SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Baldacci vs Giannoni

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A poche settimane dall’appuntamento del prossimo 4 dicembre – con l’atteso referendum attraverso il quale noi cittadini saremo chiamati a confermare o meno la riforma approvata in via definitiva dalle camere lo scorso aprile – il nostro giornale ha pensato d’offrire uno spazio di confronto nel quale possano misurarsi a favore o contro tale proposta rappresentanti delle istituzioni, della politica locale come pure professionisti o semplici cittadini. Cinque identiche domande poste ai vari interlocutori che potranno motivare la loro posizione con risposte contingentate nella loro lunghezza (massimo 400 battute per ogni risposta).

Riprendiamo il confronto prettamente politico con uno “scontro” di genere, nel senso che a rispondere alle nostre domande sono Lara Baldacci, vice presidente regionale della Commissione Pari Opportunità e consigliere comunale a Barga per il PD; e

Riccardo Giannoni, consigliere Provinciale di “Alternativa civica centrodestra” e consigliere Comunale di Porcari. Sicuramente appartengono tutti e due alle nuove generazioni della politica. La prima voterà convinta sì; il secondo, ovviamente, è un sostenitore e voterà No.

Referendum costituzionale si o no e perché?!

RICCARDO GIANNONI:

No. Nel complesso sono più gli aspetti che non mi convincono di questa riforma. In particolare quello che mi lascia perplesso è l’accentramento dei poteri a livello centrale, in netta controtendenza rispetto al dibattito degli ultimi venti anni in Italia nel quale da parte di pressoché tutte le forze politiche si era convenuto invece sull’opportunità di aumentare i poteri a livello locale in ossequio al principio di sussidiarietà.

LARA BALDACCI:

Assolutamente sì perché credo che questa riforma serva all’Italia per accelerare sulla strada dell’efficienza, della stabilità, della competitività e persino della parità di genere perché per la prima volta nella storia la parità di genere sarà scritta nero su bianco anche nella seconda parte della Costituzione per garantire la concreta partecipazione delle donne alla vita istituzionale e politica del Paese. Le donne, ma in generale i cittadini tutti, saranno i protagonisti del cambiamento. Pensiamo solo a quante volte i referendum popolari sono falliti a causa del quorum troppo alto che la Costituzione richiede. Ebbene, con la riforma si cambia perché verrà introdotta la possibilità, raccogliendo 800.000 firme, di abbattere il quorum: non sarà più il 50% degli aventi diritto di voto ma il 50% dei votanti alle ultime elezioni politiche.

Questo è quello per cui siamo chiamati a votare, non una persona, non una leadership o una classe dirigente. Sia chiaro, la nostra è la Costituzione più bella del mondo, nei principi e nei diritti e doveri in essa contenuti è ancora un testo di grande attualità e questi aspetti non saranno minimamente toccati dalla riforma. Questa interverrà solo sulla seconda parte della Costituzione, quella che regola il funzionamento delle Istituzioni e su cui già diversi Padri Costituenti, da Calamandrei a Togliatti per citarne alcuni, avevano auspicato interventi successivi. Il 4 dicembre si voterà per modificare proprio questa seconda parte della Costituzione che si dimostra inadeguata rispetto a quanto sono cambiati l’Italia, l’Europa e il Mondo in questi 70 anni.
Dire SI vuol dire riconoscere le necessità del cambiamento, per costruire un sistema migliore, più efficiente e le condizioni per un Paese più giusto.
Dire NO vuol dire accettare che tutto resti, chissà per quanti anni ancora, inefficiente e inadeguato come è.

La riforma prevede il superamento del bicameralismo perfetto di cui si parla da 30 anni: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?

LARA BALDACCI:

Avere un Senato e una Camera che fanno le stesse cose oltre ad essere obsoleto porta oggettivamente a tempi lunghissimi per fare una legge in Parlamento, aumenta l’instabilità dei Governi che devono avere la fiducia in due camere elette con leggi elettorali diverse. Questo complica indubbiamente ogni decisione e indebolisce il sistema istituzionale. Con la riforma finalmente si cambia: soltanto la Camera darà la fiducia al Governo e farà le leggi. Il Senato non sarà più un doppione ma rappresenterà le Istituzioni territoriali. Avremo così leggi più rapide, Governi più stabili e un Paese più moderno.
In una società moderna, contemporanea, non ci possiamo più permettere che le decisioni vengano rimandate, che si discuta all’infinito senza mai arrivare alla fine, che la politica sia totalmente deresponsabilizzata. Per questo sono assolutamente favorevole.

RICCARDO GIANNONI:

Il bicameralismo perfetto va superato. Peccato che questa riforma non lo supera affatto. Chi ha la pazienza di leggere il testo del nuovo art. 70 della Costituzione previsto dalla riforma potrà averne conferma. Sono tantissime le materie che necessiteranno ancora del doppio passaggio Camera-Senato per l’approvazione delle leggi e sarà comunque possibile per il Senato mettere la bocca su qualsiasi provvedimento approvato dalla Camera.

Col nuovo senato come Camera delle autonomie locali i territori sarebbero più rappresentati anche a livello centrale?

RICCARDO GIANNONI:

Che senso ha una maggiore rappresentanza con una contestuale diminuzione dei poteri effettivi delle autonomie locali?! Una camera delle autonomie locali potrebbe aver senso in uno stato realmente federale. Questa riforma va nella direzione esattamente opposta. Non so quanto i territori potranno incidere realmente nella vita del paese.

LARA BALDACCI:

Il Senato assumerà senza dubbio una importante funzione di rappresentanza delle autonomie locali. Con la riforma il Senato diventerà la sede del raccordo tra Stato, Regioni e Comuni. Sarà costituito da 100 Senatrici e Senatori di cui 95 eletti dai cittadini tra consiglieri regionali e sindaci e solo 5 di nomina del Presidente della Repubblica. In questo modo i lavori del Senato saranno riorganizzati rispetto a quanto avviene oggi e coordinati con quelli dei Consigli Regionali e dei Comuni che potranno così intervenire direttamente nel procedimento legislativo attraverso i sindaci e i consiglieri che ne faranno parte.

Col nuovo Senato si tagliano poltrone e costi della politica: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?

LARA BALDACCI:

Su questo i numeri parlano da sé.
I senatori passano da 315 a 100. Di questi nessuno avrà ulteriori indennità se non quelle che già percepiscono dall’ente (Regione o Comune) che rappresentano. Saranno eliminati i costi relativi a gruppi parlamentari e Commissioni del Senato.
La riforma porterà definitivamente al superamento delle Province e all’abolizione del CNEL, ente completamente inutile che in 70 anni è costato l’equivalente di 1 miliardo di euro a fronte di soli 14 disegni di legge proposti.
I consiglieri regionali non potranno più ricevere rimborsi per eventi, consulenze, spese di promozione, pubblicità e rappresentanza mentre continueranno a ricevere il proprio stipendio che però avrà finalmente fissato un tetto ragionevole, non potendo essere superiore a quello del Sindaco del Capoluogo di Regione, ed avranno a disposizione per il proprio lavoro il personale e le risorse proprie della Regione.
Si stima un risparmio di quasi 500 milioni di euro all’anno tra Senato, Regioni e Province senza contare i benefici che la riforma porterà alla crescita economica del Paese: la stabilità politica e la maggiore efficienza legislativa che saranno introdotte in caso di vittoria del SI al Referendum potranno sostenere la produttività e il PIL dell’Italia fino a un +0.6% all’anno.
Come non essere favorevoli?

RICCARDO GIANNONI:

Giusto assolutamente. E’ uno degli aspetti che condivido di questa riforma. Ci sono ancora troppe “poltrone” in Italia. Mi pare che 630 deputati siano ampiamente sufficienti per legiferare e rappresentare il popolo Italiano. Abolire del tutto il senato sarebbe stata una scelta più coraggiosa.


Cosa succede il 5 dicembre se vince il si o se vince il no?!

RICCARDO GIANNONI:

Nessuno scenario apocalittico. Le elezioni sono sempre una bella occasione di partecipazione democratica ed è assurdo caricarle di pesi ingiustificati immaginando che accada chissà cosa il 5 dicembre. Sicuramente un dato politico, come è normale che sia in seguito a qualsiasi competizione elettorale, emergerà. Il Si sarà un rafforzamento dell’esecutivo ed il No un suo depotenziamento. Al di là dello sforzo di spoliticizzare questa competizione sarà quindi inevitabilmente anche un test sul governo di cui non si potrà non tenere conto.

LARA BALDACCI:

Il 5 dicembre sicuramente non succede niente, gli effetti della riforma si vedranno con il tempo.
Certo è che se vince il SI, la mattina del 5 dicembre ci sveglieremo con una speranza per il futuro, con il cuore gonfio di orgoglio per aver fatto la scelta giusta, la scelta del cambiamento, della modernizzazione, dell’efficienza e della stabilità. Dimostreremo all’Europa e al Mondo che questa Italia non vuole fermarsi, non vuole tornare all’ingovernabilità e agli inciuci ma vuole un Paese con meno politici e più politica, un Paese più semplice e più giusto.
Se vince il NO, la mattina del 5 dicembre ci sveglieremo con la consapevolezza di aver perso un treno, che se va bene ripasserà tra vent’anni e comunque non sarà più lo stesso. Difficile immaginare un futuro migliore, se va bene rimarrà tutto come sempre, ma il rischio sarà quello di tornare in preda al peggiore passato.

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