Hanno volto nel duomo di Barga Matilde di Canossa e genitori?

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Quando con la Polisportiva Valdilago ci accingemmo nel 2010 al convegno barghigiano sul Duomo di Barga, i cui risultati sono raccolti nel libro “Il Duomo di Barga –Storia, Arte e Spiritualità nei primi tre secoli dopo il Mille”, in quell’occasione indagammo diversi aspetti del nostro millenario monumento, consapevolmente consci però che c’era ancora molta storia da leggere, racchiusa tra le ammiccanti pietre scolpite dalla sapiente mano dell’uomo medievale. Nonostante lo sforzo culturale allora in atto, in precedenza e anche dopo senza uguali, quella storia ancora oggi e in gran parte resta misteriosa. Comunque, come dal titolo del presente articolo, qualcosa si è mosso e se la tesi che spiegheremo più avanti trovasse un riscontro, certamente per Barga si aprirebbe un capitolo per certi versi nuovo, spiegante molto del suo essere stata centro medievale qualificato e molto influente nella Valle.

Questo particolare stato politico e civile di Barga ha nel suo Duomo la fucina culturale per conoscerla, appunto, rinserrante ancora storie indissolubilmente legate alla nostra Città e connesse anche all’evoluzione del suo stato storico nella Valle del Serchio. Uno status che è stato indagato anche a livello nazionale grazie a Osvaldo Carigi e Stefania Tavanti, autori per Fenix n° 41, marzo 2012, dell’interessante saggio accolto nella rubrica “Italia Misteriosa”: “Il Duomo di Barga, un’indagine sugli enigmi e i simboli templari del Duomo di Barga in provincia di Lucca”.

Osvaldo Carigi, studioso molto conosciuto, con cui sono amico anche su Facebook, tramite i suoi messaggi, anche telefonici, più volte mi ha ripetuto che il Duomo di Barga è un “Luna Park di misteri”. Un’idea che ho sempre condiviso e non solo dal punto di vista di ciò che desidera dirci il monumento e che ancora non sappiamo leggere, ma anche dal punto di vista costruttivo. Infatti, non condividendo la pubblicata tesi elaborata dall’ingegnere Luigi Pera al tempo dei colossali restauri 1927-1939, ma credendo in un’altra storia, questa in parte è accennata nel libro citato in precedenza circa il convegno sul Duomo, come ancora nel libro di Mauro Peppino Zedda “Monte Forato e il Duomo di Barga” del 2012. Della mia tesi evolutiva del Duomo, se la volontà mi sorreggerà, ne farò soggetto di qualche articolo per questa testata. Il libro di Zedda prospetta e chiarisce che il colle su cui sorge il Duomo, secondo i suoi studi archeoastronomici, sia semplicemente straordinario, soggiungendo, che non sia casuale la sua direzione verso lo gnomone naturale Monte Forato.

Seppure quanto detto sopra ormai non sia più un mistero, altri invece si celano proprio nel Duomo, sia nella sua predetta evoluzione, come nei suoi ammiccanti segni dell’uomo. Uno di questi misteri parrebbe essere stato sciolto dalla studiosa olandese Selma Sevenhuijsen nel suo libro “Regina del Vaticano, viaggio sulle orme di Matilde Canossa”, pubblicato da Edizioni Andare a Canossa, proprio in questo 2015, a novecento anni dalla morte della Grancontessa.

L’espressiva data è senz’altro un buon invito alla lettura del libro, dove l’Autrice pubblica, una serie di viaggi culturali in Italia, attuati tra storia e spiritualità, seguendo quelle orme che Matilde di Canossa ha lasciato in alcuni luoghi storici della nostra penisola. Il tragitto del percorso inizia da Mantova, e passando per San Benedetto Po arriva a Canossa. Dopo la Pietra di Bismantova, Toano, Frassinoro, San Pellegrino in Alpe, eccola giungere a Barga per proseguire a Borgo a Mozzano, Pieve di Brancoli, Lucca, Pisa, Casciana Terme, Volterra, Siena, Bolsena, Viterbo, Sutri e finalmente a Roma, dove in San Pietro si conserva ancora la sua tomba.

La lettura del libro è molto affascinante per le intuizioni proposte, maturate dopo attente osservazioni, filtrate attraverso il saputo della vita di Matilde e altra pubblicistica utile all’approfondimento sulla sacralità e spiritualità dei luoghi visitati, dove, Matilde ha lasciato le sue tracce.

Allora, seguendo il libro, eccoci a Barga e ciò che interessa quest’articolo, ossia il voluto svelamento di uno dei misteri che racchiude il suo Duomo. In pratica si tratterebbe proprio di uno dei segni più intriganti circa la sua storia, ossia che vi sia stata la mano di Matilde e dei suoi genitori, Beatrice e Bonifacio, in parte dell’idea ricostruttiva di una più antica chiesa e che sui plutei si possa vedere addirittura la loro immagine.

Premesso che un preciso ricordo dei genitori di Matilde si trova nella ricostruzione della Pieve di Loppia, avvenuta nel 1058 e altra memoria di Matilde si abbia nella voluta fortificazione del castello di Sommocolonia, come fu scritto su una perduta campana della chiesa dedicata a San Frediano, che rottasi fu poi rifusa. Questi due evidenze rendono plausibile che ci sia stato un interessamento anche per Barga, avendola scelta quale riferimento per i suoi domini in Garfagnana. Infatti, sappiamo che Barga era collegata con l’Emilia matildina tramite il passo del Saltello in Alpe, la cui strada, passando dalla Pieve di Loppia, Sommocolonia, conduceva a Rocca a Pelago e vicinanze. I viaggiatori, se intenzionati a raggiungere zone dell’Emilia più a nord, arrivati al Saltello e stando sulla più sicura cresta rispetto alla fosca valle, potevano comodamente proseguire anche per San Pellegrino in Alpe. Al Saltello vi giungevano anche coloro che provenienti dalle aree lucchesi intendevano andare in Emilia, perché a Valle si poteva prendere il Ponte a Popolo che li portava nel barghigiano e da qui salire per Castelvecchio, Albiano, San Quirico, sino a Sommocolonia. Evidenze scarsamente studiate e quindi poco analizzate; tutto un programma storico che ci porterebbe lontano dall’intendimento di quest’articolo.

Tornando a Matilde e genitori, creduti tali nelle tre immagini all’interno del Duomo di Barga, dobbiamo intanto ricorrere alla pubblicistica d’arte che parla o cita tali figure. Nel caso si tratta del libro “Dai Maestri senza nome all’impresa dei Guidi”, scritto da Gigetta Dalli Regoli nel 1986, dove troviamo, citate le figure a pag. 75, come parte dei plutei che ornano il pulpito, definita una “singolare sequela di teste situata sulla cornice scolpita e intarsiata”, mentre per le tre figure che stiamo analizzando continua dicendo: “L’autore … scolpisce protomi di maggiori dimensioni”. A ciò segue il rimando a una nota, la cosa più interessante per noi, perché qui si definisce il mistero che racchiude la sequela d’immagini e che, forse, Selma Sevenshuijsen ha sciolto, quantomeno e appunto, nelle tre teste maggiormente in vista.

Leggiamo la nota di Gigetta Dalli Regoli:

“La formula Barga –sette teste virili e femminili, e una sola protome leonina sporgenti dalla cornice superiore del recinto –non trova riscontro in altri edifici ecclesiali contemporanei, e attende ancora una spiegazione soddisfacente o almeno qualche ipotesi plausibile.”

Letta questa esortazione e per capire cosa volle dire per Barga Matilde di Canossa si rimanda il lettore al libro di Maria Vittoria Stefani “Tre secoli di storia barghigiana” del 1987, dove si spiegano con chiarezza, i secoli XI e XII del periodo matildino. Questi secoli, appunto, ebbero importanti influssi per Barga al tempo delle lotte tra papato e impero, che videro in campo Federico il Barbarossa intenzionato a ristabilire il suo potere in Italia, di cui un capitolo è basato proprio sull’eredità di Matilde. In questa lotta, siamo all’anno 1185, entra anche la Garfagnana di matildina memoria, con Barga al centro, che tra le partite italiane in gioco si presenta tra le più interessanti.

Finiamo quest’articolo con l’intuizione di Selma Sevenshuijsen circa tre delle teste che ornano i plutei che fanno da sfondo al pulpito del Duomo di Barga, questo dopo alcuni e veloci stralci dal suo lavoro, che si presenta molto ammiccante e grandemente avvincente altri approfondimenti.

Eccoci allora a pag. 91, dove l’Autrice inizia il capitolo del racconto del suo viaggio in “La Valle del Serchio”, di cui Ponte a Moriano è “La porta verso la Garfagnana”, analizzando la Pieve di Brancoli, che ha sul suo pulpito, la ritenuta effige di Matilde che mostra al fedele il Vangelo. Questa immagine è sotto l’aquila, simbolo di Giovanni l’Evangelista. Inutile dire che la chiesa di Brancoli, per le straordinarie similitudini, ci rimanda direttamente al Duomo di Barga. Si continua poi con la Pieve di Diecimo, il Ponte del Diavolo, Pieve di Cerreto e altro, per poi giungere al capitolo: “Le tracce di Matilde a Barga”. Con queste parole la Senenshuijsen inizia questo capitolo:

“La perla più bella in assoluto della Valle del Serchio è l’antico borgo di Barga, con il suo Duomo meraviglioso … Il tempio di Barga era innanzitutto un osservatorio astronomico, un luogo dove si poteva seguire il cammino del sole, della luna e delle stelle … In questo tipo di luoghi la tematica è sempre il ciclo della vita”.

Si disquisisce sulla sirena a doppia coda presente tra i segni del Duomo e altri particolari, come anche sull’antichità dei culti che qui avevano il loro sacro luogo, sino ai Longobardi e il culto di San Michele cui dedicarono una loro chiesa, alla base della futura dedicata a San Jacopo e Cristoforo. Ora siamo nel Duomo e così la Sevenshuijsen scrive a proposito delle tre teste in questione:

“Poi vedo una fila di visi sul muretto accanto al pulpito, veri visi di re longobardi, due donne e un uomo. La mia intuizione mi dice che qui siano immortalati Matilde e i suoi genitori.”

Soggiunge che non è assolutamente facile provarlo e che semmai si tratti di un ricordo postumo legato a memorie locali e forse anche a qualcosa strettamente attinente al Duomo. Qui allora torniamo alla studiosa Gigetta Dalli Regoli, che nel 1992, nello studio “Coerenza, ordine e misura di una maestranza: il pulpito del Duomo di Barga”, circa i tre volti dei plutei ci dice che sulla base delle allora conoscenze fosse plausibile ma non accertato che le teste nel loro complesso potessero raffigurare committenti il pulpito, anche perché nel loro aspetto visivo sono volti classici della bottega. Resta per noi comunque l’idea che il tutto abbia un valore simbolico, nel senso che si siano attuate le immagini, due donne volute coronate con trecce e un uomo barbuto, a distanza di tanti dalla morte di Matilde, dei genitori e di coloro che eventualmente li avevano visti. Una volontà che comunque resta enigmatica circa ciò che eventualmente, con quelle immagini, nel momento volevano celebrare e ricordare nei secoli a venire.

Pier Giuliano Cecchi

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