37 giorni senza aerei

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“37 giorni senza aerei” è il titolo di un piccolo libro, appena uscito per i tipi di Tralerighe Libri, di Andrea Giannasi, che l’editore presenterà insieme all’autore – Alessio Vanni di Piazza al Serchio, classe 1995 – domenica 9 agosto nella splendida cornice del prato dell’aringo del Duomo di Barga. Alessio Vanni suona la tastiera e canta nel gruppo del gruppo degli Staindubatta, gruppo che, come introduzione all’incontro-dialogo di domenica, ci offrirà 20 minuti di musiche, composte da Federico Bragaglia e Simone Tardelli, gli altri due membri del gruppo musucale, insieme ad Alessio.

Le cento pagine di “37 giorni senza aerei” sono nate nel tempo del lock down, un tempo che l’autore ha impiegato per allargare il suo sguardo sul mondo e su sé stesso. Il libro è un esercizio di consapevolezza, un invito ad aprirci e a voler comprendere cosa sta accadendo oggi, ora, sia fuori che dentro di noi.

“Circa 4750 animali vengono uccisi dagli esseri umani solo in questo preciso istante. Sedici aerei sono decollati nel mondo da quando i vostri occhi si sono posati su questa pagina” (p. 7).
Il libro si apre con questa brutale doccia fredda che mette il dito nella piaga di due dei problemi ecologici più devastanti del nostro tempo e cioè quello della dimensione abnorme dell’aeronautica e quello degli allevamenti intensivi che sono i campi di sterminio industriali del nostro presente.

L’autore ci pone poi davanti agli occhi un mondo dove “tutti stanno accelerando. Nessuno sa spiegarsi il perché di questa follia, lo facciamo e basta. Siamo di fronte ad una curva repentina e il nostro tempo per una possibile frenata sta diminuendo drasticamente. Sono ormai 10.000 anni che abbiamo iniziato ad accelerare, e negli ultimi 250 anni siamo diventati dei veri maestri nel farlo. Abbiamo ucciso, depredato, martoriato più di ogni altra specie su questo pianeta. Siamo stati, e siamo tuttora, abili nel commettere crimini e altrettanto abili nel nasconderli” (p. 8).

Il libro è come una sveglia che ci scuote e ci interroga su quello che stiamo facendo al nostro mondo e a noi stessi, e lo fa con una semplicità e una schiettezza che nascono dalla percezione delle preziosità dell’esistente. E così, pagina dopo pagina, veniamo spinti a imboccare la strada di un “rinnovato comportamento collettivo” (p. 43) che potrebbe salvarci.

Ma non di sola ecologia si parla nel libro di Alessio. Lo sguardo sul mondo che ci viene aperto è subito anche sguardo sulla vita di ciascuno, quella che viviamo dal di dentro.
Ci voleva un ragazzo di 25 anni per riportarci ad alcuni significati basici del vivere, per dirci che è essenziale “diventare bravi a scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile” (p.37) e per ricordarci che è urgente “iniziare a sentirsi come una piccola parte di un disegno più grande, magnifico e luminoso” (p. 50).

“37 giorni senza aerei” è un piccolo gioiello, splendido nella sua imperfezione e proprio per questo ancora più vero.
La sua vera particolarità è che, in esso, i problemi giganteschi del senso dell’avventura della vita sono affrontati dall’autore senza maschere, senza pose e senza ego. E questo è così raro che quasi ci stupisce leggere parole nette e sincere, senza compiacimento di sé e senza voglia di imporsi ed esaltarsi.

Approfittando del tempo del covid, tempo del silenzio e del riposo della natura, tempo di pace ma anche di paura e di dolore, Alessio cerca di toccare la vita e ci fa partecipare ai suoi esperimenti con la vita. Ma il suo sperimentalismo non ha niente a che vedere con quello così diffuso, che ci soffoca, secondo cui le si deve provare tutte e via a correre, correre, correre nel divorare oggetti ed esperienze, tante, tutte, sempre di più. Perché più è meglio.
No: gli esperimenti di Alessio mirano ad approfondirla la vita, a dilatarla, a prendere la bellezza del mondo per prolungarla dentro di sé, a gioire di poter penetrare nell’avventura, mai scontata, della vita, ad assaporarla piano, lentamente, per paura di sciuparla.
Stanco di vederla sciupare, la vita, Alessio vuole fermarsi a sentirla. E anche noi, guidati dal suo libro, siamo invitati a fermarci e a sentirla, la vita, senza volerla più potenziare e senza più accumulo. E così può spuntare la gioia. Certo spunterà anche il dolore della devastazione e della violenza che, per ora, non riusciamo a fermare.
Ma almeno la vita la assaporeremo completa, la attraverseremo per tentare di trasformarla. E poi così saremo veri, reimpareremo a piangere per non aver saputo dare un aiuto a chi aveva bisogno di noi (come fa Alessio mettendosi a nudo nella sua fragilità) senza più quell’automatico scagionarci da ogni colpa, sempre.

Alessio nota come la normalità del precovid era chiudere la propria interiorità in un cassetto e dimenticarla, magari per anni: ma durante il covid, per chi ha coltivato l’attenzione, l’interiorità ha rifatto capolino e ci ha permesso di ripulirci, di risvegliarci e di portare il nostro spirito qualche passo in avanti, di renderci più capaci di proteggere la vita, unico vero motivo per cui siamo scesi su questa terra.

Ciò non impedisce che Alessio, dal basso dei suoi 25 anni, guardi desolato, nei giorni del silenzio e dell’isolamento, un’umanità composta da “una maggioranza di individui distratti e disinformati” (p. 66), che si connettono con un mondo virtuale in cui “le pagine educative sono sommerse sotto cumuli di informazioni insensate” (p. 65).
E anche il tempo, così accelerato, del precovid non era dono per un accrescimento di vita. No: “i giorni erano numeri, date, scadenze, appuntamenti; tutto scorreva in maniera amorfa”.

Il libro si chiude comunque con una fiducia di fondo nell’umanità che Alessio ha deciso di far sua (p. 103) e con la speranza che “l’opportunità di cambiamento verrà colta” (p. 102) dall’umanità. Tutto dipenderà da quanto saremo bravi a riannodare i fili che ci legano al circostante e da quanto sapremo diventare consapevoli che “le nostre vite si estendono molto al di là di noi stessi” (p. 94).

Un grazie ad Alessio da cui ci arrivano almeno due importanti messaggi: uno è che la salvezza non è ancora preclusa alla vita che è ospitata in questo pianeta e l’altro che, comunque, vale la pena passare per questo mondo.

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