Sapessi com’è strano vedersi multati nel barghigiano

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Barga è, evidentemente, un paese che fa discriminazione. Almeno in fatto di multe. Mi duole ammetterlo, ma è la conclusione a cui sono giunto dopo l’episodio fastidioso che adesso racconto. Il giorno 5 dicembre scorso, alle ore 12:30 esatte, mi è stata elevata contravvenzione per divieto di sosta in via Giovanni Pascoli, di fronte al numero 44. Di fronte al portone di casa dei miei, dove anch’io ho un appartamento. C’è divieto di sosta quindi, io che mi sono fermato dove non dovevo, la multa me la sono guadagnata. E fin qui niente da dire.

Però ci sono alcune considerazioni che mi sento di dover condividere.

Primo: mi sono fermato meno di dieci minuti di fronte a casa mia, il tempo di prendere un oggetto che doveva consegnarmi mio padre. Aggiungo che ho azionato le quattro frecce. Meno di dieci minuti in cui le zelanti vigilesse, perché di due vigilesse si trattava, sono arrivate, hanno scritto, e sono ripartite, tanto che quando sono uscito dal portone camminavano tranquillamente davanti la Cassa di Risparmio di Lucca. Bene. Ho corso per chiedere loro spiegazioni, quantomeno per replicare a così tanta solerzia, e mi è stato detto che le due pubbliche ufficiali hanno aspettato un sacco di tempo prima di procedere, hanno guardato in giro, hanno chiamato e fischiato. Mi hanno dato una possibilità, in sostanza, cosa che non è affatto vera dal momento che la rapidità di esecuzione nell’applicare la legge, abbinata alla breve sosta, indica che loro erano già in zona. Mi hanno senz’altro visto parcheggiare e scendere, hanno senz’altro visto anche il portone in cui sono entrato e sarebbe stato facile assecondare questa loro spinta di generosità semplicemente suonando il campanello. Invece non è parso loro vero di poter tirare fuori penna e taccuino. E, ripeto, ci sta perché me la sono meritata. Ma non aggiungiamo al danno anche la beffa della presa in giro pubblica e ufficiale. Questo non mi sta bene.

[dw-post-more level=”1″] Secondo: il giorno seguente sono andato a protestare all’ufficio della Municipale. Non per la multa in sé, ma per il trattamento. E passando, a piedi, nello stesso punto in cui mi ero beccato il pecuniario biasimo il giorno prima, ti vedo un ape parcheggiata. Stesso punto, ma senza multa. La cosa che mi ha fatto sorridere è il fatto che dall’altra parte della strada, quindi a pochi metri, quindi con il mezzo in divieto di sosta bene in vista, il vigile, che era presente e perfino girato dalla parte giusta, abbia fatto finta di niente. La tentazione di dirgli qualcosa è stata forte, ma per evitare inutili discussioni in pubblico, ho preferito proseguire nel mio intento. Tra il salire a palazzo Pancrazi, lagnarmi e tornare in Largo Roma, è passato un po’ di tempo. E l’ape era sempre lì. Ferma e impunita. Naturalmente adesso ci faccio caso, e per tutto il resto della mattinata, e anche quelle successive, e i pomeriggi, le sere, giorni di festa e feriali e praticamente sempre e in ogni momento, le auto hanno continuato e continuano a sostare come se sapessero che le multe colgono, con precisione chirurgica, alcuni cittadini e altri no.

Terzo: avendo io abitato per 30 anni, e i miei tutt’ora, in via Pascoli, posso dire che a volte è difficile perfino uscire di casa. Questo perché le macchine addirittura vengono posteggiate sul marciapiede e in certi bloccano del tutto l’uscita, tanto che bisogna strofinarsi alla suddetta macchina o al muro, o a tutti e due, per poter usufruire di quel sacrosanto diritto che è la libertà di uscire di casa. Se poi, per caso, piove, non vi sto a dire come si riducono giacconi e pantaloni. Le macchine restano in sosta tranquillamente per ore. Piove, ma non sono certo le multe a venire giù. Per non parlare dello spazio privato dove mio padre tiene macchina e ape, un giardinetto tra la casa e la vicina agraria per il quale si paga regolarmente l’accesso in quanto esso interrompe il comunale marciapiede, seppure per poche decine di centimetri perché poi il comunale marciapiede finisce. Questo ricovero privato è dotato di un cancello e sul cancello c’è un bel cartello che dice “Divieto di sosta”. C’è anche il simbolino relativo, tante volte uno non sapesse leggere. E’ chiaro che è solo decorazione, perché gran parte delle volte che c’è da entrare o uscire con la macchina, è una lotteria cercare il proprietario dell’auto che ci sta parcheggiata bella precisa davanti. Nella maggior parte dei casi è qualcuno che si reca all’agraria e lo rintracciamo subito, ma in altri casi si tratta di soste per urgenti colazioni al vicino bar, o addirittura c’è chi va a fare comodamente la spesa. E anche in questo caso i vigili non si vedono. O se ci sono, non vedono. E se poi capita che lì, proprio in quel punto, si incontrano la bisarca che porta le auto alla Fiat e un autobus di linea, vuoi che non ci sia una macchina in sosta ad agevolare lo scorrimento? E sì, il vigile giunge, ma il proprietario – senza neanche correre, ci mancherebbe che dovesse fare anche quella adesso – ha tutto il tempo di salire in macchina e sparire senza che nessuno scriva.

Questo per raccontare i retroscena che mi hanno spinto a scrivere. Io ho sbagliato e non sono in cerca di favoritismi. Pago, anche se  forse non con la stessa solerzia con cui sono stato multato, e la morale è che la macchina di certo lì non la lascerò più. A differenza di certi habitué del parcheggio abusivo, che evidentemente sono intoccabili.

Simone Togneri

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