Fornaci di Barga racconta: i Buglia e la “pala robbiana”

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FORNACI – La presenza del ceppo familiare dei Buglia è testimoniata a Fornaci dal XVI secolo. La prima notizia certa in nostro possesso riguarda un certo Francesco Buglia che nel 1570 fu protagonista di un episodio di sconfinamento con i suoi capi da pascolo nel vicino Monte Gragno e poi Jacopo Buglia che nel1573, nel difendere a giusta causa un’isola di Barga sul Serchio fu ucciso (cfr. P.G. CECCHI, Il Monte di Gragno e i Buglia delle Fornaci, «Il Giornale di Barga», dicembre 2015). Il legame tra la famiglia Buglia e la sponda fornacina del Serchio è comunque attestato dalla toponomastica, giacché alcune carte conservate presso l’Archivio di Stato di Firenze (secolo XVI e successivi), riportano nell’area che poi ospitò Casa Buglia la presenza di una località “Bugli”, suggerendo una mutuazione dal cognome della famiglia.

A vendere la casa colonica storicamente appartenuta alla famiglia furono i fratelli Pietro (1850-1933), Maria (1851-1934) e Pompeo (1860-1930). I due fratelli maschi, fatta fortuna in America nel settore della ristorazione, cederono la domus familiare alla costruenda S.M.I. con contratto rogato il 23 dicembre 1915 dal notaio di Barga Francesco Del Rosso. Secondo l’accordo, i Buglia venderono alla Società, per la cifra di 30.000 lire, un corpo di terre, parte lavorative con viti e pioppi, parte adibite a castagneto e pascolo, e diversi edifici in muratura: una casa colonica, tre capanne, un pozzo, un forno e un lavatoio.

Nel contratto non si fa riferimento a particolari accordi nella famiglia Buglia e nella società fornacina, di cui si parla e che però si sono tramandati di generazione in generazione; ipotizzabile quindi che fossero stati stabiliti tra le parti in forma orale. Uno di questi, particolarmente conosciuto, voleva che si mantenesse la luce accesa davanti alla terracotta di fattura robbiana apposta sulla Casa Buglia. L’effigie, raffigurante una Madonna col Bambino e lo Spirito Santo sotto forma di colomba, nei caratteristici colori bianco e blu, era conservata in un’edicola murata con un cartiglio riportante una invocazione mariana. Non si sa quando e da chi fu apposta, anche se don Silvio Baldisseri nei suoi volumi sulle Robbiane di Barga, ipotizza una provenienza dalla manifattura fiorentina Cantagalli, della cui produzione peraltro esistono diversi esempi su tutto il territorio barghigiano. L’opera robbiana della casa dei Buglia è una copia della“Madonna degli Archetti” di Andrea Della Robbia e a lui commissionata nel 1475 dai Maestri dell’arte di pietra e legname.

L’esistenza dell’accordo circa la luce perpetua, comunque, è suffragata dalla memoria locale; in questo senso riportiamo uno scritto di Mario Camaiani che racconta una vicenda da lui direttamente vissuta negli anni ’60:

Quel giorno la giornata lavorativa volgeva al termine, mancava qualche minuto alle ore diciassette, e gli elettricisti che avevano eseguito lavori in altri reparti della SMI, di Fornaci di Barga, rientravano nella propria officina. Fra questi mi trovavo anch’io, ed entrando sentii che un nostro caposquadra parlava al telefono della postazione degli elettricisti di servizio, che in quel momento erano fuori sede, evidentemente chiamati per qualche urgenza.

“Va bene, provvedo subito”, diceva al telefono il nostro superiore; indi, rivolgendomisi:

“Camaiani, vieni qui”, mi disse, e nel contempo chiamò un altro elettricista:

“Anche tu! – e ci spiegò -: Hanno telefonato le guardie del ‘Caricamento’ dicendomi che è spenta la lampada della Madonna alla casa Buglia. Sarà fulminata: alla svelta, andate a cambiarla…”

“Ma è tardi, – protestammo noi: – non si può rimandare a domani?”

“Assolutamente no, – ci ribatté, – la ‘metallurgica’ vuole così. Usate le biciclette che sono qui fuori, prendete una scaletta, la lampadina e via, di corsa!”.

E si fece presto davvero: in meno di un quarto d’ora facemmo ritorno all’officina, con il lavoro eseguito, con la sacra effige nuovamente ben illuminata. Ed anche si era fatta una rapida conversazione in proposito, con i due sorveglianti, presso la loro guardiola al ponte del caricamento. Qui voglio precisare che l’area dello stabilimento è attraversata in senso longitudinale dalla linea ferroviaria statale. Le due parti sono unite da un ponte, che le unisce, attraversando dall’alto detta linea ferrata. Ebbene, dal lato del ponte verso Bolognana, si trova il posto di guardia dei sorveglianti, che al tempo di questo episodio (mi sembra fosse negli ultimi anni ‘sessanta’), essendo in funzione la lavorazione di carica dei proiettili calibro otto, (da qui il nome ‘caricamento’), dovevano sorvegliare, fra l’altro, che tutti i lavoratori, uomini e donne, depositassero lì i loro accendini, fiammiferi, onde evitare al massimo il rischio, gravissimo, di esplosioni.

Brevemente, un po’ di storia in merito: Nel 1915 la SMI iniziò la costruzione della fabbrica di Fornaci di Barga, e subito si dette da fare per acquistare la casa rurale dei Buglia, esattamente di Pietro Buglia, con annesso relativo terreno, completando la sua proprietà in quella zona, onde poter liberamente disporne per le proprie lavorazioni. Il contratto di passaggio di proprietà avvenne nel dicembre dello stesso anno. Il complesso edilizio era stato costruito nel diciottesimo secolo; e, su una facciata del casamento, vi troneggiava un piccolo monumento murario, sormontato da un robusto tetto di legno, nel quale figura un’effige della Madonna col Bambino, in pregevole bassorilievo in terracotta policroma invetriata, di scuola ‘Della Robbia’, con il classico colore bianco-celeste. Una bellissima lumiera, in ferro battuto, orna e illumina l’insieme. Inoltre cito che nel cimitero di Loppia si trova la tomba ed il monumento funebre del Pietro Buglia, imponente e ben tenuto.

Un tempo, dalla nascita, la SMI era diretta dalla famiglia Orlando, poi, ebbe una nuova denominazione: Europa Metalli, e infine, e siamo ad oggi, si chiama KME, durante la quale gestione, di recente, è stata demolita la casa Buglia, E con questo, purtroppo, è scomparsa  anche la sacra immagine muraria su descritta, con la quale quei nostri antenati esternavano pubblicamente il loro sentimento religioso, proponendolo a tutti i viandanti.

Mario Camaiani

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