Notre Dame de Paris: un libro, un musical

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Col 2011 compie dieci anni. E per me è l’anniversario di un amore decennale. Con tanta fortuna, ho avuto la possibilità di festeggiarlo qui, a Firenze. Dietro i tendoni emerge il severo campanile di Santa Croce che contrasta con la più artificiosa facciata, il cui timpano viene a tratti illuminato da un fascio di luce. Il cielo è plumbeo, e almeno fino ad un’ora prima dell’esibizione la pioggia non rinuncia a cadere. Non so se tra la gente che in pochi minuti ha gremito la piazza ci siano più appassionati, o curiosi; ma credo che in pochi possano provare per questa opera ciò che provo io. Questa musica ha accompagnato buona parte degli ultimi dieci anni della mia vita, rinnovandosi continuamente nei significati, nelle note, nella lettura della mia stessa esistenza; ed ho atteso tanto per assistervi dal vivo! E questa sera chi si volterà verso di me vedrà una scema che con le labbra accompagna gli interpreti silenziosamente, a memoria, parola per parola.

Quando nel 2003, a due anni dalla prima, questo musical ebbe il suo boom, ebbi la sorte di rimediare anche il libro, l’antigrafo da cui un manipolo di geni era riuscito a trarre questo capolavoro. E lo lessi in due, tre giorni. La professoressa di francese alle superiori aveva avvertito che l’inizio di Notre Dame de Paris era “un peu penible”. E in effetti lo era, artificiosa ricostruzione volta a spiegare il momento storico in cui si svolgono le vicende. Non è un’epoca o un luogo qualsiasi: “E’ una storia che ha per luogo Parigi nell’anno del Signore 1482 storia d’amore e di passione…”. Il tempo delle cattedrali, la canzone di apertura del nostro musical. Un momento di svolta, non più Medioevo, non ancora epoca moderna. Le cattedrali si ergono ancora maestose contro il cielo, la Chiesa detiene il mondo e il sapere; ma qualcosa sta arrivando a sconvolgere questo secolare equilibrio. Lo percepisce bene Claude Frollo, arcidiacono di Notre Dame. Questo ucciderà quello, pensa: “questo” è un libro stampato dalle neonate presse di Gutenberg, “quello” è l’edificio maestoso che ha scandito la sua specchiata esistenza fatta di studio e virtù. “Gutenberg è il precursore di Lutero”, comprende lo stesso Hugo. Di una circolazione di idee, di una diffusione incontrollabile e incontrollata di notizie; una libertà che Frollo da una parte contrasta, come causa scatenante del crollo del mondo in cui ha sempre creduto, e che dall’altra lo affascina, vittima di uno smodato amore per la cultura, per le sue due amanti, la religione e la scienza. E il crollo avviene con una figura che nel libro resta un miscuglio di innocenza, sventatezza, fervore giovanile; mentre nel musical è una figura potentemente sensuale e ignara amante della vita. È la Esmeralda. Una zingara, una gitana; una straniera. Una che fa parte degli “altri”.

Qui sta la potenza dell’opera, musicale e letteraria. Sì, è straordinario e vivido il modo in cui rappresenta l’amore, le diverse nature dell’amore, la passione, l’irrinunciabilità, la follia. Ma quello che veramente la rende degna di essere è uno straordinario senso di attualità. Come non si possono vedere in quel “noi siamo gli stranieri, i clandestini” le masse di gente che ancora oggi invadono disperatamente i nostri paesi? Esattamente come a quell’epoca. Come non possono venire alla mente, di fronte al violento regime di polizia instaurato da Febo di Chateauperes, alcuni (fortunatamente rari) episodi della nostra cronaca nera quotidiana? E nella Esmeralda, l’oggettizzazione della donna, figura da proteggere, da possedere, da ingannare, mai da rispettare? E non si sono scritti forse fiumi di saggi su Quasimodo, uno dei rari diversabili protagonista di un’opera letteraria, rappresentato come creatura inumana e in realtà dotato di tutt’altra natura?

Questa sera vedrò cose straordinarie, che non mi sarei attesa. Interpreti eccezionali. Una tempistica e una gestualità perfette, riprodotte da dieci anni a questa parte sempre uguali a sé stesse, con fedeltà assoluta. Un’esecuzione canora da brividi, eccezionale, senza neppure una sbavatura. Una scenografia francescana, come la chiesa di Santa Croce che le fa da sfondo, ma ricca di sorprese, effetti speciali, piccole attenzioni, dettagli. Coreografie indicibili. Al termine, Cocciante in persona salirà sul palco per godere la parte di applausi a lui spettante. Ma quello che veramente ritroverò sarà tutta una gamma di colori, di sensazioni, di emozioni,  soprattutto di riflessioni. Quanto è difficile da trovare oggi, un’opera letteraria, cinematografica, musicale, televisiva che faccia genuinamente cultura! Che dia la possibilità di pensare! Stasera accadrà. Così si festeggiano dieci anni di amore. Ma ora silenzio. Le luci si spengono. Lo spettacolo comincia.

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