Un omaggio di Maria Vittoria Stefani a Giovanni Pascoli

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Barga: “Ma non muore il canto…”

Credo che tutti conosciamo o abbiamo sentito parlare di questa donna che ha per nome Maria Vittoria. Penso di sì ma se non lo fosse diciamo che vive a Viareggio – luogo pianeggiante e più consono alla sua bellissima età – però, seppur lontana, il suo cuore è qui e ogni mattina che si sveglia ha negli occhi l’immagine della sua Barga, che ama in ogni suo aspetto, in ogni sua stagione e che di essa è una delle testimoni più affascinanti per averla vissuta molto da vicino in sintonia con il caro notaro Riccardo. Ebbene, questa Signora, dopo tante pubblicazioni che parlano al cuore dei Barghigiani, oggi torna a noi con un nuovo lavoro, un omaggio a Giovanni Pascoli nel suo centenario della morte.

Come dal titolo: “Barga – Ma non muore il canto… a Giovanni Pascoli”, si parla del poeta ma senza indugi; tutto è svelto ma al tempo stesso, nella sua essenzialità, intenso.

È, infatti, un piccolo libretto di 15 pagine che si apre con la data “9 aprile 1912”, il giorno in cui Giovanni Pascoli, la sua salma, tornò alla sua terra, la sua seconda patria tanto amata e diletta e: “Il Serchio rotolò il suo singhiozzo cui fece eco, più fioco, il Rio dell’Orso… sopra il leggio di quercia, sull’altana, era chiuso il libro del mistero, ferma l’invisibile mano che lo sfogliava avanti indietro-indietro avanti“.

Era quello il libro che Pascoli sentiva sfogliarsi nell’ansia esistenziale della poesia “Il Libro”: ora esso stava lì sotto le stelle, ferme le pagine e chiusa in loro l’affannosa e dolce ricerca.

Questo è il ritmo del lavoro di Maria Vittoria, la quale, per ridire di quel viaggio di ritorno e soprattutto dell’attesa dei barghigiani, sfoglia i giornali locali d’allora: La Gazzetta di Barga e La Corsonna, ma riprende i soli titoli per comunicare ai lettori lo stato di Barga alla notizia della morte di questo suo grande amico.

Brevi cenni ma, appunto, intensi: “Nella notte tormentata dalla pioggia e dal vento una innumerevole folla accompagna la salma del Poeta”. Così apriva la Gazzetta di Barga uscita il giorno 10 aprile. Mentre La Corsonna, uscita il 7 aprile, così titolava il suo omaggio al Poeta: “Tutto non muore ciò che muore con noi”, poco sotto pubblicava il testo del telegramma che annunciava a Barga -“Bologna ore 17,30 -Pascoli ha cessato di vivere pochi minuti fa”.

Questo il taglio del lavoro, sintetico e asciutto ma vissuto dall’autrice e vivibile da noi con emozione. Poi si riportano nel testo espressioni di stimati barghigiani e amici del Pascoli, quali il dott. Alfredo Caproni, oppure Ettore Cozzani, esternanti quale e quanto fu l’amore del Pascoli per la sua terra d’adozione, poi ripetute cinquanta anni dopo da Libera Caselli: “Quando venni a Barga… capii che cosa Barga e Castelvecchio fossero stati per l’uomo Pascoli e per il Poeta. Qui, a Barga, tutto parla di lui, qui a Barga, diremo meglio, e Lui che parla dappertutto”.

Quando venne tra noi a Castelvecchio, nel giardino della sua casa piantò la cedrina di S. Mauro che da dieci anni portava con sé, quale segno che la villa Cardosi ai Caproni, ora era la sua casa e il suo rifugio.

Questo lo possiamo leggere nel capitolo “Sul colle di Caprona”, tre pagine o meglio tre pennellate di grande colore e calore.

Seguono i capitoli “L’ansia esistenziale”, come già detto espressa dal Poeta nella poesia “Il Libro”, poi “Il dolce mondo”, in cui l’autrice osserva che d’allora, dalla morte del Poeta – era il 1912 – (data che potremmo legare alla memoria dell’autrice nata a soli sei anni di distanza) quel mondo non c’è più; tutto è cambiato: “La Valle, assordata da altri rumori, non echeggia più il suono delle nostre campane e dell’ora…”, in altre parole non canta più a noi quel mondo, tutto è un ricordo che la sola poesia del Pascoli ha il potere di svelarci come altra penna mai seppe dire.

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