Un ospite indesiderato (seconda parte)

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Ci fu qualche minuto di silenzio, poi Camillo riprende a parlare:

“Vorrei rilevare come, dai tempi della mia gioventù, il senso di penitenza sia andato via via affievolendosi sempre più fra il popolo cristiano, e pensare che, come seguaci di Gesù, che ha sofferto fino a morirne per redimerci, dovremmo praticarla. E proprio quest’anno, si è avuto un altro atto di decadimento in merito: siamo in tempo di quaresima, ed in chiesa non è stato ricordato l’obbligo del digiuno per il mercoledì delle ceneri e dell’astinenza dalle carni anche per tutti i venerdì della quaresima. Dette regole non sono state abolite ufficialmente dalla Chiesa; però il parroco non le ha citate. Mi sono informato: anche altri parroci hanno fatto altrettanto, forse perché i fedeli sempre meno, con l’andar degli anni, le praticano. Ora però, con certamente maggiore intensità, siamo costretti a subire ben altra penitenza, con il covid-19, come pure con tante altre avversità che ad ognuno possono capitare. Ed ecco che, non essendo ‘allenati’ ad affrontare sacrifici volontari, quando capitano quelli involontari, avvengono i crolli, interiori, neurologici, esistenziali, talvolta sino al suicidio. Un tempo, non poi così lontano, di fronte a delle calamità come questa, la gente le riteneva punizioni divine per i peccati di tutti, e venivano a tal uopo effettuate processioni penitenziali. I fedeli aumentavano le preghiere, le suppliche, a Gesù, alla Madonna, ai Santi; ed i lontani si ricredevano, si convertivano…Cari amici, a me sembra che detta sensibilità non ci sia più fra il popolo, ed oggigiorno non c’è stata una risposta in questo senso ad un flagello del genere. I più continuano ad essere poco, o punto, credenti e, anziché rialzare la testa, continuano a pensare alla cose materiali, non a quelle dello spirito, sempre più presi a lottare per i problemi del mondo: ma è come camminare sulle sabbie mobili, ed a ogni passo si affonda sempre più. Ma fortunatamente un autorevole richiamo, a tal proposito, si è avuto: il Papa da solo, dato che sono proibiti gli assembramenti, in rappresentanza di tutti, ha effettuato una funzione penitenziale, implorando la fine del coronavirus dinanzi al Crocefisso che, in esposizione per Roma nel sedicesimo secolo, fermò un’epidemia di peste”.

“Voglio rimarcare – riprende la parola Adele -, come Papa Francesco, nelle sue omelie, più volte ha citato il diavolo, lo ‘spirito del male’; ebbene, un altro Papa, Leone Tredicesimo, su questo tema, ebbe un’esperienza sconvolgente: nell’anno 1886 ‘vide’, sopra Roma, una moltitudine di demoni che ridenti e trionfanti operavano maleficamente sulla città. Egli allora, impressionato dal fatto, compose una apposita preghiera a San Michele Arcangelo, contro satana e gli spiriti maligni, da recitarsi, d’obbligo, in tutta la cattolicità, al termine di ogni Messa. Così è stato fino a quando, al Concilio Vaticano Secondo, fu soppressa. Però chiunque la può recitare liberamente, come faccio anch’io, ed anche di recente l’ho sentita ad una funzione religiosa di comunità di frati, in televisione”.

Frattanto cominciò a piovere, ed allora il gruppo si sciolse ed ognuno si avviò verso la propria casa, sopra strada.

“Ci rivedremo qui, nell’aia”, dice qualcuno.

“Certamente, ma chissà quando sarà che potremo andare liberamente altrove”, fa un’altra.

Passano i giorni, siamo alla fine di marzo, il tempo è ottimo, ed il gruppetto di paesani è nuovamente nello spiazzo retro case, sempre ognuno a distanza di sicurezza dall’altro, ottemperando le ordinanze.

“E’ un pezzo di vita sciupato, vivere così – parla una ragazza, che era commessa in un bar -, senza lavorare senza guadagnare, tutto fermo: una desolazione. Sono nel coro parrocchiale, nemmeno si canta più, addirittura la Messa non viene più celebrata…”.

“Ed io che gioco al calcio, devo stare in casa ad ammuffire, mah!”, urla un giovanottone dalla finestra di una casa confinante con l’aia.

“In mancanza di meglio – interviene un giovane occhialuto, alto e magro -, la Messa si può prendere alla televisione, ed anche, come già per alcune domeniche ho fatto io, la danno, dalla nostra chiesa, sul computer, per via internet”.

“Pure io ho assistito alla Messa dal computer di mio nipote – entra Mansueto -, e finalmente ho preso una predica senza perdere una parola, mentre in chiesa ne perdo tante, ché sono un po’ sordo. Allora, sempre col computer, ho scritto al parroco di questo lato, benigno, della situazione in cui viviamo, e lui mi ha risposto: ‘Mi fa piacere, buona giornata’”.

“Ecco Stefano con la fisarmonica – grida un ragazzo -, ora ci divertiamo!”.

“Mia moglie non voleva – dice il nuovo arrivato -, perché non sono giornate di far festa, ma io le ho detto che avrei suonato piano e lei: ‘Se sento che fai troppo rumore, vengo giù e ti porto via la fisarmonica!’”.

E tutti ridono.

Stefano comincia a suonare. Con la musica gli astanti si rasserenano e qualcuno, guidato dalla ragazza corista, si mette a canticchiare a bassa voce le canzoni suonate dalla fisarmonica,

Al che Mansueto vuole fare una benevola battuta:

“Attenzione a non aumentare troppo il volume dei canti, perché se passassero i carabinieri dalla strada e ci sentissero, verrebbero qui dietro per farci la multa, e magari anche il verbale di

reato!”.

“Ci mancherebbe anche quella!”, gridano gli altri, sorridendo.

Trascorrono altri giorni, il calendario segna 18 aprile e ritroviamo i nostri nel campo dietro le loro case.

“Un metro di distanza uno dall’altro, non basta più; bisogna stare a uno e mezzo, o due, secondo le nuove disposizioni – sta dicendo Carlo -, ma il tempo passa, ed ancora non abbiamo le mascherine”.

“Però sembra che l’andamento del contagio abbia avuto un rallentamento – parla un altro -, che sia la volta buona?”.

“Magari, ma non illudiamoci troppo, ché il virus è ancora molto attivo – commenta Mercede -: in USA, che attualmente è la nazione con maggior numero di contagi e di morti del mondo, sta colpendo gravemente, ed addirittura sembra che in Cina di nuovo si sviluppino nuovi focolai di contagio”.

“Proprio a noi doveva capitare un simile flagello – fa, sconsolata, la ragazza commessa di bar -: siamo sfortunati”.

“Come ora sta accadendo a noi – dice nonna Iole, rispondendo alla ragazza –, a tanti altri, da che mondo è mondo, è capitato di dover subire periodiche aggressioni di epidemie, talvolta molto peggio di questa, come quella di peste, che colpi Milano nel 1630, che è fra le più celebri perché è stata magistralmente e minuziosamente descritta da Alessandro Manzoni nel suo capolavoro ‘I Promessi Sposi’, durante la quale gli abitanti di Milano, e di tante altre città del Nord, furono decimati”.

“A quei tempi – chiede Mansueto -, dove venivano curati i contagiati? E la gente doveva stare chiusa in casa come ora da noi?”.

“I colpiti dal male venivano ricoverati negli ospedali – riprende Iole -, ma, non bastando questi, furono approntati d’urgenza altri luoghi di cura, chiamati ‘lazzaretti’, alla meglio possibile. No non c’era l’obbligo di stare chiusi in casa, tanto è vero che furono fatte funzioni religiose e processioni, con grande partecipazioni di gente, onde chiedere la grazia al Signore della fine del male”.

Intanto era giunto nello spiazzo di terreno il vecchio Aristide, anch’esso dimorante in una delle case lì appresso, udendo gli ultimi discorsi; e, dato che si era fatto silenzio, ne approfittò per dire la sua in merito:

“L’ultima pandemia mondiale prima di questa, detta ‘Spagnola’, che colpì fortemente anche la nostra nazione, avvenne nel 1918, dieci anni prima della mia nascita, perciò da ragazzo spesso ne sentivo parlare dagli adulti, in specie dai miei genitori e nonni, a Livorno, dove vivevamo. Dunque, intanto confermo quanto già detto da Iole, cioè che l’obbligo di stare in casa non c’era neppure in quella triste occasione; al massimo le autorità cercavano di far evitare grossi affollamenti di persone, che però avvenivano ugualmente, sia negli ospedali, sia nella chiese. Tuttavia l’uso delle mascherine era consigliato. Sembra quindi, per quanto ne so, che in questa epoca noi tutti stiamo sperimentando l’ordinanza della ‘reclusione casalinga’, per il bene pubblico, mai avvenuta finora. La ‘Spagnola’ causò un’ecatombe di vittime nel mondo, stimate in 50 milioni, mentre in Italia i morti, furono circa seicentomila, su una popolazione di circa la metà di quella attuale. Storicamente, da notare che due dei tre veggenti di Fatima, ora Santi: Giacinta e Francisco, morirono di detto morbo. Anche mio nonno – continua Aristide -, fu colpito dalla ‘Spagnola’, ma ne guarì, in modo inusuale. Ecco: a quel tempo quando uno si ammalava, anche di semplice influenza, doveva purgarsi, non mangiare cibi solidi, ma solo bevande, infusi, al massimo un brodino. Detta regola sanitaria rimase in uso fino a parecchi anni dopo il secondo conflitto mondiale, ed io stesso l’ho dovuta subire più volte. Perciò mio nonno, a digiuno forzato per troppi giorni, perdeva le forze ed era vicino alla fine e, se ben ricordo, ebbe anche l’estrema unzione. E sempre più lamentandosi, chiedeva a sua moglie : ‘Dammi da mangiare, ho fame, ho fame…’ Allora mia nonna, morto per morto, si decise ad esaudire le sue imploranti richieste, dandogli cibo normale. Al che l’uomo reagì bene, riprendendo in breve le forze, e guarì dal morbo! Di morti, a Livorno, ce ne furono così tanti che, non potendo sotterrarli nei tempi dovuti, venivano cremati o gettati nella calce. Gli addetti alla pubblica igiene entravano nelle case dove si trovavano malati, o morti, causa virus, disinfettando gli ambienti, mentre le donne di casa protestavano: ‘Non spruzzate troppo il liquido sui mobili, che si deteriora il lucido’. Ma purtroppo, in simili circostanze, capitava pure che questi operatori trovassero, nascosti negli armadi, cadaveri di bambini. Li portavano via, fra lo strazio delle madri che gridavano frasi come: ‘Lasciate la mia bimba, che deve avere una sepoltura ; non voglio che venga bruciata, distrutta, pietà…’ .Tornando al presente – prosegue Aristide -, siamo nella settimana Santa e domenica prossima sarà Pasqua, così incredibilmente insolita, con i fedeli che, non potendo andare in chiesa, seguiranno le sacre funzioni alla televisione: passerà alla storia! Buona notizia: poco fa, prima di scendere qua, ascoltando la nostra emittente televisiva ‘Noi Tv’, ho saputo che a Lucca stanno impacchettando le mascherine che verranno distribuite a giorni in tutta la provincia, quindi anche a noi. ‘Era l’ora!’, gridò qualcuno. Auguriamoci di poterle usare quanto prima, che significherebbe poter uscire fuori casa, dato anche che quotidianamente stanno calando i casi di nuovi contagiati”.

“Speriamolo! Alleluia!”, gridano tutti, salutandosi calorosamente con grandi gesti significativi, ma alla lontana, di oltre un metro!

Continuano le riunioni, diciamo clandestine, dei soliti vicini di casa nel loro cortile. Finalmente siamo alla vigilia del primo allentamento delle restrizioni, imposte onde combattere il diffondersi del contagio. Questa volta ognuno, degli amici dell’aia, si è portato la propria merenda, consumandola, pur a debita distanza uno dall’altro, come di norma, Indi, ristorati dal mangiare e bere, in serenità, prende l’avvio del parlare, del conversare.

“Domani, 4 maggio, scatterà la ripresa di tante attività – chi parla era l’anziana Mercede, insolitamente quasi lieta -, come negozi, botteghe, attività lavorative di artigiani; ma non tutti, perché quei professionisti che debbono svolgere il loro lavoro a contatto con i clienti, come dentisti, parrucchieri, sono rimandati ad un’altra ordinanza. Inoltre pure non ripartiranno le celebrazioni religiose nelle chiese, che però potranno riaprire per visite singole, né ci saranno manifestazioni sportive, né proiezioni nelle sale cinematografiche, o spettacoli nei teatri; e ci sono tante altre precisazioni di regole, di permessi, di divieti, fermo restando che chi esce fuori di casa deve tassativamente usare la mascherina e, nei locali di compere, anche i guanti. Non solo: ma ognuno può circolare solo nel territorio del proprio comune, salvo permessi speciali”.

“Mamma mia – esclama Veronica -, quante regole da osservare. Però a me sembra che dover vivere rintanati nel comune dove si dimora sia ingiusto, in quanto che chi abita in un piccolo comune di provincia, col capoluogo che è un irrilevante paese, viene enormemente penalizzato rispetto a chi abita in una grande città, la quale offre uno spazio urbano immensamente più grande, con servizi di ogni genere, ai suoi cittadini”.

“Mi associo a quel che dici, Veronica – commenta Carlo -, anche se bisogna capire che decretare rapidamente siffatte leggi, con situazioni in movimento, non è facile che riescano tutte imparziali e giuste. Ora anch’io voglio rilevare una palese incongruenza nel valutare due fatti, che certamente conoscete, avvenuti pochi giorni fa, entrambi visti nei loro filmati, in TV. Nel primo è ripreso un lungo corteo di persone, fra le quali si notano due carabinieri, avvenuto in una manifestazione del 25 aprile, con i partecipanti che gridano, esibiscono cartelli, cantando ‘Bella Ciao’. La massa di gente è fluttuante nel procedere, per cui la distanza regolamentare, di almeno un metro fra una persona e l’altra, non viene rispettata; ma nessuno interviene. Il secondo servizio si svolge nell’interno di una grande chiesa, mentre è in corso la celebrazione di una Santa Messa, con presenti pochi fedeli, mi sembra sette, a distanza uno dall’altro di vari metri. Ad un certo momento compare un carabiniere che, in modo perentorio, contesta al sacerdote l’infrazione alle attuali leggi antivirus di celebrare la sacra funzione pubblicamente, invitandolo ad interromperla. Il parroco non può, per regola ecclesiastica, che fu inserita nella nostra costituzione dai patti lateranensi del 1929, ed ancora vigente. Così, fra una pausa e l’altra, penosamente si giunge al termine, dopo di che quell’agente redige al prete ed ai presenti il verbale di reato per ‘assembramento’, con conseguente multa”.

“A proposito della canzone citata, Bella Ciao – argutamente Mansueto interviene di nuovo -, sì, può essere bella; ma può pure essere brutta, secondo altri pareri: infatti ad ognuno può piacere una qualsivoglia cosa, oppure no”.

“Eh,no, caro Mansueto – gli risponde duro Carlo -, se vuoi fare battute spiritose, cerca un altro tema: la Resistenza non si tocca!”.

 

/fine seconda parte)

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