Passeggiando tra aspetti pubblici di Barga: arte e memorie collettive. La Porta Macchiaia. (nona parte)

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Ci accingiamo a lasciare palazzo Guidi, dove nacque la Fratellanza Artigiana di Barga però, avanti di farlo, ci affacciamo un attimo al muretto che dà sulla via che porta alle Fontane, luogo dal nome che è tutto un programma e di cui parleremo più avanti quando diremo dell’acquedotto. Bene, qui affacciati al muretto, è doveroso guardare l’antico pozzo che si vede sotto la sinistra. È il pozzo detto della Tonfa che serviva agli abitanti del terziere di Macchiaia per approvvigionarsi dell’acqua senza uscire dal castello, ancor prima che l’acqua arrivasse con l’acquedotto. Assieme a questo era in funzione il fratello che stava nell’attuale parco di Villa Buenos Aires, in fondo alla valletta del rio Vicinale e poi conosciuto anche da noi come rio Fontanamaggio, certamente un poco più scomodo. Perché il nome Tonfa al pozzo interno al Castello? Non lo sappiamo ma è pensabile che derivasse dal fatto che essendo stato profondo, gettandoci un sasso, dello stesso si udisse solo il finale tonfo, la tonfa. Detto questo ora, si va verso l’antica Porta Macchiaia che già abbiamo visitato prima di questi articoli sulla Fratellanza Artigiana, ma di cui non si è detto niente di particolare e lì arrivati gli faremo uno scanner storico.

Eccoci arrivati e intanto, vediamo come fosse in antico la Porta, cioè composta di due entrate, due archi con le loro possenti porte di legno, cui era praticato un portello per l’ingresso dei passeggeri.

Nell’immagine a fianco vediamo il complesso difensivo di Porta Macchiaia al secolo XVII. Ricostruzione grafica dell’arch. Pier Carlo Marroni con l’ausilio di documenti storici del periodo ritrovati da Pier Giuliano Cecchi nell’Archivio Storico del Comune di Barga.

Per chi volesse maggiormente approfondire la storia di Porta Macchiaia, come delle altre Porte di Barga, cioè quelle di Borgo e Reale, lo rimandiamo al presente libro scritto da Pier Giuliano Cecchi e Pier Carlo Marroni Le Antiche Porte di Barga – Il Ponte di Borgo. (39)

Come si è accennato le porte di Macchiaia erano due e questo è un particolare che prima di questo libro era sfuggito a ogni storico di Barga. Così fu anche per le altre due porte, ben più complesse e che vedremo continuando la nostra passeggiata. A questo proposito si è capito che quando nel 2012 uscì questo libro edito dalla Polisportiva Valdilago, finalmente Barga si riappropriò di una sua consistente e qualificante storia.

Delle Porte di Barga se ne parla anche nel più antico Statuto di Barga a noi conosciuto, quello del 1360. Nessuno poteva aprirle senza le sue chiavi, che ovviamente aveva la persona autorizzata alla chiusura serale e poi alla mattutina riapertura, il cosiddetto portinaio. Per le porte del Castrum, ossia dell’ultima fortezza che era intorno al Duomo e al Palazzo Pretorio, lo Statuto è molto deciso, infatti, se qualcuno fraudolentemente le avesse aperte, l’incauto, ritenuto traditore di Barga, senza veruna pietà, sarebbe caduto nella pena di morte. Per la forzata apertura delle altre porte le pene non erano come questa ma comunque non indifferenti, seppur pecuniarie.

Attenzione riserva lo Statuto anche ai fabbri, che non si prestassero a far chiavi false ad alcuna persona e per quanto si è detto ora, va da sé che se le avessero fatte a qualcuno per aprire le porte del Castello e fossero stati scoperti era bene chiedessero alle mogli di preparargli i bagagli per andarsene volontariamente in esilio da Barga, così sfuggendo personalmente al severissimo processo ma non al suo risultato finale. Ovvio che ogni pena si aggravasse quando erano in ballo la sicurezza e la libertà della Terra di Barga, cioè il Castello. (40)

Porta Macchiaia

Noi si è definita quest’antica porta con l’appellativo di Macchiaia ma questo non era l’antico nome. Infatti, nello Statuto di cui parliamo del 1360, questa porta è detta Latria e la parola “Macchiaia”, in questo libro, appare solo una volta nella parte degli Affari Straordinari, alla rubrica LXVIII, che riguarda l’assegnazione dei fabbricati alle persone di Macchiaia, “De assignatione casamentorum personis de Machiaia” che noi oggi intendiamo quelle del terziere di Porta Macchiaia come ambito territoriale all’interno del Castello, ma allora non siamo certi di cosa si volessero dire. Questo perché dentro il testo di questo stesso articolo dello Statuto la parola “Macchiaia” non appare, resta isolata nella sola intestazione, mentre nello scritto si discorre solo di chi avesse avuto l’assegnazione di una casa nel borgo, cioè, che questi avrà il diritto di un passo collegato alla via.

Chi erano queste persone di Macchiaia? Chi è questa gente che “in burgo” della Terra di Barga gli si assegnano delle case, se allora la porta era detta solo Latria? Perché solo a loro si assegnano i casamenti? Questo è un bel quesito, anche perché Macchiaia non appare più in tutto lo stesso Statuto, si cita solo Porta Latria mentre Macchiaia è solo citata per l’assegnazione di questi ignoti casamenti “in burgo” (borgo è una parola che indica tutto il castello in genere detto anche “Terra di Barga”). Per queste persone c’è poi bisogno di statuire che se non avranno l’accesso alla casa, quasi come scollegati dal circuito viario, il governo del Comune glielo deve favorire e per sempre? Perché? Che cosa è successo in Barga?

Alle domande ci sentiamo di rispondere che forse, implicitamente, perché siamo al 1360 e seppur non si dica, che si attui un comportamento successivo alla peste nera (1348-1353) che non molti anni prima mieté vittime, senz’altro lasciando liberi numerosi casamenti senza eredi e ora il governo di Barga, divenuto padrone, li dà a nuovi abitanti? Queste persone dette di Macchiaia sono nuovi cittadini del Castello? Fatti accedere in Barga e qui portati per ripopolarlo? Contadini presi dalle sperdute case contornate da terreni coltivati, sottratti magari anche alla magra vita di montagna, alla sua macchia, così invitati a vivere in un luogo più sicuro e che si prospettava di maggiori risorse avendo previsto l’affido, come per le case, dei terreni ora comunali e anch’essi rimasti vacanti di braccia? Noi ci siamo posti queste domande che riteniamo essere lecite e che lasciamo con un interrogativo, con queste sole intuizioni, perché è quasi impossibile una risposta, ma andiamo avanti nel racconto. (41)

Finiamo queste nostre intuizioni con un dato realmente accaduto nella Terra di Barga ma da qui, cioè, da questi 1360 dello Statuto di Barga in cui si assegnano i casamenti a ciò che vedremo, dobbiamo andare alla fine del secolo XV, tempo in cui sappiamo che, nel terziere ora propriamente detto di Macchiaia, si sono stabilite “stanziali” molte persone dette forestiere, circa cento “bocche”: “Forestieri di Porta Machiaia stanziali a Barga”. L’elenco è fatto per i soliti fini fiscali “la tassa delle bocche forestiere” e vediamo che tra queste persone ci sono i cosiddetti “lombardi”, gente stabilitasi a Barga e proveniente dall’attuale Emilia, ossia, dai paesi dietro gli Appennini, come anche dalla Garfagnana superiore e anche da Coreglia. Il fatto che si siano stabiliti in Macchiaia, lascerebbe intendere che quella parte di Barga fosse deputata all’accoglienza della gente nuova, mentre per gli altri due terzieri non si è trovato per ora alcun elenco. Questo fatto in qualche misura, l’uso del condizionale è d’obbligo, parrebbe accreditare la nostra intuizione fatta in precedenza circa l’incognita definizione di Macchiaia contenuta nello Statuto dell’anno 1360. Definizione che però ha anche un’altra storia che vediamo subito a seguire.

Dopo lo Statuto del 1360 ecco che l’anno 1414, passato mezzo secolo, ci fu bisogno di rivederlo e se ne stilò un altro, non molto differente ma ovviamente in certi punti senz’altro aggiornato. Ecco allora che al nome Porta Latria se n’è aggiunto un altro, proprio quello di Macchiaia, che non pensiamo volesse dire in assoluto che da qui si usciva per andare alle distanti macchie dell’Alpe di Barga; idea bella ed anche poetica ma crediamo non del tutto reale. Perché va detto che in antico fuori dalla porta c’era una vasta macchia verde del Comune di Barga che lo stesso dava a livello al maggiore offerente, di cui restano ancora dei tratti specifici nella vegetazione. Questa macchia, come in parte ancora oggi, scendeva e risaliva dalla valle sottostante alla parte opposta.

A questo punto preme chiarire l’evolversi del nome della porta e luogo esterno a essa efferente, ciò seguendo i due statuti di Barga, fonti massime e certe per fare questo tipo di ragionamento. Intanto si è già detto che nello Statuto del 1360 il nome fosse Latria, con Macchiaia citata in modo, diremo, stranamente indefinito. Il ponte che da qui si raggiungeva, oggi detto di Macchiaia, allora era appellato di Latria, mentre il rio che sta in fondo alla valletta, non qui sotto il ponte che era detto Vicinale e poi Fontanamaggio, ma quello fuori della Porta, era citato con il nome Ratriani, mentre oggi il rio e la stessa valletta è detta Latriani.

Venendo allo Statuto del 1414 ecco come si nomina l’odierna Porta Macchiaia: Ratria, però si aggiunge subito accanto “e che hoggi se dice la porta Macchiaia”, mentre il rio era Ratriani. Pare di capire che con il tempo, seguendo il modo di parlare che si aggiustano da sé le parole, la porta Ratria sia divenuta Latria, più facile nella dizione, sino al definitivo abbandono del nome, sostituito da Macchiaia. Invece, i nomi della valletta e del rio, si sono modificati entrambi da Ratriani in Latriani e ancora oggi così si appella.

Come tutti possono vedere la Porta Macchiaia sta su uno spuntone del terreno, come fosse uno scoglio, che fa sì che l’interno della porta si affacci sulla sottostante via che porta al ponte con un importante sbalzo, che se non fosse stato difeso dalle mura, oggigiorno si sarebbe corroso sino al punto di aver fatto sparire la stessa porta. È questo il cosiddetto bastione di Macchiaia che nei tempi ha subito i suoi gravi problemi e ha visto cruenti scontri di guerra, con i barghigiani arroccati in attesa che da Firenze arrivassero i fanti e la cavalleria a toglierli dagli assedi, quando pisani, quando pisani e lucchesi insieme e via dicendo, sino all’assedio più terribile che abbia mai subito Barga prima di quello della Seconda Guerra Mondiale1940-45, nei sette mesi della Linea Gotica (ottobre 1944-aprile 1945).

Per l’antico e specialissimo evento, questa è una porta, con la Reale, sacra ai barghigiani e alla storia italiana, perché nell’inverno del 1437, ormai quasi smantellata nei suoi ingressi dalle bombarde durante il lungo assedio delle soldatesche al comando del temuto Niccolò Piccinino, la mattina dell’8 febbraio, già arrivati da Firenze i soccorsi fiorentini e veneziani al comando del condottiero Francesco Sforza, finalmente ci fu la possibilità della salvezza della Terra.

Entrando nei fatti, quella mattina tra le dette armi iniziò attorno alle mura una terribile zuffa; un a corpo a corpo accanito e furibondo, con l’inevitabile sortita dal castello della milizia barghigiana al comando di Niccolò Angeli e di suo figlio Cristofano, un capitano uscendo da questa porta l’altro dalla Reale. Così facendo strinsero in una mortale e sanguinosa morsa il Piccinino con le sue armi, talmente che dovette lasciare sul campo “armi e bagagli”, prigioniero Ludovico Gonzaga figlio del Marchese di Mantova, dovendosi malamente ritirare nel lucchese. Una storia che una mattina presto di molti anni fa si sentì raccontare anche tramite Radio Uno, dopo il radiogiornale mattutino, quando facevano la rubrica, se ben ci ricordiamo: “Una pagina al giorno di storia patria”, così ricordando la sonora sconfitta sotto le mura di Barga patita dal grande e temutissimo condottiero di ventura Niccolò Piccinino la mattina dell’8 febbraio 1437.

Francesco Sforza era giunto con le sue armi a Sommocolonia, e dopo averla liberata dalle armi del Piccinino, ora di lassù mirava Barga, mentre per vie ignote erano giunte le milizie condotte da Niccolò da Pisa, Pier Brunoro e Ciarpellone. Al gesto dello Sforza ci fu la discesa delle sue truppe da Sommocolonia per venire a liberare Barga dall’assedio, mentre da sotto i duemilacinquecento fanti salivano alla Porta Reale. Al Piccinino non restò che la sorpresa per tanto vigore nell’aspra battaglia e con l’uscita dal castello di Barga dei soldati, uomini e donne armati, ignominiosamente volgersi alla rotta. (42)

Si è accennato prima al bastione di Macchiaia e alla sua difficoltosa manutenzione, infatti, per meglio capire citiamo un evento accaduto sul finire del secolo XVI, quando le mura che ancora lo sorreggono e proteggono, all’improvviso cedettero. Fu un gravissimo affare per Barga perché non si riusciva a trovare i soldi per risarcire la ferita e in questa difficile congiuntura l’acqua piovana, dopo un poco di tempo, iniziò a corrodere lo scoperto costone e si dice che se non ci fosse stato un intervento in tempo utile le case sopra sarebbero cadute nel vuoto. Fortuna volle, si fa per dire, che l’intervento, prima della preventivata disgrazia, fu fatto e così il pericolo rientrò. A far decidere Firenze nell’intervento fu il riaccendersi delle beghe guerresche in Valle tra Lucca e Modena e l’idea di veder Barga assediata e presa o per l’uno o per l’altro. 

Il bastione di Macchiaia era comunque un problema che ciclicamente tornava e il 25 febbraio 1689 si dice che a causa delle grandi piogge il ponte di Macchiaia sta messo male e per rovinare. Il 16 aprile 1689 fu la volta delle mura di Barga e i Consoli deliberano due persone che andassero a vedere la situazione anche delle porte e per Porta Macchiaia si dice che “sta in grado di rovinare” ch i due periti facciano una relazione da mandare dove occorresse.

Diamo anche una veloce occhiata storica su com’erano gestite le aperture della porta e ricorriamo a un esempio circa l’elezione dell’incaricato che attuò l’anno 1700 il Consiglio della Terra. Intanto, diciamo che in quell’anno si delibera anche l’importo da dare al portinaio che si decise in £ 54 e soldi 12. La persona incaricata, che vedremo seguire chi fu, aveva l’impegno di aprire all’alba la porta e alla sera alle tre ore di notte di chiuderla. In certi periodi di peste o di pericoli di guerre, ci si mettevano anche le guardie, che stavano al coperto, in questo caso sulla casetta che era sopra la porta. In quest’anno 1700 i concorrenti al ricercato incarico furono quattro: Giovanni di Fulgenzio Pellegrini, Piero di Piero dell’Orsolina, Francesco di Giovanni Cantella e infine certo Jacopo Boschetti, ma quest’ultimo fu dichiarato dal Podestà incompatibile con l’incarico e quindi da non votarsi, perché a suo tempo fu processato e licenziato per aver lasciato una notte la porta aperta. L’incarico fu affidato al Cantella con diciotto sì e sette no dei venticinque presenti in Consiglio, su trenta.

Per dire ancora delle attenzioni alla porta vediamo che l’anno 1705, maestro Giuseppe Luchini, vorrebbe avere in affitto l’agio che c’era tra le due porte di Macchiaia per realizzarci uno stabile a uso di bottega ma la faccenda si complica e per ora si deve soprassedere. Questo perché qualcuno si è accorto che nell’arco interno alle due porte la chiave centrale si è allentata e per evitare crolli occorre intervenire. Per tale operazione si deve sfare la casetta che gli sta sopra. L’intervento è fatto e dopo il Luchini, che abitava accanto alla porta, può ottenere quanto richiesto. (43)

Ci sarebbero da dire altre cose, molte altre, ma per non stancare e annoiare troppo il lettore è bene fermarsi qui, dicendo solo che la porta ebbe dei seri danni con il terremoto del 1920 e allora fu smontata a mai più rifatta la casetta delle guardie sopra la stessa porta. Preme solo ricordare che nel 2021 la porta Macchiaia, assieme a quella Reale, così le mura accanto alle porte, che per quanto erano messe male veramente preoccupavano, ha avuto un consistente restauro.

Riprenderemo tra qualche giorno la nostra passeggiata per arrivare al ponte di Macchiaia che sta un poco più avanti e magari andremo verso le scuole che da lì distano duecento di metri. (continua)

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39) Pier Giuliano Cecchi – Pier Carlo Marroni: Le antiche Porte di Barga – Il Ponte di Borgo. Polisportiva Valdilago; Bandecchi & Vivaldi, Pontedera, 2012.
40) Vedi: Maria Vittoria Stefani. Barga, minuscola repubblica medievale e le sue leggi. Gasperetti Barga, 2003.
41) Su questo Sito: Pier Giuliano Cecchi; Le epidemie nei secoli di Barga tra fede e speranze (prima parte); 31 Marzo 2020.
… A proposito dello Statuto del 1360, all’interno c’è anche un possibile ricordo di ciò che fu la “peste nera” e come si comportò nel castello di Barga. Infatti, così come evidenzia anche il curatore della pubblicazione del libro, Mons. Don Lorenzo Angelini, si può leggere al capitolo 68 del secondo libro, che tratta degli Affari Straordinari, l’espresso riferimento a una regola per il nuovo assegnamento di case in borgo a quelli del quartiere di Macchiaia, che lo stesso Angelini pensa si tratti di case rimaste vuote e senza padrone con riferimento alla peste di circa dieci anni prima. …
42) Simonetta Giovanni, Vit. Francisci Sfortiae, lib. 3, tom. 21 Rer. Ital. Corio, Istor. Di Milano.
Cecchi Pier Giuliano: Un piatto prezioso per la storia di Barga. Giornale di Barga n. 681, dicembre 2006.
43) A. C. Barga. Delibere; volume 18.

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