Passeggiando tra aspetti pubblici di Barga: arte e memorie collettive. Il Ponte di Macchiaia e le Scuole Superiori. (decima parte)

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Nell’immagine qui a fianco e che apre l’articolo vede in basso il Ponte di Macchiaia, uno dei soggetti dell’odierna passeggiata tra le memorie storiche di Barga.

L’immagine risale all’anno 1539 e vediamo che il ponte si presenti come lo vediamo oggi, cioè a un solo arco. Da allora è passato quasi mezzo millennio ma come possiamo osservare nell’immagine e pensando un attimo a come sia oggi quella viabilità, capiamo che questa sia la stessa, con la strada che scende dalle allora due porte di Macchiaia che si vede sell’immagine, per poi transitare sul ponte e così avviandosi a incrociare la via propria del sobborgo, sin dall’antico, nominato il Giardino. Da qui la strada continuava verso il cosiddetto Capriolo dove, una volta lì giunti, si osservava come oggi si ammira, la valle in cui scorre il torrente Corsonna, il fiume di Barga. In quest’anno 1539, scesi a quell’acqua e attraversata sui pratici ponticelli, ci si portava a Catagnana, Santa Maria, Castelvecchio e poi a Sommocolonia, ferrigno castello appollaiato sul suo monte che si alza a settecento metri sul livello del mare.

Quest’antichissimo luogo, Sommocolonia, sino al 1550 fu il centro di un territorio, di un comune fiorentino inserito sin dal 1341, nella podesteria di Barga. In quell’anno di metà Cinquecento fu unito a Barga e questo accadde perché quella comunità si schierò apertamente contro la famiglia Medici. Castello repubblicano, sotto la guida del castellano a vita e capitano Matteo di Pieruccio Bartoli, alias il Galletto da Barga, sin dall’ultima guida repubblicana di Firenze conclusa nel 1530, mai si arrese all’idea di veder tramontata quella stella che ancora si ricorda nell’Inno d’Italia, “ognun di Ferruccio ha il cuore e la mano”. Dalle armi di Barga e di Pistoia, in quei 1530, fu conquistato e ridotto ai consigli medicei, finché, per i continui rigurgiti repubblicani stimolati dall’esule capitan Galletto, non fu deciso di ridurre quel Comune a semplice castello. In virtù però della sua indomita idea repubblicana, con uomini perseguitati e anche impiccati (così anche in Barga), non perse del tutto la sua autonomia perché sino al secolo XVIII mantenne una certa autonomia fiscale, per poi dipendere interamente da Barga.

Siamo scesi dalla via che transita sotto il bastione di Macchiaia e ora siamo a sedere sul muro che costeggia il ponte e qui iniziamo a dire qualcosa di storico. Intanto, va detto che nell’antica immagine che apre l’articolo, il ponte rispetto a oggi (vedi immagine) è libero dalla sequenza di archi che lo fanno molto singolare e di un particolare fascino.  Questo perché gli archi furono fatti solo nel momento in cui si volle portare, però con un’idea più consistente e professionale, l’acqua potabile nel castello di Barga proveniente da una polla che sta sul monte detto delle Rupine, da qui distante poco più di un chilometro. Credo si sia capito che l’acqua da portare in Barga sia stata una storia particolare e possiamo aggiungere che avrà dell’incredibile, ma ne parleremo subito dopo aver detto qualcosa circa la storia del manufatto, cioè del ponte, anticipando solo un dato che prontamente ci fa capire che sia stata quasi una telenovela, perché dall’idea nata circa gli anni ’70 del secolo XV, si arrivò a veder realizzato un più serio acquedotto solo alla metà del secolo XVII.

Prima di tutto del ponte ci colpisce in maniera particolare la vista dell’arco che, nell’odierna immagine come nell’antica, è rimasto sempre unico. Facendo il raffronto tra le due immagini ci colpisce ancora, se ben osserviamo, che l’arco attuale (quello esterno, il più grande) forse è lo stesso che si vede nella cinquecentesca immagine. Mentre l’arco che oggi è inserito all’interno di quello più grande, molto regolare e con la centina di mattoni messi di taglio, certamente fu fatto dopo qualche tempo a rinforzo di quello esterno. In effetti, potrebbe risalire al secolo XVIII, se non proprio al XVII, quando finalmente fu attuato l’acquedotto che passava sopra gli archi. Perché il rinforzo? Certamente per il non indifferente peso aggiuntivo degli archi che gravava sulla struttura del ponte, facendo riflettere e decidere, appunto, il rinforzo all’arco portante.

Lo Statuto di Barga del 1360 ci dice qualcosa di questo ponte, come dell’altro allora detto di Borgo, che parallelamente, a distanza di circa trecento metri, introduceva tramite le sue porte, appunto, nel terziere di Barga, come il suo ponte, detto propriamente terziere di “Borgo”.  Prima di tutto si dice che sui muri dei due ponti non si mettano i panni ad asciugare o altro, ossia, che non ci si lascino i concimi e che si debba tenerli puliti e controllati nelle loro murature. Specialmente nei basamenti, perché il rio che vi passava sotto, il Vicinale, poi detto Fontanamaggio, seppur piccolo, in certi momenti di grandi piogge procurasse i suoi danni, anche importanti, se non fosse stato ben incanalato in forti muri così come si pensa successe per il ponte di Borgo, oggi detto Vecchio, che crollò, ma lo vedremo a suo tempo. (44)

Il ponte dopo la prima citazione della sua esistenza in muratura e risalente all’anno dello Statuto, il 1360, poi dette il suo daffare per essere mantenuto efficiente e così vediamo dal primo libro delle delibere comunali di Barga, che nel 1393 ci furono degli interventi e fu pagato Turignolo Libbre dieci e soldi sedici per dei moggi di calcina, come pure Salvugli Giovanni per altrettanti. Qui va detto che purtroppo del ponte in questi anni non abbiamo altre notizie, perché le delibere comunali iniziano con questo libro che copre appena due anni, il biennio 1393-94, dopodiché sono saltuari sino al 1475, ossia sono di pochi e spezzettati anni.

Occorre dire, però, se queste poche ma importanti delibere sono ancora lì conservate, questo si deve (si fa per dire ma ci crediamo) a una grazia caduta dal cielo, ossia, che sia capitato ad assumere l’incarico di sindaco, al tempo dei francesi in Italia, cioè Maire della Comune di Barga, l’avv. Francesco Bertacchi. Secondo la sua natura di studioso e più che altro di storico, entrando nell’incarico e in contatto con l’Archivio Storico, si accorse che delle delibere giacevano come abbandonate in un angolo e sopraffatte dalla polvere. Le raccolse, le studiò, ci aggiunse l’anno, e ne fece dei fascicoli e oggi, dopo un restauro degli anni ’90 del Novecento, sono contenute in un contenitore di cartone e ancora codificate con la sua bella e rotonda calligrafia. Non sono molti fogli ma comunque importanti, com’è ovvio sia per delle memorie risalenti al secolo XV. Tra l’altro in quel periodo ci fu un rinnovato interesse a tutto lo stesso archivio che Bertacchi vedeva e viveva come la massima espressione della cultura di Barga, tanto da poter dire che sia anche con lui che prese nuovo slancio la pubblicistica storica locale. Un uomo, il Bertacchi, che per tanta attenzione, lo pensiamo meritevole di un ricordo scritto all’interno dell’Archivio Storico di Barga. (45)

Ci si è un poco dilungati a elogiare Francesco Bertacchi ma se chi scrive adesso di storia non lo avesse fatto, sarebbe stata un’ingiusta disattenzione. Riprendendo il nostro discorso ecco che l’attuale forma del ponte risale quasi certamente al secolo XV, quando nel 1488 si decise di rifarlo certamente perché malamente ridotto. L’anno 1489, con provveditore alla muraglia del ponte Antonio Falcucci, il lavoro fu pronto. (46)

A seguire diremo di quando si volle portare l’acqua in Barga e allora capiremo che questo ponte fu ritenuto importantissimo per raggiungere l’annoso obiettivo. Prima, però, va detto che dopo i tantissimi servizi resi alla comunità, questo ponte rischiò di scomparire quando durante la Seconda Guerra Mondiale fu minato dalle forze dell’Asse, tempo in cui queste, risalendo l’Italia inseguite dagli Alleati, il fronte di guerra, giunto anche a Barga, da qui si ritirò a nord sulle sue montagne a formare la Linea Gotica, ottobre 1944 aprile 1945. Il parallelo ponte di Borgo, con un gran boato fu fatto saltare in aria, mentre questo, invece, seppur pronto allo scoppio, sia stato risparmiato dalla distruzione, perché, in definitiva non era utilizzabile per i mezzi pesanti degli Alleati. Infatti, non vi potevano arrivare a transitare per la mancanza di una comoda strada, essendo un ponte raggiungibile solo da quella all’interno del castello, tortuosa e stretta che uscendo dalla porta per volgere al ponte, ha una strettissima, diremo impossibile curva a gomito. Comunque, dopo questa paura, a favore del ponte gioco anche un’altra e più consistente fortuna. Entrando nei fatti, quando ci fu la Battaglia di Natale del 26 dicembre 1944, con le forze dell’Asse che per un giorno ridiscesero a Barga e oltre, quando queste furono costrette dal contrattacco Alleato a tornare sulle loro posizioni, pensarono di far saltare il già minato ponte di Macchiaia, però, forse per l’umidità della stagione invernale, l’innesco non rispose e così per la seconda volta fu salvo.

Ora diremo qualcosa dell’acquedotto ma per farlo occorre rifarci allo storico Pietro Magri, alle sue dispense intitolate Il Castello di Barga, un libro pubblicato solo sino a pagina sessantaquattro, mentre il resto, un manoscritto, è tra i documenti dell’Archivio Parrocchiale.

Iniziamo dicendo che sin dai tempi più remoti nell’abitato di Barga per quanto riguardava l’acqua, occorreva rifarsi allo scavo di pozzi artesiani, questo lo dice Magri. Noi aggiungiamo che nei tempi più remoti, seppur Barga sia nata su di un colle, i primi abitanti che vi si stanziarono, tramite le loro osservazioni e studi, capirono che nel sottosuolo non mancasse l’acqua, altrimenti resta pensabile che avrebbe disertato il sia pur interessante sito. Quanto detto ora fu l’iniziale speranza, suggerita in tempi remotissimi, ai primi uomini che videro esserci qui una piccola sorgente sul punto più alto, vicino all’attuale Duomo, che nel corso del Cinquecento si nomina alcune volte come la “Pillaccia” e stava verso est di Palazzo Pretorio, tra la Vignola e la Ripa. Ovvio accadesse che nei periodi più aridi, d’estate, sia la “Pillaccia” come i pozzi, desse pochissima acqua e pian piano, certamente in concomitanza con i tempi migliori per la comunità cittadina, si pensasse pian piano ad avere l’acqua costante in Barga, da prendersi a quella fonte che era sul colle lassù in cima a Canteo, alle “Rupine”, poco sopra il borgo di Catagnana.

L’anno 1476 e poi 1477, s’iniziò a nominare sei consiglieri della Terra di Barga che studiassero il modo di portare quell’acqua delle “Rupine” in Barga che era nella selva di Giovanni Simoni. Cercarono un maestro d’acqua per riuscire nell’impresa di portare l’acqua, si dice in Piazza, che poi era l’attuale Piazza del Comune o Salvo Salvi, proprio nel centro di Barga. All’atto pratico, però, non si giunse a niente. L’idea però era partita e il progetto fu ripreso l’anno 1501, questa volta facendo in Consiglio anche il nome del maestro d’acqua incaricato, che si chiamava Gianmaria di Eugenio da Parma, sempre con l’incarico di riferirsi alla polla sulle Rupine, ma anche questa volta, salvo che costruire un primo “fontino”, una piccola costruzione utile a raccogliere e conservare l’acqua, non successe altro d’importante.

Ogni tanto l’idea torna in Consiglio, sino ad arrivare all’anno 1520, quando si nomina un altro maestro, Alberto Lombardo di Val di Lugara in Emila. L’acqua era da portarsi in Macchiaia per poi esser divisa tra il Cavallaio (sotto il Duomo) e il Solco, cioè, nella sottostrada a metà della salita dai ponti del Giardino al Fosso.

Alle Rupine s’iniziò a fare qualcosa in questi anni, delle piccole cisterne a raccolta delle acque. Tutti questi “tentativi”, si badi bene, che costarono soldi ai cittadini, perché, per attuarli, si chiedeva il permesso a Firenze di fare la “colta”, ossia, dei prelievi fiscali sui possidenti e opere gratuite ai capi famiglia. Purtroppo i risultati non raggiunsero la meta. L’anno 1536 ci fu anche un cambio di polla e s’iniziò a parlare in questo tempo anche di quella, però ritenuta interrata e da scavarsi, nella selva che dal Fosso scende oggi al parcheggio dei camper, detto di san Cristoforo. Per la cronaca va detto che anche questa volta l’obiettivo non fu centrato. Da quest’ultimo tentativo non si parla più in Consiglio dell’argomento acqua sino a 1581, anno in cui ci fu una gran siccità e Pietro Magri ci dice che fu ripresa l’idea ma poi così chiosa: si pensò di cercare un maestro d’acqua ma passata la paura si tirò avanti come prima.

Da questi tentativi passati, in parte riuscenti in qualcosa, si arriva al 1611 e, pensa lettore, pare che dopo oltre centotrenta anni finalmente si voglia impostare le cose sul serio, riprendendo l’opera iniziata nel 1501. Questa volta pare che la fonte dovesse arrivare in Piazza Sant’Agostino, oggi Angelio, per una spesa molto rilevante di Scudi 1200 ma tutto e sempre s’intrappolava per le solite cose, si parla di appropriazioni indebite, così come rileva anche Pietro Magri nel suo manoscritto circa i soldi: “Spesi malamente dai deputati scudi duecento, se non rubati affatto, chiedere di andar contro coloro che li avevano rubati”.

Questo era l’andazzo della questione acqua in Barga per poi decidere di cambiare ancora l’arrivo in Barga e non più a Sant’Agostino ma nell’area subito sopra le mura di Macchiaia. Qui pare anche di capire che qualcuno voleva condurre la Fonte in Barga passando dalla Fornacetta, una via diversa da quella che poi riuscì vincente. Solite beghe di sempre.

Finendo possiamo dire che la Fonte che noi vediamo ancora oggi, ossia, gli odierni archi che allora portarono in Barga l’acqua, ebbe inizio l’anno 1654, dalla prima idea erano passati quasi duecento anni! L’acqua arrivò al Pianello, località che oggi è chiamata alle Fontane, ma avrebbe dovuto continuare sino al Solco e tra le case indicarono anche la strada da seguirsi, ma forse pensarono: finalmente l’acqua dentro Barga è arrivata e se ora volessimo andare più in là, potrebbe passare un altro secolo. Accontentiamoci e finiamola così.

L’acqua quando arrivò al Pianello non aveva una sua raccolta in un pozzo o similare ma la fecero cadere libera dal tubo a terra, così pare di capire, similmente libere come uscivano alla sorgente, e queste se ne andavano via seguendo le insenature delle mura. Poi, vedendo che danneggiava le stesse mura, ecco che si decisero a contenerla. Fu fatto poi, nel Settecento, nell’angolo evidenziato in foto che ancora mostra un rettangolo disegnato a terra, come una cornice, un pubblico pozzo per prendere l’acqua ma anche per lavare i panni. Poi fecero un piccolo casamento con otto pozzi dentro così stando al coperto, quella costruzione oggi alienata a privati dal Comune di Barga, che durò finché non arrivò l’utilissima lavatrice in tutte le famiglie, quindi sino alla fine degli anni ’60 del Novecento, per poi essere man mano abbandonata e, appunto, venduta.

Con il passato articolo c’eravamo lasciati con l’idea di dire qualcosa del ponte, archi e acquedotto, poi, andando avanti, “magari” anche delle scuole e villa Gherardi, ma la penna ha camminato già troppo e allora non ci resta che fissarci appuntamento al prossimo racconto.

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44) Statuto di Barga anno 1360: Libro II; rubrica CVIII. Libro IV; rubriche XLII e LXXXI.
45) Su questo sito. Pier Giuliano Cecchi: Cenni storici su mercati e fiere di Barga. 21 dicembre 2018. “Per riuscire a capire il documento che forma l’oggetto del presente articolo, occorre fare delle doverose premesse, essenzialmente per capire come fosse organizzata Barga circa i mercati tra il secolo XVIII e XIX. Per farlo si ricorre agli scritti del Maire (sindaco) di Barga dell’epoca napoleonica. Questi era l’avv. Francesco Bertacchi (1755 – 1814), un uomo di vasta e singolare cultura, che tanto fece per il suo paese e soprattutto per la sua storia, solo pensando alla cura che mise affinché il Comune di Barga potesse avere un archivio storico ben ordinato e ci riuscì. Tolse le prime delibere comunali dall’incuria, lasciate a se stesse in angoli dell’archivio, in attesa e da grandissimo tempo, di essere codificate, così come fece e che nelle sovraccoperte riportano la sua calligrafia; così altre cose. Documenti importantissimi che senza di lui, oggi, quasi certamente sarebbero dispersi e con essi tante notizie storiche. Va detto a onor del vero che questa cura fu specialmente promossa dal nuovo modo di intendere la cosa pubblica propria del sistema francese ma, come tutte le cose, niente è mai scontato se non sono condivise da illuminate menti come lo fu quella del Maire (sindaco) Francesco Bertacchi, veramente propenso, ligio e votato a fare il meglio per il suo paese.”
46) A. C. Barga. Anno 1488-89, il 5 giugno 1488 si delibera Lire 6 lucchesi a Pellegrino di Turignolo per delle ignote prestazioni “factioni” al ponte di Machiaia. Nell’agosto 1489 parlano delle spese da deliberare per i comastri che lavorarono al ponte di Macchiaia.

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