Nessuno mi può giudicare

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NESSUNO MI PUO’ GIUDICARE – di Massimiliano Bruno  -Italia 2011:

Alice (Paola Cortellesi) è una signora borghese antipatica, classista, razzista con un figlio di 9 anni (Giovanni Bruno) e un marito che ha fatto la fortuna nell’industria igienica (con la esplicita ditta “Chicago”). Con l’improvvisa morte del coniuge, Alice scopre che il loro benessere era in realtà una montatura: l’impresa è sul lastrico, ci sono debiti a non finire e i beni di famiglia sono tutti pignorati. Abbandonati dal resto della upper class, donna e figlioletto ripiegano in un misero alloggio in periferia nello stabile governato dal cafon – fascista Lionello Frustace (Rocco Papaleo) e abitato da un popolino che più minuto e nazionalpopolare non si può. Nelle ristrettezze Alice giunge ad una decisione: per rimettere in carreggiata le proprie finanze esiste solo un mestiere in grado di assicurare guadagni veloci e facili, cioè la escort. Con l’aiuto di Eva (Anna Foglietta), un’esperta entraineuse, Alice si immette sul mercato telematico con il nome d’arte di Torbida Morena, raggiungendo poco a poco un discreto successo; ma, tra dilemmi morali, mille stratagemmi e clienti folli, a complicare le cose si aggiunge anche Giulio (Raoul Bova) che, a discapito dell’iniziale astio, comincia a provare del tenero per Alice, ricambiato. Le conseguenze avranno risvolti tragicomici.

Nessuno mi può giudicare costituisce l’esordio alla regia di Massimiliano Bruno, uno dei più simpatici caratteristi sulla piazza; privilegiato aspetto della pellicola si evidenzia nell’utilizzo di una serie di altrettanto  bravi caratteristi nei ruoli minori, quali Hassani Shapi, Valerio Aprea, Lillo (di Lillo e Greg), Lucia Ocone, Pietro de Silva, Caterina Guzzanti, Riccardo Rossi, addirittura Fausto Leali.

Il film è divertente, agile, amaro. Lo sfondo sociale è costituito da una società manichea bipartita comandata dal quattrino. O si è ricchi (possibilmente in maniera disonesta) e ci si può permettere ogni cosa (basti vedere le prime scene della vita “in agio”, o la variegata clientela della Cortellesi), o si è modesti quando non poveri, in tal caso dotati di una cultura degna di un programma di Maria de Filippi con annesse abitudini qui molto caricaturalizzate: in spiaggia a Ostia, cene pantagrueliche di condominio, tolleranza filo nazista ma tanti buoni sentimenti (il personaggio di Rocco Papaleo, che è di una crudezza straordinaria, incarna a pieno questa “bestialità” italiota). Tuttavia Bruno, seppur correggendo il tiro (i condomini in fondo sono poveri diavoli, solidali e amichevoli), non usa registri grossolani, anzi fa propria arma un sarcasmo a tratti garbato, a tratti feroce ma mai casuale, anzi ricercato (basti pensare che si è tanto parlato della scena in cui Papaleo dice “Bianchi e neri siamo tutti uguali? Ma che siamo, in un film di Nanni Moretti?” non è altro che una ripresa scherzosa di un’identica scena del film Ecce Bombo dello stesso Moretti).

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