27 dicembre 1944: “Barga è un deserto; mi risulta che pattuglie tedesche sono a Porta Reale, al Giardino e nei Viali attigui; truppe incolonnate marciano verso Fornaci. Una densa colonna di fumo si eleva dai magazzini Nardini sul Fosso; sono botti di nafta che bruciano. Suppongo che ugual sorte stia toccando ai cereali e alla farina. Cannonate e mitragliate si sentono verso Loppia e Fornaci”
(via del Pretorio in centro storico distrutta dai bombardamenti)
La nottata è stata pessima. Alle 6 del mattino di mercoledì 27 i tiri tedeschi rinforzano notevolmente. Alle 6,30 si ha una sosta. Quindi una ripresa, ma in grande stile. Atroce! Più che una grandine di proiettili era un annaffiamento. Da tutto il semicerchio montano si centrava la disgraziatissima Barga. Saprò poi da un testimone della Pieve Fosciana che dalle batterie postate in quei dintorni si sparava come si suonasse un organo! E lì erano tutti pezzi di grosso calibro. Questo inferno durò poco più di un quarto d’ora. Alle 7,30 sulla rampa, davanti alla Canonica, scorgo una pattuglia tedesca. Tranquilli, fucile in spalla e col loro caratteristico berretto sembrano pacifici cacciatori. Il fatto che fino a due giorni prima sarebbe sembrato impossibile è invece un fatto compiuto: siamo di nuovo sotto il giogo tedesco e per di più in pieno campo di battaglia!
Ore di ansia e d’ incertezza
Circa alle 8 vado in Conservatorio e celebro Messa nel rifugio, che è poi la legnaia. L’altare consiste in una botticella su cui è posata la pietra sacra; il messale è posto su fasci di legna. Quanto al resto, catacombe? Forse, però con questo rilievo: le catacombe al paragone sono case accoglienti. Io, il canonico Marcucci, il canonico Chiappa e Don Andreotti esaminiamo la situazione, ma al momento non c’è da far altro che seguirne gli sviluppi. Dal canonico Chiappa apprendo che la signora Teresa Rocchiccioli, già gravemente ferita in un precedente bombardamento, aveva avuto una crisi per emorragia interna. Militari tedeschi, soffermatisi al Conservatorio ed informati del caso, poco dopo hanno fatto pervenire medicinali adatti, che hanno fatto superare la crisi.
Apprendo inoltre che dopo il bombardamento delle 7 molta altra gente è partita fra cui i ricoverati dell’Asilo Pascoli (Anormali Psichici) alloggiati nell’Istituto Magistrale: ma non tutti. Quattro, rimasti indietro per caricare delle provviste su un carretto, ne sono stati impediti dai tedeschi, che circa le 8 hanno bloccato Porta Reale. Chi vuoi fuggire si avvia verso Loppia per i sentieri di Latriani. Del resto la via provinciale si è fatta sempre più pericolosa perché battuta ora dagli alleati.
E gli americani? Partiti nella notte e di primissimo mattino, dimenticandosi di far saltare il ponte di Porta Macchiaia, minato dal 3 dicembre. Ed è stata proprio una nuova grazia di Dio dopo il disinteressamento tedesco del 26 settembre. Qualche militare sperduto nelle selve è stato ucciso; qualche altro rimarrà nascosto e sfuggirà alla cattura. Tipico il caso di Sommocolonia dove quattro mori non potendo fuggire rimasero nascosti in una soffitta, mentre al piano di sotto alloggiavano i tedeschi. Reclusione di breve durata per la piega che poi presero gli eventi.
Barga è un deserto; mi risulta che pattuglie tedesche sono a Porta Reale, al Giardino e nei Viali attigui; truppe incolonnate marciano verso Fornaci. Una densa colonna di fumo si eleva dai magazzini Nardini sul Fosso; sono botti di nafta che bruciano. Suppongo che ugual sorte stia toccando ai cereali e alla farina. Cannonate e mitragliate si sentono verso Loppia e Fornaci; a Barga però la mattinata passa calma. Sfolgora un sole primaverile; i monti sembrano stagliati nel cristallo. Oh gl’incanti del panorama barghigiano e che contrasto col deserto e colla morte che ci circonda.
Mi trovo in conservatorio quando viene a trovarmi lì il buon Battista Piacenza. Mi parla di una vittima del bombardamento della sera innanzi, Nannini Nello. Lo autorizzo a prelevare la cassa (o le casse perché purtroppo abbisogneranno) dai laboratori di falegname o il legame occorrente. Però che ne tenga nota per renderne a suo tempo conto. Battista dichiara di essere a mia disposizione e che verrà. mattina e sera per le eventuali necessità. È l’unico dipendente comunale a mia disposizione e, per il momento, quello più al caso. Alle 12 in Canonica ricevo la visita del prof. De Negri il quale mi informa di aver incontrato in Pozza, dove egli dimora a Villa Biondi, le truppe tedesche che scendevano verso Fornaci. Interrogati dal professore dichiararono di andare “Pisa Roma” (nientemeno) e che gruppi di mori a Sommocolonia avevano fatto una certa resistenza, ma avevano dovuto cedere. Ma, come poi si saprà, è da rilevare la resistenza partigiana anch’essa presto sopraffatta dalla preponderanza tedesca.
(…)
La prima incursione aerea
Ad interrompere il filo dei miei pensieri è un volo d’aerei a bassa quota. Fanno un fracasso del diavolo. In quel mentre entra nello studio Don Andreotti. Non abbiamo avuto ancora il modo di scambiare una parola che, mescolato al rumore degli aerei, si sente un urlo lamentoso di virata sulle nostre teste: Don Andreotti mi afferra per un braccio gridando: Via! Sono appena in piedi che uno scoppio formidabile fa sobbalzare la casa in mezzo ad un «iradiddio». Uso questa parola perché non so trovarne un’altra adatta a dare l’idea della simultaneità dello scoppio, dei crolli, sfasciamenti, schianti d’imposte, di porte, sgretolio di vetri, tegole, vasellame e poi spezzoni e mitraglia. Ma tutto ciò non toglie che volga lo sguardo al di fuori e scorgo un secondo aereo quasi a pari dei tetti che risale come un uccellaccio. Altro scoppio mentre una folta nube di fumo e di polvere avvolge il Conservatorio e le case adiacenti. La Canonica è rimasta sconvolta. Ci rifugiamo in cantina, ma più specialmente nel Cuor di Gesù raccomandandoci l’anima. Non c’è da far altro! Altri scoppi vicini e relativi sussulti della casa. Gli aerei girano e rigirano così loro paurosi ululati e non avendo altre bombe agiscono colla mitraglia. Rabbiosa, insistente, sembra che sia sparata da fermo, invece che da aerei. Finalmente la squadriglia si allontana. Quanti erano? Forse cinque. Quatto si trattennero? Pochi minuti, ma eterni. Quante bombe? Ritengo una diecina, più spezzoni e mitraglia. Quale l’ordine? Le prime presso il Conservatorio tra l’istituto Magistrale, la Scuola Media (Casa Gherardi) e la Casa Castelvecchi; altre non saprei. Son momenti in cui c’è ben altro da pensare. Altri aerei passano, ma vanno altrove a far visita. Approfittando di una sosta visito la Canonica che è in un sottosopra fantastico. Do un’occhiata sulla piazza; vedo passare di corsa il Pietrino Rigali fotografo che mi grida qualcosa di cui percepisco le parole «morte» «Niccolini». Vorrei andare a vedere, ma altri aerei sopraggiungono e virano in un carosello pericoloso. C’è da aspettarsi un ritorno offensivo.
La nuova incursione
Difatti poco dopo (forse le 15) i caccia ritornano, non saprei quanti, e sganciano ancora il loro tremendo carico nella zona del Duomo. Ci rifugiamo nuovamente in cantina a ridosso del terrapieno ed anche questa volta proviamo l’emozione di scoppi vicinissimi. La casa ondeggia come nave in tempesta. Bombe, spezzoni, mitraglia dai minuti eterni, virate e picchiate dagli urli spaventosi ed indimenticabili. Fin verso le 16,30 continuano i voli dei caccia che, dopo aver sistemato Barga, spiegano ora la loro attività nelle campagne e sulle coste dei monti; ma le loro virate vengono a farle nel nostro cielo tenendoci in continuo orgasmo. Finalmente io e don Andreotti possiamo uscire e vediamo subito la piazza della Canonica pienamente sconvolta ed il pendio ad orti, fin verso il teatro ridotto tutto ad una frana che ha inizio dall’aiuola centrale della piazza. L’abbiamo avute proprio vicine le bombe! Superando detriti di ogni genere andiamo in Conservatorio le cui condizioni sono impressionanti. I ricoverati sono in gran parte nella lunga legnaia ormai adibita a rifugio; altri nel rifugio Salvi. Sono ancora terrorizzati. Apprendo i particolari della tragedia. La vittima è adunque la signorina Anna Maria Niccolini. Al momento dell’incursione essa, con Madre Virginia del Conservatorio, Madre Leonilde dell’Asilo ed altre Suore, col comm. Morando Stefani, Commissario dell’Istituto, venuto anche in quel giorno per la quotidiana visita, Pietrino Rigali, Bruno Rocchiccioli ed altri, si trovava presso il portone delle Magistrali. Tutti si erano affrettati al rifugio, ma essendovi ingombri non poterono entrare solleciti. Furono travolti nel rovinio: una scheggia colpì la Niccolini che si abbatté riversa sul primo lettino. Contusioni riportarono Rocchiccioli, Rigali e il comm. Stefani. Passando per via del Pretorio e superando alti cumuli di macerie ci recammo sul posto. Lì presso la casa del Gianni Pia stava bruciando e poteva il fuoco propagarsi anche al Conservatorio. Ma nulla da fare. Avremmo voluto portare in luogo più conveniente la salma della Niccolini, ma le macerie accumulatesi per le successive esplosioni ingombravano la scala, corridoi e porte e sarebbe stato impossibile.
Il sole sta tramontando in un incanto di luci vespertine, che però danno maggior risalto al desolante spettacolo. A me e ad Andreotti non rimane che dare un’occhiata al reparto animali da cortile, che possono essere utili in mezzo alle incognite che si profilano. Sono i polli e i conigli dell’Asilo Pascoli che da ieri non hanno mangiato. Provvediamo a dare erba ed altro come pasta, che abbiamo trovato nella cucina abbandonata dell’Istituto Pascoli e che cerchiamo di pulire dai vetri mescolati in abbondanza. Domani provvederemo meglio. Ci rechiamo poi in visita ai ricoverati nel rifugio. È una scena che fa piangere: nel primo lettino il prof. Niccolini, affranto dalla sciagura, vecchi, infermi, donne, fanciulli. Oltre alcuni lettini veri e propri vi sono giacigli fatti di materassi posti su cataste di legna, casse. Nei minimi spazi liberi e sulla scaletta, con qualche fornelletto primitivo si tenta di cuocere qualcosa. Chi piange, chi si lamenta, chi prega, chi si bisticcia… Tutte le Suore ed altri sono nel rifugio Salvi, pur esso al completo. Camminare per il Conservatorio è un problema per i rottami che lo ingombrano. I più pericolosi sono i vetri delle numerose porte e finestre. Si sdrucciola come sul ghiaccio. Prima che scenda completamente la notte, do ancora un’occhiata alla nostra disgraziatissima Barga. Vicino a noi continua a bruciare la casa del Pia; al Giardino bruciano l’Albergo «Alpino» e la casa Pieroni, già sede del comando partigiano; dal magazzino Nardini salgono ancora colonne di fumo. Non si sentono aerei; però qua e là arrivano cannonate americane. Pur spiegandomi le dure, per non dire, crudeli necessità della guerra, sto tormentandomi il cervello per spiegare l’accanimento dell’aviazione americana proprio nella zona del Duomo e del Conservatorio. In Barga tedeschi ve ne sono proprio pochi; se mai un po’ di più al Giardino e per i viali, ma in transito. Dispongo che stanotte don Andreotti dorma nel rifugio del Conservatorio, dove si trovano anche i canonici Marcucci e Chiappa; io mi ritiro in Canonica, dove ospito alcuni sfollati rimasti senza casa.
26 dicmbre: L’offensiva Tedesca
Lunedì 25: Natale
Il tragico Natale Barghigiano, Vigilia di Natale
Domenica 24: Vigilia di Natale! Ma il gaio affaccendarsi in casa, nei negozi alimentari o di altro genere, il pensiero della cena tradizionale, le preoccupazioni dei bimbi per i doni che porterà Gesù Bambino, il suono festoso delle campane e la lieta ascesa al Duomo per la Messa di notte sono da ricordarsi coll’introduzione delle novelle del buon tempo antico: C’era una volta…
Un po’ di gente frettolosa va e viene per quei pochi alimentari che spettano ed eccetto queste botteghe semiaperte, tutti i negozi sono chiusi come se dominasse la peste. Qualcuno in piazza del Comune per ragioni inerenti agli uffici; ma in tenuta da montagna e pronto a filare alla massima velocità. Da una parte e dall’altra stamani sembra che vi sia del nervosismo. Da parte americana vi è la solita prodigalità di artiglierie: voci profonde di grossi calibri, voci tenorili di altri, voci rabbiose e scordate di mortai e mortaietti. A queste « partenze » fanno riscontro gli « arrivi » tedeschi che però in gran parte si sono mantenuti alla periferia.
Prossima offensiva Tedesca?
Di prima mattina, ad ore 7, mentre mi accingo a celebrare la Messa parrocchiale, mi si comunica, in forma riservata, che è imminente un’offensiva tedesca, ma che gli americani hanno il compito di fronteggiarla. La notizia non è confortante e mi spiega il movimento intenso delle truppe avviate a Sommocolonia. Mentre mi trovo al Camposanto (ore 10) per la sepoltura del bimbo Bechelli Alfredo, ucciso casualmente dai mori in località Ronchi per litigi fra loro, comincia un nutrito bombardamento tedesco della zona «Diversi» – Piangrande.
Altri tiri li abbiamo alle 12 e alle 14. Sto accompagnando al Camposanto la salma di Costantino Tolari ed un provvidenziale ritardo di cinque minuti ci risparmia di esser centrati tra la pensione Chiappa e l’Alpino. Sul Largo Roma sentinelle vorrebbero proibirci di proseguire, ma io faccio notare che il morto pur dobbiamo seppellirlo. Alle 16,20, mentre comincio la Messa della «Notte» al Crocifisso, altri tiri battono per un quarto d’ora la zona del campo sportivo. Pur tuttavia, la Chiesa è discretamente affollata e nessuno si muove o dà segni di panico. Però qualcuno in ritardo per istrada ha pensato di correre nei rifugi. Oltre 60 persone si accostano alla S. Comunione.
Parecchia altra gente ha assistito alle messe dette al S. Cuore e ai Cappuccini. A sera tardi grande sparatoria americana verso Lama. Sono in azione calibri grossi e piccoli, proiettili luminosi rossi e azzurri, razzi di segnalazione etc. È proprio fantastica questa Notte di Natale! Altro che il canto degli Angeli! La notte adunque passa in grande sparatorie in partenza e purtroppo anche in arrivo!
3 dicembre 1944: cambio di truppa – apprensioni
(soldati americani nei boschi di Sommocolonia)
Nei primi due giorni di dicembre avviene il consueto cambio della truppa, ma tanto la Divisione, il colore e lo spirito sono gli stessi. Ho occasione di avvicinare il Cappellano militare delle nuove truppe. È moro e di confessione anglicana. È molto cortese e mi dice, fra l’altro, come abbia partecipato ad un’udienza dal Santo Padre concessa ai militari americani. Il Papa gli ha domandato qual’era la sua confessione ed avendo udito che era anglicana gli ha espresso il voto dell’unione delle Chiese, e gli ha dato la benedizione. Mi dice di averne ricevuta una impressione incancellabile. Durante il colloquio il Cappellano mi guarda con un certo interesse ed alla fine mi dice che il mio fisico rassomiglia a quello del suo professore di filosofia all’Università di Detroit. Ne son proprio lusingato! Mi presenta poi un militare che ha con sè: è il suo attendente che è poi anche sacrista ed organista. Questi mi dà un saggio e poiché siamo in Conservatorio si siede al piano e canticchia un canto religioso. Dove sarà ora quel buon Cappellano? Ma riprendiamo la cronistoria.Nella domenica 3 dicembre si sparge la voce che i mori stanno minando il ponte di porta Macchiaia, che i tedeschi ci avevano risparmiato. Purtroppo la notizia è vera e suscita enorme impressione. Non mancano spiegazioni ottimiste: è una misura precauzionale che prendono tutti gli eserciti, e che anzi avrebbe dovuto esser già presa. Anche il ponte provvisorio di Catagnana è stato minato. Non solo, apprendo da Loppia che alcuni cannoni postati nel podere della Propositura sono stati portati verso Ghivizzano. Perché?
La spiegazione la conobbi dopo qualche giorno. Approfittando del cambio della truppa alleata nella zona di Tereglio, cambio che pare non comportasse una precisa saldatura fra la partenza degli uni e l’arrivo degli altri, i tedeschi avevano tentato un’infiltrazione. Se il colpo riusciva il fronte di Barga veniva aggirato con tutte le relative conseguenze. Il tentativo fu sventato con rapidità. Si chiarisce quindi il perchè anche a Barga si presero dei provvedimenti; ma si chiarisce anche che Barga si trova in una situazione precaria. E poi con quei soldati c’è sempre da stare col batticuore!
Novembre 1944: attività militare
È bene rilevare che noi vivendo, più che sul fronte, in mezzo alla battaglia, sappiamo molto poco di quel che accade intorno a noi. In ogni modo, per quel che possiamo osservare è che i punti più pericolosi per noi sono il Monte Lama e il Monte Perpoli: Lama pilastro dello schieramento tedesco; Perpoli dello schieramento delle truppe della repubblica di Salò. I due monti sono battutissimi dagli americani; quanto ad occuparli è un’altra cosa.
Nei riguardi di Lama, dopo il fallito tentativo del 31 ottobre spesso si è sparsa la voce della conquista ogni qualvolta si è sentito della fucileria e delle mitragliate. Un tentativo più serio, coll’attivo concorso dei partigiani, eseguito il 27 novembre fallì come i precedenti. Risultò che per là vi erano zone minate. Persona rastrellata e poi sfuggita ai tedeschi e rientrata in Barga dalla parte di Lama a metà novembre mi narrava che i tedeschi facevano in quella zona grandi lavori di fortificazione, ridotte, case-matte ed aprivano strade.
Quasi che fosse proprio necessario battere Lama da Barga (oltre le postazioni di Loppia ed altri luoghi), i mori piazzarono un discreto cannone nella piazzetta Verzani a S. Felice. Posizione veramente magnifica e più adatta non potevano scegliere per farsi osservare dai tedeschi e conseguentemente compromettere non tanto il rione di Macchiaia quanto di farmi bombardare con maggiore intensità il Duomo e le Chiese del Crocifisso e di S. Felice.
Protestai presso il Comando e le osservazioni furono ritenute giuste tanto che il cannone non sparò mai, fu coperto e dopo alcuni giorni portato via. Alla fine del novembre, nel nostro Comune lo schieramento americano era così segnato: Zona dell’Arsenale – Corsonna – Rivillese – Sommocolonia – Castelvecchio – Caproni – Albiano rimanevano nella cosiddetta “terra di nessuno” e per lì convenivano pattuglie dell’uno e dell’altro schieramento e i pochi abitanti vi rimanevano a loro rischio e pericolo.
Novembre 1944: i quotidiani bombardamenti
Partiti i brasiliani son cambiati i musici; la musica è però sempre la stessa. Dalle postazioni alleate continuano a partire migliaia di colpi e naturalmente i tedeschi fanno altrettanto in scala minore, ma dannosissima a Barga. Secondo il criterio su esposto noto i giorni in cui le granate sono cadute a Barga e campagna. senza tener conto di Fornaci, S. Pietro in Campo, Albiano, Sommocolonia etc. non avendo possibilità di controllo; è però certo che anche per loro non mancava la dose spessa e abbondante.
Adunque: giorni 6 – 8 (a più riprese – morte di Giancarlo Piacenza presso il S. Cuore) – 9 (danni al cimitero) – 10 – 12 (morte di Costantino Tognozzi) – 13 – 15 (morte della colona Rosa Salotti in Bilia) – 16 – 17 – 18 – 20 – 21 – 22 – 25 – 26 – 27 (altri danni al cimitero) – 28 – 29. Inutile dire che ogni bombardamento ha aumentato i danni alle case. Nei riguardi degli altri paesi rilevo che in questo mese Sommocolonia non ha avuto gravi danni. Il giorno 29 un colpo di mortaio scoppiò sullo stanzone annesso alla Chiesa. Ad Albiano il 4 o 5 novembre un colpo di grosso calibro tedesco colpì in pieno la facciata, sventrandola e facendo cadere tutto il tetto con danni irreparabili. Anche varie case sono state assai danneggiate per i tiri dell’una e dell’altra parte. Pure a Castelvecchio si sono avuti danni alla Chiesa e alla Canonica.
3-5 novembre: arrivano le truppe americane di colore
(nella foto: i Buffalo Soldiers arrivano a Sommocolonia in una rievocazione del 2009)
Dal 3 al 5 novembre la 92° Divisione Buffalo dà il cambio ai brasiliani. Dal modo con cui le truppe sono attrezzate speriamo in azioni più conclusive. Ma abbiamo motivi di esser perplessi. I mori, che in fondo non son cattivi, si preoccupano un po’ troppo di vino, di grappa e di galline.
Non solo, ma con discutibile galanteria si danno ad infastidire le donne, specialmente se signorine e taluno avanza proposte di matrimonio… Fisicamente, è ovvio il dirlo, non sono davvero attraenti: ma con quelle mani piene di scatole, scatolette, pacchetti di sigarette etc., con le necessità impellenti, fanno colpo! Non parlo poi del piccolo… commercio fra privati e mori. Le Autorità militari facevano divieto e punivano severamente i militari che acquistavano vini e liquori (grappa. cognac, vermouth etc.) e giustamente perché per la natura ancora primitiva dei mori, non sufficientemente controllata da un’educazione morale e religiosa, gli alcoolici rappresentavano un pericolo grave per gl’inconvenienti che avrebbero potuto verificarsi: e come purtroppo si verificarono.
30-31 ottobre: l’ azione per Lama
Il 30 ottobre il Comando Brasiliano mi manda l’ordine di sospendere il suono delle campane e dell’orologio, perché pare che tali suoni favoriscano azioni di spionaggio. Giornata assai movimentata quella del 31 verso Lama. Cannonate, fucileria, mitragliate echeggiano tutto il giorno. Si trattava di un’azione per occupare Lama, ma dopo un successo iniziale era stata sospesa in attesa di rifornimenti (1° novembre). Il 3 novembre le truppe brasiliane si ritiravano dalla zona di Barga per il cambio con le truppe di colore americane.
14-30 ottobre: i quotidiani bombardamenti
(Casa Pia distrutta dai bombardamenti del dicembre 1944)
Quello che temevo è avvenuto. Sabato 14 il bombardamento riprende e nei pressi della Canonica cade un proiettile di grosso calibro. Mentre la casa si scuote paurosamente, s’infrangono vetri e cadono tegole sento dalla rampa levarsi grida d’aiuto.
Vedo una colonna di fumo e dalla finestra cerco di rendermi conto di quel che sia successo. Ma altri due proiettili che cadono presso il giardino Salvi mi tolgono la possibilità. In pochi minuti altri, e tutti grossi, cadono qua e là per Barga. Appena possibile corro sulla rampa; all’ingresso della Vignola si è prodotta una frana fin nell’orto Magri.
Apprendo che sono rimasti feriti più o meno gravemente Raffaello Stefani, il giovane Mario Pia e fanciullo Gonnella Enrico che si trovavano al cancello. Dai soldati Pia e Gonnella erano già stati portati all’ospedale; di Raffaello per qualche tempo non si ha traccia: infine è stato trovato nel rifugio sotto il Conservatorio donde i soldati lo hanno trasportato a Pisa.
Altre riprese si sono avute alle 13, 15, 17; quindi sosta fino a mezzanotte. A quell’ora una violenta ripresa ha colpito la zona di porta Reale con gravissimi danni alla casa Giannotti, rimanendo ivi vittima la Signora Teresa. Proprio ai primi minuti del suo giorno onomastico! In quel giorno, domenica 15, ritengo opportuno sospendere il servizio religioso in Duomo essendo troppo esposto e riduco pure il servizio nelle altre Chiese.
Bombardamenti si hanno nei giorni 16, 17, 18 e 20 e, dopo una breve parentesi che aveva alimentato una certa speranza, nei giorni 25, 26, 27, 29, 30 e 31. Così dai miei appunti.
L’obbiettivo è stato sempre Barga e la campagna immediatamente vicina. È ad essa che mi riferisco nelle mie note. Quanto agli altri paesi o zone non ne tengo un conto vero e proprio, non potendo averne un esatto controllo.
In ogni modo rilevo che le batterie tedesche battono spesso Fornaci, Mologno e Sommocolonia. Quanto ad Albiano e Castelvecchio le ricevono anche dagli alleati; ormai son terra di nessuno.
Tra il 14 e il 15 ottobre ai Paroli una cannonata alleata ha fatto sei vittime fra le famiglie Martinelli e Pellegrini. Castelvecchio, per ordine dei tedeschi, è stato sfollato fra il 19 e 20 ottobre: sono rimaste la Sig.na Mariù Pascoli e qualche famiglia in zona periferica o montana.
Verso il 15 ottobre i brasiliani hanno occupato Sommocolonia e si spera che una volta sistematisi facciano qualche passo occupando Lama. Questa speranza sembra avvalorata dal fatto che nella settimana dopo il 22 molte truppe sono passate dirette a Sommocolonia.
12 ottobre: sotto il fuoco nemico
(nella foto: le zone del ponte e del Giardino squassate dai bombardamenti)
In quello stesso pomeriggio una trentina di brasiliani si accasermano in Canonica, sistemandosi al pianterreno e in cantina. Sono educati, silenziosi e non danno fastidio.
A tarda sera vengo informato in forma riservata che la notte non sarà tranquilla. Dò un’importanza relativa e andiamo a riposare senza eccessive preoccupazioni, ma a mezzanotte uno scoppio fragoroso, seguito immediatamente da altri contemporanei, ci fa sobbalzare dal letto. Discendiamo giù fra i brasiliani mentre il bombardamento si fa più intenso. Dura almeno un quarto d’ora.
Dalla direzione degli scoppi mi avvedo che parecchi sono andati a finire in Latriani. Sono tutti di grosso calibro. Alle tre altro bombardamento più breve e di minore intensità. Ho passato il resto della notte fra i soldati e ricordo con gratitudine le premure di un sergente verso di me per procurarmi un buon giaciglio.
Al mattino si sono constatati i danni che appariscono più limitati di quanto si potesse supporre. Purtroppo fra gli edifici danneggiati è la Chiesa della SS. Annunziata che ha avuto semidistrutta la sagrestia e danni al tetto e sopra l’altare maggiore. Un proiettile da 210, pur non scoppiando, ha danneggiato la casina Chiappa, presso la Ripa sotto il Duomo. A sera altri colpi, senza gravi danni.
Venerdì 13 passa senza allarmi. A sera i brasiliani lasciano la Canonica per altri alloggi. Per la via del Pretorio camionette cariche di soldati e di rifornimenti si susseguono senza interruzione verso porta Macchiaia per usufruire dell’unico ponte rimasto.
Ciò mi fa temere che i tedeschi prendano di mira più particolarmente la zona del Duomo per impedire il transito. Apprendo poi che i brasiliani hanno postato le batterie nel podere della Propositura a Loppia.
11 ottobre: Arrivano i Brasiliani e inizia la tragica sinfonia
nella foto: soldati Brasiliani. Foto tratta da www.sulleormedeinostripadri.it
Mercoledì 11 ottobre finalmente arrivano i brasiliani. Per la storia sono le 10.30 e precisamente 15 giorni dopo la partenza dei tedeschi.
È vero che le distruzioni stradali sono molte e gravi, ma 15 giorni, almeno alla nostra ansietà, sono sembrati un po’ troppo. Forse perché, così si dice, gli alleati vogliono risparmiare vite umane, essendo per loro assiomatico (e non c’è da dar loro torto) che per fare un uomo ci vogliono venti anni e per un cannone basta un giorno.
Ed allora pazienza! però riteniamo che quella “lentezza” di marcia abbia avuto un peso enorme, in tutto il senso della parola, per la sarte di Barga. Ma checchè possa dirsi dall’”uomo della strada”, gli alleati, rappresentaci dai brasiliani, finalmente hanno occupato Barga. L’accoglienza è cordialissima e numerosa folla assiste con visibile compiacenza al passaggio dei soldati, dai coloriti più diversi, montati su jeep, molte delle quali contraddistinte con nomi della Vergine e dei Santi e con immagini sacre.
Quasi subito le autorità fanno avvertire la gente di ritirarsi sollecitamente nelle proprie case, perché da un momento all’altro possono verificarsi pericoli. Tutti sfollano più o meno lentamente al richiamo della dura realtà.
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I tedeschi hanno certamente osservato o saputo dell’ingresso dei brasiliani in Barga e non tardano ad inviare il loro saluto. Alle 11,45 mentre mi trovo in Piazza della Canonica a scambiare con altri le impressioni sulla situazione, tre cannonate alla distanza di pochi minuti cadono su Barga.
Si tratta di colpi di grosso calibro che cadono il primo in via Giannetti sulla casa del Sig. Antonio Piacentini facendo vittima la Sig.na Isabella; il secondo in via di Mezzo (piazzetta del Sargentone) facendo crollare tutta la facciata della casa Santi senza vittime; il terzo al Giardino presso il Consorzio Agrario e, pur non colpendo case, uccide Maria Agostini in Gonnella. Per l’impressione provata poco dopo moriva Barbi Maria Ved. Salotti.
Inutile dire l’impressione della popolazione la quale comincia lo sfollamento verso la montagna o paesi ritenuti più sicuri. Tutti ci rendiamo conto che Barga è alla mercé dei cannoni tedeschi se non sarà fatta un’avanzata tale da occupare semicerchio dei monti che ci circondano; dagli Appennini alle Apuane.
Il giorno 12, alle 15, hanno avuto luogo i funerali delle tre vittime. Dopo le esequie celebrate in S. Rocco ho rivolto un saluto alle vittime che rappresentavano lo sborso di Barga alla causa della libertà augurando che non ve ne fossero altre. E nel nome delle vittime ho raccomandato l’unione di tutti in questo gravissimo momento.
9 ottobre: l’ occupazione partigiana di Barga
(da www.giornaledibarga.it/?pg=8&id=8576)
Lunedì 9 ottobre Tiziano prende possesso del Comune ed esercita le funzioni di Capo. Come ho già detto, dal 27 settembre la direzione Comunale era tenuta dal Segretario Baldacci. Uno dei primi atti dei partigiani è quello di rimuovere tutto ciò che parla di fascismo.
La prima remozione è quella della Lapide Ricordo apposta alla Casa Comunale. A dare il primo colpo di martello viene chiamato (leggiamo pure “costretto”) il Segretario Baldacci, il quale sale la scala da muratori in condizioni facili a comprendersi; poi vien fatto salire l’impiegato Antonio Piacentini, il quale dà anche lui i suoi colpi.
Inutile dire che questa scena da berlina medievale, perché contrastante con la gravità del momento, con la serietà della lotta di Liberazione e soprattutto con la dignità umana, avrebbe dovuto esser risparmiata! Dopo i colpi simbolici vennero i colpi reali dei muratori. Poi fu la volta delle altre lapidi. Gli elementi fascisti arrestati o fermati furono sottoposti ad interrogatorio e costretti a lavorare per creare, ai ponti distrutti, un passaggio, a rimuovere macerie, a trasportare mobili.
A parte il fatto morale, erano tutt’altro che adatti a fare il manovale, lo sterratore ed il facchino.
Inoltre alcune donne furono oggetto di «tosatura ». Anche per questo tipo di castigo ripeto quel che sopra ho detto. Rappresaglie nel senso stretto e sanguinoso della parola non ci furono e d’altra parte a Barga non avrebbero avuto la minima giustificazione. Del resto gli elementi più in vista erano ormai al di là della barricata.
8 ottobre: tre colpi di cannone
Alle 16 della stessa domenica, 8 ottobre, tre formidabili colpi di cannone di grosso calibro scuotono la cittadina semideserta. Questa volta sono di provenienza tedesca. Un proiettile è caduto dinanzi alle Scuole Elementari Femminili, gli altri nella selva presso la Circonvallazione. I tedeschi si sono dunque accomodati nella cerchia dei monti che circondano Barga ed hanno tutta l’aria di esservi stabiliti bene. Da bravi e precisi maestri di arte militare, quasi direttori di orchestra che battono la bacchetta per rendere più attenti suonatori e pubblico, con quei tre colpi hanno preannunziato quella tremenda “sinfonia” che per mesi e mesi sarà il duro travaglio di Barga. E Barga capisce e ne è preoccupata. Frattanto arrivano altri partigiani e questa volta con carattere ufficiale ed in piena responsabilità sotto il comando di “Tiziano”.
7 ottobre: la prima pattuglia brasiliana
(nella foto: i Brasiliani entrano a Barga nella rievocazione tenutasi il 5 ottobre 2014)
Sabato 7 ottobre alle 12,15 tornando dalla Chiesa della Fornacetta dove ho officiato una funzione propiziatoria, a Porta Macchiaia, un incontro con una pattuglia brasiliana. Era composta di militari dai più svariati colori: dal bianco al nero; anzi era comandata da un graduato moro. Mi ha fatto piacere questo incontro che mostrava imminente l’occupazione alleata: ma nello stesso tempo ho pensato melanconicamente a tutta la superbia razziale che in questi ultimi anni era stato uno dei cavalli di battaglia del Regime: ed anche al fatto che noi, popolo di antica civiltà, eravamo sotto il loro controllo, se pur amichevole, sempre di guerra.
Schermaglie
La pattuglia brasiliana è ritornata a Fornaci: più tardi, a far da contrappeso è venuta una pattuglia tedesca, che senza tanti complimenti è andata a rifornirsi di pane al forno di Ottavio Marchetti. I pochi partigiani che si trovavano in Barga pareva che volessero fare un’azione tanto che abbiamo visto appostamenti, controlli, chi correva qua, chi là; insomma un affaccendarsi piuttosto disordinato, mentre la gente veniva bloccata dove si trovava. Anch’io sono rimasto bloccato presso Macchiaia. Invece non è successo niente. I tedeschi sono usciti da Barga senza contrasto e senza sparatorie. Nella notte dal 7 all’8 e precisamente alle 3 altre cannonate brasiliane arrivano su Barga colpendo nel viale di Canteo le case del Dott. Serafini, e dei Sig. Torlai e Bonini. La storia comincia ad esser seccante. Se invece di sparar cannonate venissero più solleciti sarebbe meglio. Quanto ai partigiani, nella mattinata essi hanno proceduto all’arresto di elementi fascisti.
5 ottobre 1944: i primi tiri su Barga
Adunque la sera del 5 ottobre, giovedì, una cannonata proveniente dall aparte di Ghivizzano arrivata su Barga, passava sopra il Duomo e cadeva senza esplodere nella casa di Renzo Marchetti facendo alcuni danni. Altre cannonate si susseguirono ad intervalli fino a mezzanotte. Danni si ebbero a Bellavista. Si ritennero tiri corti diretti al di là della Corsonna, però destarono preoccupazione: la guerra ormai passava su Barga col suo soffio sinistro. Intanto dei gruppi di partigiani scendevano in Barga, ma i tedeschi continuavano le loro scorrerie; anzi, durante una di queste, una pattuglia fece prigionieri due partigiani sul Largo Roma. In seguito si venne a sapere che erano stati fucilati. Nella notte dal 6 al 7 altri tiri su Barga senza conseguenze. Sono le truppe brasiliane, le cui avanguardie hanno raggiunto Fornaci. Vengono sollecitate ad occupare Barga.
1° ottobre: situazione caotica
(nella foto: sfollati in cerca di salvezza)
La sera di domenica 1° ottobre granate alleate cadono in Campia. Siccome vi è un tedesco morto ed un civile ferito che viene trasportato a Barga, si sparge la notizia che siano stati i partigiani e che pattuglie tedesche sono entrate in Barga per un rastrellamento. In men che si dice è una fuga generale nel cuore della notte.
Ad aumentare il panico ed il nervosismo alcune granate alleate cadono anche presso Barga. Altre cadono nella giornata del 2. Si dice ancora che saccheggi sono avvenuti nella zona di Albiano. Secondo alcune voci i tedeschi non sarebbero più di 400 uomini di retroguardia e che a Castelnuovo si compiono i saccheggi che preludono alla partenza.
Insomma le voci sono tante e così disparate da perdere il cervello! Sotto l’incalzare degli avvenimenti molti che erano sfollati a Barga, attraverso i monti, prendono la via del ritorno.
I rastrellati pisani che hanno potuto sfuggire alla cattiva sorte, sotto la guida di Don Sabatini, Rettore di Tiglio, partono a piedi per Pisa (3 ottobre). È l’ultima tappa del loro Calvario, ma questa volta la percorrono felici! E gli alleati? Avanzano, ma senza fretta: intanto vengono sotto forma di un discreto numero di cannonate. A colpi di granata intendono spazzare i tedeschi: ma il guaio è che minacciano di spazzare anche noi!
In ogni modo si aspettava con ansia il loro arrivo per esser tolti finalmente da una situazione addirittura caotica.
29 settembre: i tedeschi non mollano…
(nella foto: bombardamenti alla SMI)
Nella mattinata di quel giorno 29 settembre, mentre mi trovavo ad Albiano, una pattuglia tedesca è entrata in Barga spingendosi fin sull’Arringo. Si è temuto un rastrellamento ed è stata una fuga di uomini. Si trattava di un falso allarme; erano venuti a provvedersi di pane.
Però contemporaneamente, un’altra pattuglia ha mitragliato gli operai che lavoravano per riparare l’acquedotto al Ponte di Catagnana. A sera si odono forti esplosioni provenienti dalla Metallurgica.
Vien fatto saltare anche il ponte della Corsonna presso l’Arsenale. La mattina di sabato 30 un’altra pattuglia visita Barga; alle 11,45 una formidabile esplosione fa sussultare la città: è saltata la polveriera presso Bolognana.
Apprendo confidenzialmente che alcuni ufficiali alleati in borghese hanno fatto una ricognizione in Barga. Le avanguardie alleate pare che si trovino a Ghivizzano e avanzano senza fretta. Si tratta di truppe brasiliane.
Da Castelvecchio apprendo che nei giorni scorsi i tedeschi hanno compiuto le solite angherie e le solite visite asportando quel che a loro gradiva. Fra le altre hanno visitato la Casa Parrocchiale, Casa Pascoli e l’Asilo.
Da Casa Pascoli, dove entrarono scavalcando il muro di cinta, asportarono tre orologi, due d’oro e uno argento. Fatto ricorso al Comando, gli orologi furono restituiti dai soldati che furono riconosciuti da una Suora. Il Comandante si scusò raccomandando il silenzio per l’onore dell’esercito tedesco.
27-28 settembre: Barga, terra di nessuno
(nella foto: un ponte della ferrovia Lucca-Aulla abbattuto dalle mine)
La sera del 26 settembre discende funerea su Barga. Animi addolorati, case danneggiate, la cittadina divisa in due tronconi, mancanza di luce e di acqua. Un solo motivo di sollievo: finalmente se ne sono andati!
Nella notte, qua e là sparatorie. La giornata del 27 passa calma, ma zeppa di notizie di ogni colore: vere, mezze vere, false addirittura. Una cosa è indiscutibilmente vera: Barga è abbandonata a se stessa! Quanto al resto chi afferma e chi nega; chi ha visto coi propri occhi e chi l’ha sentito dire da chi ha visto od ha sentito etc.
E tutta questa incertezza si riassume così: I partigiani vengono o non vengono? Sono qui o sono là? E gli alleati? Sono a Calavorno, a Ghivizzano o a Bolognana? o sono sempre al Borgo a Mozzano? Vengono in su lenti per le grandi distruzioni operate dai tedeschi o perché non se la prendono tanto? e i tedeschi? I tedeschi, e questo purtroppo è vero, sono sempre nei dintorni e quel che fanno ce lo dimostrano i frequenti scoppi di mine lungo la ferrovia per la distruzione dei ponti e delle opere d’arte. Sono sempre nella zona di Fornaci.
Anche la giornata del 28 passa in mille incertezze. Alle 11 dall’Arringo seguo le fasi di un bombardamento operato dai tedeschi sulle Coste di Coreglia, poi su Trassilico, poi ancora sulle Coste.
A Barga, per ora, il maggior travaglio è rappresentato dalla ricerca dell’acqua potabile, specialmente per gli abitanti di Barga Castello. La maggioranza va in Canteo dove è rimasto intatto il piccolo acquedotto; molti altri alla fonte di S. Antonio. È proprio una passione! E il Comune?
Questa volta le «Autorità» son partite davvero: ne rimane a capo l’ex «illegale Commissario» Baldacci e la prima preoccupazione è quella per l’acqua potabile. E difatti l’Ufficio Tecnico ha oggi inviato operai per riallacciare la tubatura al ponte di Catagnana. Ma lo permetteranno i tedeschi che sono ancora nei pressi?
26 settembre: la distruzione dei ponti
(Nella foto: la passerella di fortuna costruita sulle rovine del ponte Lombardini al Giardino)
La mattina del 26, martedì, i guastatori riprendono il loro detestabile lavoro. Alle 10,30 il Comandante tedesco mi manda un incaricato pregandomi di far suonar la campana, quando ne darà l’ordine, per avvertire dello scoppio delle mine la popolazione.
Fra il suono e lo scoppio potrà decorrere un intervallo dai 30 ai 40 minuti. La notizia si sparge in breve e tutti prendono quei provvedimenti che si ritengono adatti per la propria incolumità e per ridurre, quanto è possibile, i danni alle case e alla roba. L’ordine del suono viene dato alle 13. La voce della campana è funerea, quasi paurosa.
Le case vicine ai ponti sono state sgomberate ed i guastatori non mancano di visitare, a loro modo, alcuni negozi. Alcune persone fra cui D. Andreotti assistono dal campanile agli ultimi preparativi tedeschi. Alle 13,55 un formidabile boato, un sussultare del terreno e una grandine di sassi e materiale annunziano a tutti che i ponti furono e che ormai Barga ha la sua prima gravissima ferita di guerra.
Barga è divisa in due monconi. Grosse pietre sono volate anche al di sopra del campanile, un grosso masso viene a cadere presso la porta laterale del Duomo, altre pietre cadono oltre i Cappuccini, verso il Sasso ed anche presso Bugliano. L’aspetto di Barga è desolante. Tutta la città è coperta di detriti; ma da Piazza Angelio fino al Giardino lo è in modo impressionante.
Le strade sono coperte di pietre, di tegole e ingombre di legname sfasciato, di fili elettrici spezzati etc. Vicino agli ex ponti saracinesche contorte, case e botteghe devastate. Anche la Chiesa di S. Rocco ha subito gravi danni. Uno dei posti più pittoreschi di Barga coll’irregolarità di posizione dei due ponti così diversi e così caratteristici, la valletta del rio dal nome poetico di Fontanamaggio, così verde e fiorita da sembrare un parco inserito fra Barga Castello e Barga Nuova non era che un informe ammasso di rottami.
I residui dei piloni si erigevano in mezzo alla rovina come tagliati a zeppa e smussati da un abile tagliatore. Non c’è che dire: la tecnica tedesca è insuperabile e c’è da ritenere che i guastatori tedeschi, invece di una bottiglia come di solito, ne abbiano bevute due tanto il lavoro era riuscito bene! Molta folla si è riunita sul luogo della distruzione ed è inutile riportare commenti e compianti. Alle 15 un’altra esplosione ha annunziato la distruzione del ponte di Catagnana, con un altro grosso guaio per noi: l’interruzione dell’acquedotto.
il ponte di Porta Macchiaia
Le comunicazioni fra le due Barghe rimangono ora assicurate dal vetusto ponte di Porta Macchiaia. Come sia rimasto proprio non sappiamo; certo per la grazia di Dio. Sappiamo che i tedeschi hanno osservato, misurato, discusso; poi, ripeto per la grazia di Dio, hanno accettato quel che taluno ha prospettato: essere questo un ponte da mulattieri, quindi inadatto, senza importanza etc. In conseguenza non hanno creduto di dovervi sciupare dell’esplosivo.
Non so se in seguito fossero rimasti dello stesso parere; in ogni modo il ponte fu salvo e sia pure attraverso un lungo itinerario, quasi cordone ombelicale, le comunicazioni fra le due Barghe furono assicurate in modo tollerabile
25 settembre: si minano i ponti del Giardino
Nella notte fra il 24 e il 25 settembre intenso è stato il rombo delle cannonate in fase di avvicinamento. La mattina del 25, lunedì, alle 7,15 una pattuglia tedesca s’installa sul campanile e ne fa un osservatorio per seguire i movimenti degli alleati che si riteneva avessero occupato i Bagni di Lucca. Alle 8 i guastatori iniziano i trivellamenti per scavare i fornelli delle mine. Spesso piccole esplosioni indicano lo scavo di piccoli fornelli per preparare quello maggiore.
I barghigiani hanno l’aspetto di chi abbia una persona cara morente. Lo struscio monotono delle trivelle sembra il lamento di una creatura viva: ogni tanto posa per dar luogo al sussulto delle piccole esplosioni. L’agonia dei ponti tutti la soffrono minuto per minuto. Cala la notte in una tristezza infinita; il lamento e i sussulti dei ponti che si stanno squarciando sono ancor più sinistri e paurosi. Il lavoro dura fino alle 23. Frattanto, alle 15, come si è detto, è partita la Brigata Nera; alle 17 dal campanile viene tolto l’osservatorio.
24 settembre 1944: La situazione si aggrava
(nella foto tratta da Barga Archivio: la zona del “ponte” a Barga prima del 1932)
La notizia è appresa con profondo dolore. Quasi tutti hanno l’aria di dire: Ma come, i tedeschi ci fanno questo? A noi che siamo stati così ospitali e non abbiam recato alcun disturbo? Ma è inutile coltivare simili pensieri e lamentele: o tedeschi o chiunque altro non ci sono riguardi che tengano.
È la guerra ed ora Barga ne sente il primo morso sul serio! Col cuore stretto mi sono avvicinato a contemplare il sinistro materiale. Ci siamo, dissi ad un graduato della Brigata Nera lì fermo. Eh sì, sospirò, da ieri la situazione si è aggravata; e si allontanò pensoso.
per approfondire il significato delle celebrazioni del 70° anniversario della Guerra a Barga, affinché dalle parole semplici ma efficaci del nostro religioso possa essere chiaro a tutti cosa si visse quando Barga si trovò sulla Linea Gotica.
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Pier Giuliano Cecchi
14 Ottobre 2014 alle 13:47
In ricordo di mio padre Elfo Cecchi.
Leggendo questa interessante ricostruzione della Guerra a Barga e cosa volle dire, eseguita con lodevole iniziativa dalla redazione del Giornale di Barga.it, al momento di rileggere i fatti accaduti con l’arrivo dei Brasiliani liberatori l’11 ottobre 1944, mi sento il dovere di ricordare quanto mio padre Elfo e Barberino fecero in quella giornata. In pratica i Tedeschi dalla linea del fronte dettero subito il benvenuto ai leberatori, sparando delle cannonate che fecero delle vittime in Barga.La parte del racconto eseguito dal Giornale di Barga.it inizia con: “11 ottobre: Arrivano i Brasiliani e inizia la tragica sinfonia”Questo è quanto scrissi in una simile ricostruzione:”Dopo questa parentesi, finalmente arrivano gli Alleati, che sono i brasiliani; era l’11 ottobre 1944. Al passaggio sono acclamati dalla popolazione di Barga. Un piacevole brivido ma breve, per il duro richiamo alla realtà da parte del comando brasiliano, che per l’ovvio pericolo comanda lo sfollamento delle strade. Infatti, poco dopo arrivano su Barga delle cannonate tedesche che attuano delle vittime: due nel Castello e una al Giardino, con tre vittime.Nel Castello una arriva sulla casa Antonio Piacentini di via Giannetti, facendo vittima la giovane figlia Isabella. Qui ricordo in particolare questo luttuoso avvenimento perché da ragazzo ne ho sentito parlare tanto in famiglia, da parte di mio padre e mia madre, che abitavano di fronte a quella casa. Entrando nei fatti ecco il loro racconto: eravamo al tavolo a mangiare qualcosa, quando sentimmo arrivare una cannonata, poi un vicino scoppio. Poco dopo udimmo il Toni Piacentini urlare aiuto, perché la figlia era rimasta sotto il crollo della cantonata della casa che guarda il palazzo Giannetti. L’incitamento d’aiuto era diretto anche a mio padre: Elfo, Elfo, corri, l’Isabella è rimasta sotto le macerie di una cannonata! Corri Corri.Mio padre, nonostante il pericolo, con un figlio di quattro anni, una figlia di dieci mesi e la moglie, lasciò subito il tavolino e chiamato Barberino, un amico che abitava sopra di lui, insieme andarono in soccorso al Toni. Iniziarono a togliere i sassi dove il Toni diceva essere sepolta la figlia e toccò a mio padre trovarla ormai morta, e nel tirarla su, accorgersi che era spezzata in due alla vita.”Da Barga sulla Linea Gotica n. 4, serie di articoli di P.G. Cecchi, pubblicati su questo sito nella rubrica Storia.Nel dopoguerra si richiese ai Comuni chi si era distinto durante la Guerra, ma forse travisando, i meriti furono dati dal Comune ai dipendenti meritevoli e per fortuna a Mons. Lombardi e don Andreotti, tra lasciando ogni atto di merito dei cittadini comuni. Mio padre Elfo si trovò ancora di notte a soccorrere la famiglia Gonnella, sulla cui casa era caduta una cannonata. Agli urli di quella povera gente, con tanti bambini e uno di pochi mesi, lasciò il suo giaciglio di guerra nei fondi del palazzo Giannetti, la moglie e due bambini, tutti che piangevano e tremavano dalla paura, per andare in soccorso alla famiglia colpita e li trovò in mezzo alle macerie, ma salvi, così portandoli al sicuro.. P.G. Cecchi