già gestita dalla Compagnia dei Cappotti, mentre al SS. Crocifisso rimase la vecchia Compagnia.

Veramente grazie per tutte queste notizie che ci hanno aperto la mente alla realtà barghigiana d’inizio ottocento. Alla prossima volta.

Pier Giuliano Cecchi

(continua)

Commenti

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  1. luca bertoncini


    Un grazie di cuore…..
    Un grazie di cuore voglio dirlo a Pier Giuliano Cecchi, per questa serie di articoli che riportano all’attenzione di tutti lo stato del Cimitero di Barga, che come ben descrive Pier Giuliano non è solo il luogo dove i nostri amati riposano ma anche un “libro della memoria”, della nostra storia e che tutti siamo chiamati a rispettare e onorare. Detto ciò è chiaro che i tempi sono poco proprizi alle finanze da impegnare alla doverosa è giusta riqualificazione del Sacro luogo, ma mi auguro che questa Amministrazione Comunale sappia trovare le risorse necessarie.Un grazie và anche al misterioso signore che tanto bene ha spiegato e reso noto gli storici avvenimenti legati al nostro Cimitero.Luca Bertoncini Roma

  2. Pier Giuliano Cecchi


    Grazie Luca Bertoncini.
    Quando si scrive qualcosa e ciò trova un riscontro positivo non si può che restare appagati e stimolati a proseguire. Io sono stato mosso in quanto ho fatto da diverse persone, prima tra tutte dal direttore Luca Galeotti, che mi chiese di scrivere qualcosa sul cimitero. Non sono stato celere ma comunque questo è uno dei risultati.Per il signore trovato al cimitero non c’è problema perché è già ringraziato dalle tue parole e non occorre andarlo a cercare: è stato un modo per rendere più attraenti gli articoli.Grazie ancora e speriamo che il luogo migliori, anche perché ormai è anche un museo della scultura e altro, e come tale viepiù da salvaguardare. P.G. Cecchi

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