Arti Differenti: intervista con Raffaele Santalucia

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Raffaele Santalucia, pittore
«Impulso sconosciuto, l’arte, che mi spinge ad esternare le mie emozioni con esplosioni di colore e movimento […] L’imperfetto, l’asimmetrico, l’irregolare e il particolare. Questo è quello di cui mi nutro

Raffaele Santalucia, 36 anni, pisano, da sempre attratto verso le espressioni artistiche pittoriche e musicali. C’è una persona in particolare che è stata determinante per il tuo percorso artistico?

Parlando di artisti famosi, non ho dubbi, cito Eugène Delacroix di cui posso riassumere la  filosofia in questa sua frase: la fredda esattezza non è l’arte. Se invece parliamo di tecnica, è stato il maestro Bruno Pollacci che mi ha insegnato l’ “abc” del disegno per entrare all’accademia.

Hai discusso una tesi di diploma all’Accademia di Belle Arti fiorentina intitolata “Teoria e metodo dei Mass media”. Raccontaci brevemente il tuo studio.

È stata una tesi sui codici visuali e le strutture di alcune riviste d’arte in Italia, discussa con il Prof. Nicola Corradini, che mi ha permesso di entrare nei meccanismi della grafica, rivelandomi tutte le regole su cui la stampa è imperniata. Le teorie affascinanti del carattere (testo) fin dalla sua nascita, perché e come è stato creato, l’analisi dell’impaginazione, la scelta della carta, il formato…

Il tuo rapporto con i nuovi mass media. La tecnologia è un’occasione significativa per lo sviluppo di nuovi linguaggi espressivi d’arte?

Sicuramente. La tecnologia ha un’influenza potentissima sull’arte, poiché viviamo in questa era futuristica. Però preferisco l’approccio concreto, il gesto, la fatica fisica del produrre un’opera d’arte alla vecchia maniera.

Racconta la tua esperienza alla scuola di Fumetto Livingstone di Pontedera.

E’ stata un’esperienza bellissima che ha cambiato radicalmente il mio modo di sentire il disegno. I miei insegnanti, Riccardo Bogani e Riccardo Pieruccini, hanno aperto le porte del fumetto che erano già dentro di me, ma erano chiuse. La dinamica, l’espressività del segno, ecco cosa ho imparato.

Hai esposto tue opere non solo in Italia, ma anche in capitali europee come Londra e Berlino. Hai trovato all’estero un approccio diverso nel modo di percepire gli artisti?

In Italia c’è la cultura del “Dipingi? Ah, bello… ma che lavoro fai?” All’estero e soprattutto nelle capitali come Londra e Berlino, ci sono invece le avanguardie e la gente è più interessata a vedere cosa s’inventa un artista.

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