Dove la donna vale la metà dell’uomo

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Shirin Ebadi viene presentata come “una stella fissa” di Science for Peace. Lo è per il premio Nobel che ha ricevuto, quello per la pace, nel 2003, e lo è perché è già stata presente su questo palco. E sarà a questo movimento che rivolgerà il suo pressante appello finale: “Invitate tanti intellettuali musulmani, traducete i loro libri, fate pressione perché li conoscano nelle università. Il loro Islam non è come credete. Cercate di conoscere i musulmani e scoprirete che sono vostri amici”.A questa perorazione contro quella che ha chiamato “islamofobia” l’avvocata ed ex presidente della Corte suprema iraniana è arrivata seguendo la traccia della difesa dei diritti civili delle donne. Per la sua lotta contro discriminazioni di ogni genere è stata più volte arrestata, finché, all’estero per una conferenza quando fu rieletto nel 2009 il presidente Mahmoud Ahmadinejad, ha scelto di non rientrare in patria. Dall’esilio guarda con passione e tormento alla condizione della donna nella sua terra dove fu la cosiddetta rivoluzione islamica di Khomeini del ’79, ricorda, a introdurre moltissime leggi discriminatorie.

Quale è il concetto della donna in Iran?

“In Iran una donna vale la metà di un uomo. Lo dice la legge. Se in un incidente perde la vita, il risarcimento sarà la metà di quello corrisposto per un uomo. In tribunale ci vuole la testimonianza di due donne per pareggiare quella di un uomo”.

E per quanto riguarda il matrimonio?

“L’uomo come sapete può prendere quattro mogli e ripudiarle quando vuole mentre per lei la via è il divorzio, molto, tra l’altro, difficile. Tutto questo si fa in nome dell’Islam. E non solo nella sua patria o nei paesi arabi del Golfo. Anche nei paesi che hanno appena cacciato i dittatori, pian piano si va nella direzione di non rispettare i diritti delle donne”.

E’ un allarme che lancia. Che fare per cambiare?

“La via è quella di ‘storicizzare’ l’Islam come si fa per ogni ideologia o religione. La parte immutabile della Sharia è quella delle norme che regolano il rapporto del credente con la divinità: come pregare, come digiunare, senza che peraltro possa venire punito chi decide di non seguirle come non è punito il cristiano che non va a messa la domenica. Il resto, che regola i rapporti tra le persone nella società è da interpretare secondo i tempi e i luoghi, premurandosi di salvare e rispettare l’anima della legge, il suo vero senso. Non la lettera. Così il braccio da tagliare al ladro previsto nei testi sacri o la lapidazione per gli adulteri equivalevano 14 secoli fa ad analoghe punizioni o roghi umani in tutto il mondo conosciuto, anche qui in Europa. E’ ora di trasformare quelle condanne in risarcimenti”.

E per quanto attiene la poligamia cosa ne pensa?

“E’ ora di abolire la poligamia che fu creata perché a causa delle guerre c’era in quei secoli penuria di uomini e per di più le donne non guadagnavano, quindi non avrebbero avuto sussistenza al di fuori di un matrimonio. Ma oggi uomini e donne sono in eguale numero. E le donne possono guadagnarsi da vivere. Non ha più ragion d’essere la poligamia. Queste idee sono condivise da un numero crescente di intellettuali in tutti i paesi musulmani. Lì sta la speranza che le donne ritrovino i loro diritti e la loro dignità sotto l’Islam. Perciò chiedo a Science for Peace, all’Occidente, di aiutare a far conoscere questo volto moderno e liberale della propria religione”.

articolo di Serena Zoli pubblicato sul sito della Fondazione Umberto Veronesi Source

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