Alla scoperta di un mistero di Barga

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Nella prima parte dell’articolo pubblicato nei giorni passati, si è posto sul tavolo delle idee, due possibili soluzioni per cercare di sciogliere l’enigma storico che avvolge la costruzione che sta sul fianco sinistro del Teatro Differenti a Barga, visibile nell’immagine.

Due possibilità, di cui la seconda è stata articolata per dovere di cronaca, mentre la prima è in relazione con le evidenze che seguono e che ha per base di partenza un vecchio articolo pubblicato sul Giornale di Barga del marzo 1971, scritto dal benemerito cultore di storia locale Renzo, Lorenzo Salvi, e che ha per titolo “Le Mura urbane e le fortificazioni Al Cavallaio”. Un articolo che non parla direttamente dell’argomento da noi intrapreso, ma lo sfiora, comunque ci aiuta a intraprendere un cammino molto affascinante, in cui trova spazio e si giustifica la costruzione in oggetto.

Terza idea.

Intanto, come dall’articolo di Renzo Salvi, vediamo che un’ampia area che gira intorno al Duomo in antico era chiamata Il Cavallaio, nome che ancora oggi esiste ristretto più che altro a una precisa zona. Per intendersi, quella che è prospiciente al lato Nord della piazza Beato Michele o della Propositura, direttamente sotto il Duomo.

Renzo Salvi ipotizza, secondo delle logiche stringenti, che quest’odierna area nominata Cavallaio, in antico fosse stata ben più ampia e rinserrata in un preciso giro di mura interne alle maggiori, quest’ultime comprendenti le tre composite porte maggiori: Reale o Mancianella –di Borgo –Macchiaia o Latria. (Vedi: Le Antiche Porte di Barga, Valdilago 2012, di Pier Giuliano Cecchi e Pier Carlo Marroni).

Questo secondo giro di mura, detta fortificazione, per quanto ci dice Salvi, aveva le sue porte d’accesso, ravvisandole in quelle che portavano al Duomo e al Palazzo Pretorio, in pratica credendo e dicendo che fossero: una all’inizio della rampa che conduce al Duomo, mentre l’altra nei paraggi dell’altro accesso al Duomo per la parte della scalaccia, ma a basso.

Ovviamente alla sua epoca si poteva ipotizzare quanto disse e scrisse, perché non era ancora tornata alla luce la carta, o meglio il disegno del Territorio di Barga del 1539, che da quel 1971 dell’articolo Salvi, solo nel 1980 iniziò a circolare tra gli studiosi tramite la mostra “Barga Medicea”.

In pratica Salvi diceva che da queste due porte interne al Castello partiva un altro giro murario che racchiudeva il Cavallaio, ma, doverosamente, va detto che le sue porte non potevano essere quelle proprie della Rocca di Barga, ma altre.

Perché le porte del Cavallaio non potevano essere quelle descritte da Salvi? Semplicemente perché non erano al basso del colle su cui sorge il Duomo, ma secondo il disegno del Territorio di Barga del 1539, stavano bensì alla sommità dello stesso colle, chiudendo un’area ben definita: la Rocca di Barga, al cui interno esisteva un’altra porta che dava accesso al prato detto l’Aringo, la sede dei parlamenti e al Palazzo del Podestà in cui era la sede dei consigli. (Vedi l’immagine del Castello di Barga dal disegno 1539).

Da quanto detto resta evidente, e credo si sia già capito, che di eventuali cerchie murarie in difesa del Castello di Barga ce ne fossero state tre, una triplice cinta muraria: quella della Rocca con dentro il Duomo e il Palazzo Pretorio, altra intermedia detta del Cavallaio e quella esterna.

Questa triplice cinta muraria dovrebbe aver preso corpo in epoche lontanissime, prima del sec. XIV, perché esiste una memoria nell’Archivio di Stato di Lucca che ci fa conoscere come già nel 1307 esistesse Porta Mancianella, attuale Porta Reale, quindi il giro esterno di mura era già esistente. Tra l’altro nello Statuto di Barga del 1360 è chiara l’esistenza delle tre porte maggiori. In pratica e con il tempo, dall’antichissimo nucleo centrale costituito dalla Rocca, si andarono estendendo le mura con l’ampliarsi di Barga e che la cinta del Cavallaio fosse un limite raggiunto da questi ampliamenti, mantenuto perché confacente alle esigenze difensive della stessa Barga.

Tornando sui nostri passi vediamo che Renzo Salvi, nel suo articolo, arriva a circoscrivere il giro murario del Cavallaio, comprendendovi, ma senza dirlo esplicitamente, la costruzione oggetto del nostro articolo, senza volerlo, determinando che in qualche misura fosse parte integrante di queste mura intermedie.

Ecco come Salvi spiega la cerchia muraria del Cavallaio.

“dovevano passare sotto l’attuale Prepositura, attraversare l’antica casa Carlini (oggi del Tiglio postino e altri), rispuntare nel vicolo del Duomo parecchio a monte del Teatro. Sopra vi sono ancora oggi alcuni orti che si vedono bene affacciandosi alla piazzetta della Prepositura.

Passavano poi, codeste fortificazioni, a monte dell’antica casa Verzani (oggi farmacia Simonini), circondavano l’orto della casa Corrieri (oggi semidistrutta dall’ultima guerra) e finivano alla Porta presso al Crocefisso.

Il Cavallaio era proprio la zona entro codesta ristretta cerchia”.

Intanto vanno aggiornati i riferimenti che Salvi aveva posto tra le parentesi: la casa del Tiglio postino e Carlini è quella che si affaccia sulla piazzetta dietro alla Propositura, mentre per farmacia Simonini oggi è da intendersi il retro dell’Osteria di piazza Angelio e gli orti e la casa Corrieri oggi sono da ravvisarsi nelle adiacenze di Palazzo Pucci, che si affaccia sulla via del Duomo che porta alla chiesa del Crocefisso. (Vedi nell’immagine le mura del Cavallaio secondo l’idea di Renzo Salvi. La parte crociata è la nostra misteriosa costruzione).

Per il nostro discorso interessa l’idea di quelle mura che passando per casa Carlini andavano in vicolo del Duomo, perché qui è la nostra misteriosa costruzione e di questa avrebbe dovuto parlare Salvi, cercando di spiegarsi e spigare cosa per lui fosse stata.

Salvi continua dando una sua spiegazione di cosa potesse voler dire Cavallaio, adducendo:

“Prima di tutto tal nome potrebbe indicare il luogo ove trovandosi molti cavalli (come dicesi gallinaio per indicare il ricovero delle galline); potrebbe anche riferirsi a colui che conduce o commercia cavalli. Potrebbe infine indicare il luogo ove abitava colui che comandava la Cavallata, antica parola che denominava una milizia a cavallo composta da volontari cittadini.”

Secondo noi c’era alla soluzione ma la solamente sfiorata, perché bastava che si ponesse una semplice domanda: ma dove ricoveravano i cavalli questi nostri progenitori, specialmente quelli della milizia? Certamente non all’esterno del Castello, per la semplice ragione che il giorno dopo, in un tempo in cui il brigantaggio era drammaticamente all’ordine del giorno, non li avrebbero più trovati, perché rubati.

Ovvio pensare, ed era così, che le bestie, e tra questi i cavalli del Pubblico, erano portate al sicuro, cioè all’interno delle mura e nel caso al Cavallaio, area protetta da una fortificazione nell’evenienza di uno sfondamento delle porte principali. La costruzione in oggetto potrebbe essere stata realizzata come pubblica stalla, cioè al servizio della milizia barghigiana, magari in tempi successivi rispetto ai primi secoli dopo il Mille.

In pratica potremmo ipotizzare che passando per il loggiato in alto, tramite una scala interna si scendeva alla grande stalla che era in basso, al piano della strada. Da qui, tramite la volta in primo piano, ancora esistente seppur in parte otturata per metà, si prendeva la via per l’uscita dal Castello. (Vedi nostra ricostruzione)

Comunque solo una perizia esplorativa potrebbe sciogliere del tutto il mistero, specialmente nella parte del manufatto che appoggia alla costa, dove esiste ancora oggi in grotta una polla spontanea, una pozza abbastanza ampia di acqua purissima che si alimenta da terra.

Si ricorda che il Cavallaio, come la Rocca del Duomo, erano zone di Barga in cui non mancava l’acqua e ancora oggi, si ha memoria di polle come di una pilaccia nella stessa Rocca. La cosa è documentata, ma comunque fosse resta indubitabile che i nostri antichi non erano sciocchi e se vi attuarono il primo nucleo del Castello, ovviamente erano certi che questo primario bisogno non costituisse un soverchio problema per la loro sopravvivenza, specialmente in tempi d’assedi.

Per quanto riguarda la costruzione che abbiamo esaminato, sarebbe interessante potessero arrivare idee e contributi.

Pier Giuliano Cecchi

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