Supermissile “Atlas”

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Rimini, fine anni ’60.
Durante le scintillanti passeggiate serali tra gelaterie e negozi di ogni genere, quel missile giocattolo che prometteva di salire in cielo e di far scendere, addirittura, l’astronauta appeso al paracadute infiammava la mia fantasia di bimbo che si entusiasmava alle prime conquiste spaziali di Russi e Americani.
Dopo tre giorni che lo martellavo incessantemente e grazie alla decisiva intercessione della mamma, il babbo finalmente capitolò.
Entrammo nel negozio, una banconota da cinquecento lire passò di mano attraverso il banco, e ne uscimmo fuori con me che non stavo più nella pelle e mi coccolavo il “Supermissile Atlas” che, finalmente, era mio.
Quella notte me lo portai nel mio lettino alla pensione Tropical e mi addormentai pensando ai favolosi lanci spaziali che io e il babbo avremmo fatto l’indomani.
La colazione, col suo concerto di sbadigli, frasi smozzicate nei vari dialetti e “scocciolio” di stoviglie, sembrava non finire mai e durante il tragitto per arrivare in spiaggia tiravo la mano del babbo perché non vedevo l’ora di effettuare il primo lancio.
Mentre gli altoparlanti diffondevano le canzoni dell’estate alternate ai soliti annunci pubblicitari, quei minuti necessari al montaggio del missile e alla preparazione della rampa di lancio mi sembravano infiniti e li scandivo facendo il conto alla rovescia come avevo visto fare agli americani a Cape Canaveral.
10…9…8…7… ultimi controlli!
6…5…4…tutto in ordine!
3… 2… 1…
Allo ZERO la tensione raggiunse il culmine, il babbo mi guardò e poi, con un cenno d’intesa, premette il rosso pulsante di lancio tra gli sguardi di tutti i vicini di ombrellone ormai catturati dal grande evento spaziale che aveva luogo sotto i loro occhi.
Il sistema di elastici scattò con un sonoro “BLOP!” e, con forte fruscio, il missile sfrecciò su nel cielo, sempre più in alto, sempre più piccolo, fino a confondersi col blu…
Al culmine della salita, tra gli applausi del folto pubblico di bagnanti, sbocciarono due paracadute a spicchi bianchi e rossi, uno per il missile e l’altro per l’astronauta.
Lancio Perfettamente Riuscito! Grandi sorrisi e pacche sulle spalle!
Alcuni tedeschi e svedesi che vennero a congratularsi dettero internazionalità all’evento, segno che anche gli stranieri avevano trepidato per il successo del lancio:
ero al settimo cielo!
Purtroppo, durante la fase di rientro alcune folate di vento spinsero il paracadute del missile oltre il tetto delle cabine di un bagno vicino, mentre quello dell’astronauta iniziò ad allontanarsi in direzione sud fino a scomparire del tutto alla vista.
Benché accuratissime, le operazioni di recupero e salvataggio risultarono infruttuose e i due paracadute non vennero mai più ritrovati.
D’altronde, la storia della conquista dello Spazio è costellata di incidenti e vittime che hanno pagato il loro tributo alla scienza e alla sete d’avventura…
Mentre facevo ogni smorfia possibile per frenare le lacrime perché, come mi era stato insegnato, “L’omini un piangono” dagli altoparlanti si riversavano le tristi note di “Elizabeth” di Maurizio dei New Dada.

Commenti

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  1. Domenico Antonio Veneziano


    Complimenti, col Tuo racconto, mi hai fatto rivivere quei momenti entusiasmanti.
    Mi dispiace che il.Tuo primo.lancio sia andato male.
    Buona Vita!
    Domenico Antonio Veneziano

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