Premio giornalistico Arrigo Benedetti: i migliori articoli delle scuole

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Anche gli allievi delle scuole della provincia hanno partecipato al Premio giornalistico Arrigo Benedetti con un bando a loro dedicato, suddiviso in due sezioni per Licei e i Istituti tecnici e professionali.
Gli allievi che hanno inviato i loro elaborati, tutti quanti insigniti con una medaglia e un attestato di partecipazione, sono:

Matteo Buonaiuto, Simone Buscio, Diego Graziani, Arnold Doga (ISI “S. Simoni – ITI “F. Vecchiacchi” di Castelnuovo Garfagnana);

Fabio Lenzi (ISI della Piana di Lucca – ITCG “A. Benedetti” di Porcari);

Michael Domenici (IPSSAR “G. Marconi” di Viareggio);

Michela Bartoletti (ITC “F. Carrara” di Lucca);

Martina Levrini (ISI di Barga – IPSSAR “Fratelli Pieroni”);

Linda Biagioni, Giulia Prosperi, Serena Amedei, Alessia Poli (ITCG “L. Campedelli” di Castelnuovo Garfagnana);

Alessia Amadei, Michele Muzzarelli (ISI di Barga – Liceo Linguistico “G. Pascoli”)

Benedetta Tomei (Liceo Sociopsicopedagogico “N. Machiavelli” di Lucca)

Lia Santi (ITC “A. Magri” di Barga)

Gli elaborati vincitori, premiati con un assegno di 300 euro, sono risultati quelli di Benedetta Tomei, (sezione Licei) e di Lia Santi (sezione Tecnico-professionale) che pubblichiamo di seguito:

Eutanasia: delitto o affermazione di libertà?
Di Benedetta Tomei

Si è concluso a Berlino il Convegno europeo sul tema dell’eutanasia dal titolo: “Eutanasia: delitto o affermazione di libertà?”, organizzato per diffondere la conoscenza delle reciproche opinioni tra i vari paesi e dibattere su di esse nell’ottica di realizzare, in un futuro indefinito, un’unica legge a livello comunitario.

Erano quindi stati chiamati a partecipare i parlamentari dei vari paesi ma anche intellettuali, scienziati, medici e l’invito è stato raccolto da un gran numero di  persone.

I partecipanti si sono confrontati per tre giorni su un tema molto attuale e sentito (anche dai singoli cittadini), discutendo anche animatamente, in quanto le posizioni esposte risultavano spesso molto discordanti tra loro: si è creata, infatti, una divisione piuttosto netta tra gli intervenuti, da un lato coloro che vedono l’eutanasia come un delitto, un peccato e, quindi, una pratica da vietare; dall’altro, chi la ritiene una affermazione delle libertà individuali, una legittima richiesta di una fine dignitosa, una cessazione di incurabili sofferenze.

Inevitabilmente, spesso il dibattito ha ruotato intorno all’opposizione tra etica religiosa e quella laica, anche se diversi relatori hanno cercato di allontanare le riflessioni da questo ambito.

Il senatore italiano Polledri ha esposto i contenuti di un disegno di legge presentato nel 2006 nel quale il relatore si dichiara contrario all’eutanasia “…intesa  come qualsiasi azione che per la sua stessa natura  procura la morte del soggetto, allo scopo di eleminare i dolori patiti dallo stesso”, vietandola anche nel caso in cui sia espresso il consenso della persona direttamente coinvolta.

Il disegno di legge prevede inoltre che nè i medici né altri operatori sanitari possano effettuare trattamenti finalizzati a provocare la morte del paziente.

Il pensiero di Polledri coincide con quello della Chiesa, la cui posizione in merito al tema in discussione è stata espressa dal cardinale Javier Lozano Barragan, ministro della salute dello Stato della Città del Vaticano: “… La Chiesa è sempre per la vita, e quindi contro ogni ipotesi di dolce morte sia attiva che passiva. La Chiesa si rivolge anche a chi non crede perché la dignità umana è un bene universale.” Il cardinale ha poi rivolto un appello ai parlamentari cattolici affinchè si facciano promotori di iniziative legislative che vietino l’eutanasia.

Anche il parlamentare italiano Pierluigi Castagnetti (vicepresidente della Camera dei Deputati all’epoca della discussione sul disegna di legge Polledri) ha affermato un principio simile, sostenendo che la discussione non deve risolversi in uno scontro tra credenti e non credenti, poiché “…non è necessario essere cattolici per affermare la sacralità della vita”. Castagnetti ha proseguito affermando che non è accettabile che la libertà dell’individuo riguardo la vita debba essere debba essere tutelata in ogni sua forma, altrimenti “…si arriverebbe alla legittimazione di tutte le forme di eutanasia, ma anche alla legittimazione morale del suicidio”.

Uno dei partecipanti al Convegno (che ha preferito rimanere nell’anonimato) ha riportato invece il dibattito sul confronto tra etica religiosa ed etica laica: “Quella religiosa tende adestendere a tutti le scelte di una parte della società. L’etica laica, invece, consente ai singoli individui scelte difformi, senza impedire in alcuna maniera ai credenti di vivere o morire secondo le loro convinzioni”.  Egli ha dichiarato, quindi, che l’eutanasia deve essere consentita, tutelando la volontà del paziente e prevedendo anche la validità del testamento biologico. “Il dovere del medico-ha concluso l’anonimo convegnista- è quello di porre fine al dolore, in quanto ognuno ha il diritto di vivere dignitosamente e il dolore inutile non ha giustificazioni, né etiche né religiose”.

La posizione e le leggi dei vari paesi europei in merito alla legittimità o meno della “dolce morte” mostrano tra loro numerose differenze: l’Olanda è stato il primo paese al mondo ad aver legalizzato l’eutanasia, purchè richiesta ripetutamente dal paziente. In Austria, una legge permissiva sull’eutanasia è stata abrogata nel 1977. In Svizzera è tollerato il suicidio assistito, che viene organizzato da un’associazione privata. In Svezia, l’eutanasia non è perseguita legalmente. In Germania essa non è reato, purchè il malato sia capace di intendere e di volere e ne faccia esplicita richiesta.

Dopo tre giorni di confronti su posizioni molto diverse e molto diversamente motivate, il Congresso si è concluso, ma il dibattito sul tema si prospetta ancora molto lungo. Le differenze culturali, religiose, storiche dei singoli paesi che compongono l’Unione europea risultano molto evidenti nell’espressione di opinioni su temi così delicati e complessi. Il progetto di giungere alla elaborazione di una legge valida  in tutta Europa appare al momento utopico.

Ma non apparve un’utopia anche la costituenda Comunità economica europea ai politici di diversa nazionalità che sottoscrissero il trattato di Roma del marzo 1957 dal quale si è sviluppata la nostra storia di cittadini d’Europa?

Motivazione della giuria: “testo equilibrato, scorrevole, che affronta con coraggio un argomento particolarmente attuale e complesso.”

L’economia della parola. L’intervista impossibile. Ciao Dante, anzi arrivederci
Di Lia Santi

Firenze, 15 Aprile 2012 – Nei giorni scorsi correva voce che il sommo poeta Dante Alighieri, avesse fatto ritorno in città. Oggi, in questa fresca giornata primaverile, armati di sano scetticismo, abbiamo deciso di fare una passeggiata in centro. Dopo tanto vagare resta solo da controllare nel giardino di Boboli. Avvicinandoci alla biglietteria il nostro scetticismo, che si stava ormai tramutando in certezza scientifica della “panzana mediatica”, si trasforma come per incanto in: stupore, lingua felpata ed imbarazzo da primo appuntamento.

Il perché?! Davanti a noi si svolgeva una scena che pareva uscita da un remake di “Non ci resta che piangere” e degna del miglior Troisi: il bigliettaio del giardino cercava di spiegare ad una strana coppia di turisti che per accedervi bisogna pagare il biglietto ma essi, indignati, smanaccavano ed inveivano uno con un latino incomprensibile e l’altro con un italiano ridondante e quasi arcaico.

Sembrerà il solito cliché ma se non fosse stato per il possente naso aquilino (la storia non gli rende giustizia) mai e poi mai avremmo creduto ai nostri occhi e soprattutto alle nostre orecchie: Dante Alighieri e Virgilio si trovavano davanti a noi.

Vedendoci arrivare il poeta e la sua guida si sono rivolti a noi cercando la nostra comprensione ed il nostro supporto. Queste le parole di Dante (il solo dei due che abbiamo compreso): “Oh quanto è corto il dire e come fioco al mio concetto! E questo, a quel ch’i vidi, è tanto che non basta a dicer poco” poi continuò “Oh gente venite a noi s’altri nol niega!”.

Nonostante questa fosse per noi l’ennesima prova che si trattava del vero Dante, il bigliettaio è rimasto fermo nella sua posizione, credendo che si trattasse dell’ennesima trovata strampalata per entrare gratis o forse uno scherzo de “Le iene” per mettere alla prova l’intelligenza del povero municipale. Nel tentativo disperato di rompere l’imbarazzante momento di empasse e con la spudorata intenzione di avere un buon pretesto per fargli un’intervista, abbiamo ben pensato di pagargli noi l’ingresso e gli abbiamo riferito: “Non vi curate di lui ma guardate e passate”.

Dopo i convenevoli, il poeta, entusiasta del nostro intervento non ha perso l’occasione di manifestare tutto il suo disappunto per i profondi cambiamenti trovati al suo ritorno nella sua città natale, dalla struttura urbanistica a quella sociale.

Dante: “Oh mia Firenze quante volte, per quanto la memoria ci consenta di ricordare,hai cambiato leggi, monete, incarichi ed abitudini, ed hai rinnovato i tuoi cittadini! E se hai buona memoria ed un poco di intelletto, vedrai quanto tu assomigli ad una donna malata, che non riesce a trovare la giusta posizione su di un letto di piume, ma si rigira continuamente per cercare di alleviare il proprio dolore”. Sfruttiamo l’occasione per ringraziarlo della grande opera che ha scritto, considerata uno dei più grandi patrimoni dell’umanità. Allorché inizia un vero e proprio dibattito tra noi e l’eccelso poeta sulla questione della lingua.

Dante: “Perché se la mia opera è così autorevole e diffusa ho udito nella piazza principale alcuni giovinotti prodigarsi in conversazioni tanto povere sia di contenuti sia di lessico? Al sentirli proferir parola sono rabbrividito! Usavano un linguaggio a cui non si spingevano neppure i più bruti del mio tempo. Menomale che ai miei tempi si parlava il volgare” (rideva).

Noi: “In particolare cosa l’ha colpita del nostro linguaggio? Che ne pensate?” Dante: “Scrissi la Divina Commedia per propagare la lingua parlata dal volgo; un mezzo mediante il quale tutti potessero comunicare ma ivi trovo una lingua scarna, arida, indubbiamente schietta: pudibonda ed incurante dei giudizi altrui in cui sta smarrendo man mano la posizione di rilevanza della favella.
I numerosi vocaboli, frequentemente, vengono pronunziati privi di cognizione di causa ed il popolo se ne serve solo in modo letterale e non allegorico e morale. Sono profondamente frustrato che la mia grande premura per affinare l’idioma mediante l’uso di figure retoriche che riescano a trasmettere emozioni in chiunque legga non si sia diffusa tra i giovani. Essi, a mio avviso, sono dotati di molte parole, mio malgrado, le peggiori.Conoscere più parole significa avere più frecce nella faretra da scagliare col proprio arco: sia per le cose più nobili come l’amore, sia per le cose più inette come le guerre. L’arte oratoria deve trasmettere emozioni e si basa proprio sul presupposto che esporre lo stesso contenuto con parole più oculate fa la differenza”.

A questo punto la nostra conversazione si interrompe a causa dello squillare del cellulare di un passante che ha spaventato il poeta. Incuriosito si è messo ad ascoltare con aria perplessa la conversazione telefonica del ragazzo e continuamente girava la testa cercando di capire a chi si stesse rivolgendo.

Il ragazzo diceva: “Ciao, come va? […] Ok allora ne parliamo stase. Ci si becca!”. Dante (a bassa voce): “Ma questo giovinotto vaneggia! Parla a quella scatoletta nera quasi gli risponda, e pensa che dentro ci sia una gallina!” Dopo aver capito che l’equivoco nasceva dall’uso improprio del verbo “beccare”, abbiamo cercato di spiegargli cosa sia il cellulare ma, nonostante sia un uomo di ampie vedute, i settecento anni che ci separano da lui sono veramente troppi, così abbiamo spostando i suoi pensieri sul significato della telefonata.

Noi: “Non è l’italiano ufficiale, è una specie di lingua parallela elaborata e diffusa tra i giovani per rendere la conversazione sempre più dinamica, economica, sia per il tempo che per le parole: è immediata”. Dante, in un primo momento è titubante, successivamente, folgorato dall’immaginazione dei giovani, ha esclamato: “Che ingegno! E’ una sorta di lingua in codice, ora si che tutto m’è chiaro! Vedevo le genti correre senza capirne il motivo, ma quando voi m’avete parlato dell’economia del tempo e delle parole ho compreso che questo secolo, in cui tutti siete ricchi di beni, di cibo, di acqua e siete liberi di girar in ogni dove, senza bisogno del cavallo e della scorta, siete in realtà molto poveri.”

Inizialmente non abbiamo capito: “Poveri di cosa? Di che povertà state parlando?”. E lui: “Miei cari, non ci si può lamentar del linguaggio e dell’importanza che esso ha assunto, in quanto ogni linguaggio è strettamente legato al proprio tempo e voi non ne avete più”.

Siamo rimasti letteralmente attoniti, come chi riceve una rivelazione e, dopo aver distolto lo sguardo per un istante, non l’abbiamo visto più. Ci rendiamo conto che la cosa sembri inverosimile ma il nostro dovere di giornalisti ci impone di rendervi partecipi di questa nostra esperienza, poiché le parole di Dante generino anche in voi un sentimento di rivincita rispetto a chi e a cosa ha rubato il nostro tempo, con l’auspicio che, dopo aver aperto gli occhi, riusciamo tutti insieme a riconquistarlo. Solo quando il tempo sarà di nuovo nostro, allora anche l’economia della parola non sarà più necessaria ma saremo liberi di parlare e scrivere come realmente vogliamo.

Semmai voi steste leggendo questo articolo, vi ringraziamo per il nuovo dono che avete fatto al mondo e siccome non ne abbiamo avuto modo la salutiamo: “Ciao Dante, anzi, arrivederci”.

Motivazione della giuria: “Un testo caratterizzato da creatività, chiarezza, vivacità.”

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