Miracle at St. Anna. Da Chicago pensieri liberi su due favole

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Premetto che ho visto il film “Miracle at St. Anna” (Miracolo a Sant’Anna) e ho letto il libro da cui è stato tratto. Queste due opere non hanno quasi per niente attinenza storico-geografica alle vicende descritte. Io, italiano, da quarant’anni in America, cerco di analizzarle nel loro valore intrinseco, conoscendo assai il substrato umano del nero Americano.Boommm!!!!! La deflagrazione assordante, terrificante dello scoppio di una granata Tedesca che semina lo scompiglio in un eterogeneo, terrorizzato, disordinato gruppo di soldati di colore americani dà il vero inizio a questo film di Lee che è una bella favola tratta dall’altrettanta bella favola che è la novella di J.Mc.Bride: Miracolo a Sant’Anna.
A conclusione di questa battaglia al limite occidentale della linea gotica durante la II guerra mondiale, una squadra di 4 soldati neri della 92A divisione Bufalo si ritrova al di là delle linee nemiche.
Sia nel libro che nel film i personaggi sono gli stessi: un bimbo ferito un gigante nero che per salvarlo si è trovato per primo al di la delle linee nemiche, altri tre neri che avevano invano cercato di riportarlo in zona Americana; questo gruppo vive le sue vicissitudini in un ambiente ruvido, selvaggio quanto incantevole tra le cime apuane in una piccola comunità della Garfagnana dove finiscono per rifugiarsi. Il tutto in mezzo a una Guerra con le sue atrocità le sue incongruenze, le sue devastazioni materiali e morali.
Possiamo capire meglio ora perché siamo di fronte a due favole. Le due favole si diversificano a seconda di quale dei tre elementi di cui sopra: ambiente, substrato umano, guerra, è maggiormente analizzato,enfatizzato.
Mc.Bride è interessato più che altro all’elemento umano; ambiente e guerra fanno da sottosfondo; la immane tragedia di Sant’Anna non è minimizzata ma è solo accennata con scarsi anche se brutali dettagli (i bambini finiti a colpi di baionetta).
TRAIN, il “gigante di cioccolata,” in questa sua analisi, risulta il nero del “deep south” del profondo sud degli Stati Uniti o meglio degli stati confederati che, anche se liberato dalla schiavitù dai tempi di Lincoln, si sente ancora succube del bianco che lo considera addirittura inferiore a nemici prigionieri tedeschi, come plasticamente rappresentato nel film al tempo che la 92A divisione si addestra in Louisiana.
BISHOP è l‘altro“colored” del “deep south”ma di natura completamente opposta. Non accetta una vita di servilismo. Dalla terra in cui vive ha preso tutto il pragmatismo che governa ogni sua attività. In tempo di pace, con la sua buona oratoria, la sua bella presenza e penetrante fascino riesce a fondare una setta religiosa che fa presto molti proseliti ma quando la sua fede è messa in dubbio dai suoi commilitoni, non perita di rispondere che crede in Dio solo quando predica. Ora, in guerra, lontano dalla sua “parrocchia, sperso tra questi monti, continua a vivere di rendita con i suoi proseliti che gl’inviano senza interruzione pacchi di provviste dagli USA; con il suo mellifluo comportamento, la sua ostentata eleganza e bella presenza riesce a estraniarsi dalla tragica realtà e a dedicarsi più volentieri a intermezzi galanti erotici con una giovane avvenente del paese.
STAMPS è il terzo nero, il leader della squadra. È il “nordista”dagli stati est degli USA. I suoi antenati avranno lasciato il sud attraverso gallerie sotterrane per raggiungere il ricco, industrializzato, “emancipato”nord. Essere nella Bufalo come sottufficiale rappresenta per lui l’opportunità di sentirsi interamente Americano equiparato all’americano bianco.
Poi c’è HECTOR nero, ma nero portoricano. Ci sono situazioni sfumature in un film, specialmente in un film doppiato, che sfuggono o meglio non possono essere comprese da un non Americano. Hector si sente di Portorico prima, Americano poi, nero”Americano” mai!! La parlata, il comportamento distingue chiaramente i due neri. Così si sente estraneo a questo gruppo. Si sente penalizzato per essere nella Bufalo e non in un’altra divisione, come suo cugino, che si trova in Francia dove tra l’altro non ha difficoltà ad avere avventure galanti. Lo spagnolo che conosce ha affinità all’italiano.
Per prevenire la possibilità di finire nella Bufalo sbaglia di proposito l’esame finale del corso a cui si era dovuto iscrivere. Il risultato? Qui, in un paesino sperduto di montagne che non sapeva esistessero, con tre neri “americani”e un denutrito, smilzo bambino, ANGELO, l’ultimo personaggio principale.
Angelo di nome e di fatto: è il personaggio dei miracoli; il primo lo compie quando appare al “gigante di cioccolata” saltellante, nascosto sotto una rudimentale cupola di paglia, per rifugiarsi dalle granate in un metato. Ha ottenuto queste doti miracolistiche quando è riuscito, incredibilmente, a sopravvivere al massacro che i suoi 560 compaesani hanno subito. E, quando di bisogna, ricorre ad Arturo suo fantastico compagno che lo rende invisibile, al di fuori della cruda realtà che lo circonda. La sua figura con la sua purezza, innocenza e calda umanità progressivamente influenza ciò che contatta.
TRAIN è il primo a essere irretito dal suo amore; è il primo bianco che può toccare, curare proteggere e ben presto anche lui si sentirà capace di rendersi invisibile. Contagia poi gli altri personaggi: i miseri disperati paesani, i partigiani che entrano in scena come oggetto della rappresaglia tedesca gli stessi tedeschi all’ultimo tentativo di difesa . Tutti,tutto,intorno a lui è pervaso da un inevitabile Amore per l’umanità che ancora miracolosamente trasporta in un mondo di sogni lontano dalla realtà.
Spike Lee da questa fiaba, con la sua arte e maestria ne costruisce un’altra che si adatta di più ai canoni cinematografici senza diventarne schiavo. I suoi sforzi si concentrano sull’aspetto epico ambientale del racconto. Ne risultano così scene indimenticabili come quelle delle due battaglie. Quella iniziale non sfigura certo con famose scene epiche come quelle di “salvate il soldato Ryan”. I nostri 4 attori guadano assieme ad altri soldati della 92A il fiume Serchio,. Prima sono demoralizzati da una voce femminile irradiata da un altoparlante che l’invita a disertare promettendo “sexy” donne e eguaglianza razziale, poi vengono investiti, falciati implacabilmente da due barrages di fuochi: il Tedesco e l’americano; quest’ultimo ordinato arbitrariamente da ufficiali bianchi che, considerata l’inettitudine dei neri, non pensano che i neri possano essere già a contatto con i tedeschi e che quindi il fuoco fosse diretto non sul fronte, ma sulle linee nemiche. La scenografia, la coreografia gli effetti speciali sono dei capolavori! Si pensi alle scene della battaglia finale nel villaggio garaging. Il regista si delizia di riprendere queste strette, oscure carraie martoriate dal crepitio delle armi.
Si potrà obbiettare che il film si trascina un po’ lentamente nella sua interezza, ma questo dimostra l’indipendenza di Lee dai comuni canoni cinematografici.
Molti produttori, in fase di montaggio, avrebbero richiesto, per ridurre le 2.50 ore del film, di tagliare alcune scene. La scena iniziale con HECTOR che finalmente vendica il tradimento dello pseudo partigiano Rodolfo. La scena della proprio improbabile festa da ballo nella chiesa paesana. La scena finale dell’incontro tra Hector e l’ancor miracolato ANGELO. Scene come queste potrebbero essere eliminate per l’economia del film ma ciò non avviene con Lee! Dalla novella di Mc.Bride Lee voleva creare un’opera che contenesse povertà, ricchezza, rabbia, sentimento, fantasia, realtà, violenza, vita. C’è riuscito? Credo proprio di si!!!

Nota dell’autore
La novella manca quasi completamente di attinenza storica geografica ec osì il film.
L’autore aveva come scopo quello di evidenziare il potere dell’umanità, dell’amore sulle tragedie della vita. Ciò nondimeno il film provocherà (anzi, ha provocato) un “polverone” di criticismo.
La Guerra,la Guerra moderna specialmente, produce fatti che neppure la storia a distanza di anni potrà spiegare e tantome no giustificare.

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