A proposito della mostra “La nuova Barga”

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BARGA – Con la mostra La Nuova Barga, così fortemente voluta dalla Fondazione Ricci di Barga, in grandissima parte la nostra città ha ripreso una delle sue voci: cosa molto importante. Voci queste di diversa e varia natura, ma certamente dirette in unica direzione: l’espressività artistica de’ La Bella Signora Senza Tempo … Barga, che ha caratterizzato gran parte del Novecento nei suoi villini, una bellissima vicenda che ancora affascina l’occhio di ognuno.

Andando nel pratico della mostra si tratta del censimento fotografico di ben 113 villini realizzati a Barga, dintorni e sue Frazioni. Nella mostra i contenuti architettonici e artistici degli edifici hanno un loro chiaro e ben tracciato percorso espositivo, il tutto integrato con lo studio delle famiglie che hanno voluto quei 113 villini, cioè i committenti. Questi sono quasi totalmente quei fortunati emigranti che nella loro terra hanno voluto la sua casa, non un semplice e comodo edificio ma un vero e proprio villino dove e assolutamente non mancasse il benefico soffio dell’arte.

Con l’immagine che è qui eccoci alle prese con un semplice aspetto dell’arte che si contiene all’interno di quei villini, nel caso un Pierrot di marmo e una Colombina di tale natura, ambedue a modo di lumiera da porre in bella vista agli ospiti, posti nell’angolo più affascinante e delizioso della casa. Queste due immagini ci danno lo spago per tessere un pensiero legato a un fondamentale passo di chi allora intraprese le vie del mondo, quel giovane di allora che si trovò sua volta a interpretare Pierrot o Pierò, altra la Colombina sbarazzina.

Pierrot è quella maschera della Commedia dell’Arte Italiana che nata nel ‘500, al suo battesimo gli s’imporrà per nome Pedrolino e con cui si raffigurò l’eterno innamorato, dolce e pigro, che malinconicamente piange sulle sue sfortune in amore e che ama follemente la Luna, nei secoli, quel nome francesizzato in Pierrot, che poi s’innamora ancora ed anche di Colombina, però inutilmente, perché Colombina è di Arlecchino.

Arlecchino ama Colombina e per niente al mondo la mollerebbe e una sera che Pedrolino – Pierrot va a farle una serenata, ecco Arlecchino, il servo di due padroni, che scoprendolo, lui geloso, lo prende a colpi secchi e duri.

Pierrot, che noi italianizziamo in Pierò, piange e ama, ama e piange, e così, lo raffigura a noi il poeta della Vecchia Barga Mario Mazzoni (Fornaci di Barga 1898 – Città di Guetamala 1940) nella sua poesia “Chitarrata dei disincantati”, che si svolge per le carraie di Barga nei primi anni del ‘900, il primo quarto di secolo. Sono i ragazzi di allora che con il loro mandolino e le mandole vagano a carnevale sotto i balconi delle loro colombine cantando il loro amore che sempre si traduce in una loro delusione, perché o Colombina non si affaccia oppure non lascia cadere la sua treccia allo spasimante. Questo è un sogno quasi impossibile che l’Autore per far capire la sua ardua difficoltà, con un’intrigante similitudine associ alla costellazione della Chioma di Berenice, che dal cielo, come nel reale vissuto dal Poeta, non lascia cadere la sua treccia con cui arrampicarsi per un bacio e poi:

I Pierò della vita inseguono le loro chimere

sulle scie rare delle meteore disperse,

e leggono la loro musica notturna

su raggi di luna, come gli usignoli.

A questa immagine di Pierò che è qui in foto e arreda un villino, dove di fronte possiamo vedere Colombina, che vezzosa e leggiadra non si cura delle sue attenzioni e ride e certamente pensa al suo Arlecchino.

Ovvio che di colombine ce ne sono molte, come molti sono i Pierò nella vita degli uomini e quindi, quest’ultimo raffigura e per sempre la tristezza, che poi donata alla Luna che rischiara le notti, questa per converso lascia intravedere nel cielo una Colombina che si raffigura in quella brillantezza femminile che loro vagheggiano in due occhi belli che ora accompagnano le loro scorribande sonore.

Scorribande che nel caso di Mazzoni, allora, così finivano:

Trapassa via lenta la chitarrata

E cadono l’ultime note stanche,

con l’ultime stelle, in Vicolo del Sole;

ai piedi di un lampione

agonizza nella luce scialba

l’ultima illusione …

E quando venere in cielo comincia a sbiancare

e l’alba a trascolorare,

non resta che andare in Vicolo Chiaro,

e vedere le rose sbocciare.

Poi quel Vicolo Chiaro, sbocciate le rose dal profumo inebriante, terminò per molti di loro con l’aprirsi a una nuova via, quella dell’emigrazione per il Mondo e con il viaggio sparì all’improvviso il sogno d’amore e rimase solo quella della sospirata fortuna, in accoglienza e poi economica.

Molti in quelle vie la fortuna la trovò e chissà con quanto ardore tornarono a riveder le bimbe ora donne e chissà se di quegli amori sognati in gioventù e di grandissimo fuoco mentale, qualcuno si sia reso concreto e abbia continuato nel realizzato villino, posto là in Canteo, oppure a Santa Maria, nel solatio Piangrande dove Alberto Magri sognava come loro una casa tutta sua?

Ora e da allora quel Pierrot fu posto lì, in uno di questi villini, per sempre a testimoniare di quel giovanile, dolce, triste e struggente pensare, e chissà che mentre allora nella casa poi passava il padrone stringendo e finalmente a sé la sua Colombina, anche Pierrot non abbia ripreso la sua mandola per una serenata che almeno lì, ora asciugasse quella sua lacrima?

 

La Mostra La Nuova Barga è visibile alla Fondazione Ricci a Barga, in via Roma, n. 20, sino al 26 settembre 2021.

Ingresso libero. Per informazioni o583 724 357 – fondricci@iol.it

Orario: Giovedì e Venerdì 16,00 – 19,00.

Sabato e Domenica 10,00 – 12,00 e 16,00 – 19,00.

 

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