Se le terre coltivabili scompaiono: 5 domande a Stefano Berti

-

Stefano Berti rappresenta molte cose. E’ il Direttore della CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) di Pisa. E’ un membro del Centro di Educazione Alimentare “La Mezzaluna”. E’ un amico e un agricoltore. Di tanto in tanto ci vediamo: a volte attorno ad un orto civico, altre attorno ad una tavola imbandita, altre ancora per dannarsi tra questioni burocratiche. Lui lo sa che, di tanto in tanto ci scappa qualche domanda e questa volta ne sono uscite fuori cinque. Cinque domande semplici e altrettante risposte. Risposte non sempre facili. Eccole qua sotto.

Si fa un gran parlare di prodotti locali e di filiera corta, ma l’Italia è davvero in grado di produrre il cibo che mangiano gli italiani?

No, l’Italia non ha solo un deficit economico: c’è anche il deficit di suolo agricolo. Abbiamo infatti un serio problema di dipendenza alimentare. Ogni cinque italiani, uno, se vuol mangiare, deve mettere nel proprio piatto cibo proveniente dall’estero. Dal 1970 ad oggi abbiamo perso terreni coltivabili per una superficie corrispondente a Liguria, Emilia Romagna e Lombardia messe insieme. Le motivazioni principali sono due: abbandono da parte degli agricoltori e trasformazione dei terreni agricoli in suoli edificabili, motivazioni entrambe riconducibili ad un fattore comune: l’impossibilità di generare reddito agricolo adeguato agli standard di vita moderni. Questo fenomeno purtroppo non si è esaurito. Ancora oggi in Italia si perdono ogni giorno 100 ettari di terreno agricolo. Per capire la portata e la gravità di questa situazione basti pensare che 100 ettari corrispondono a 200 campi da calcio.

Qual è la reazione di un agricoltore di fronte alla progressiva erosione delle superfici coltivabili dovuta all’urbanizzazione? Lo chiedo senza dimenticare che vendere un terreno edificabile può essere conveniente.

Gli agricoltori sono sconcertati, spesso non riescono a capire. L’urbanizzazione è stata uno dei principali motivi di arricchimento dal dopoguerra ad oggi. Gli interessi in campo hanno purtroppo condizionato le scelte della classe dirigente a tutti i livelli. Interessi leciti, ma spesso anche illeciti. Tanti agricoltori hanno ceduto alle lusinghe economiche dei costruttori e lo hanno fatto di fronte a proposte alle quali non potevano dire di no. Non si poteva perchè quelle proposte, se raffrontate alle redditività prodotta dagli stessi terreni con l’attività agricola, erano troppo allettanti.

Quali sono, oltre all’urbanizzazione, le altre attività umane che limitano la disponibilità di terreni agricoli o che minano la qualità dei prodotti agricoli?

Ci sono attività industriali molto invasive. Ci sono poi le discariche, gli inceneritori, i depuratori e tutto ciò che attiene lo smaltimento dei rifiuti che spesso inquinano gli ambienti dove vengono fatte le coltivazioni e quando non inquinano, determinano comunque problemi di immagine negativa che condizionano i consumatori nelle scelte alimentari e di mercato.
C’è poi da dire che oggi gran parte dei terreni agricoli sono destinati a produzioni non-food. Sono quelle produzioni finalizzate alla produzione di biocarburanti o di biomassa per la produzione di energia elettrica.
Questi tipi di produzioni si sono sviluppate col nobile intento di ridurre il fabbisogno di idrocarburi per le necessità industriali ed energetiche. Purtroppo c’è da rilevare che siamo di fronte ad una deriva che deve essere arginata o quantomeno reindirizzata. Troppo spesso il bilancio energetico di centrali a biomassa presenta saldi che ne mettono in dubbio la reale riduzione di impatto ambientale e comunque si perdono migliaia di ettari di terreno agricolo per la produzione di cibo quando sappiamo che la carenza di cibo è e sarà nel prossimo futuro una delle principali emergenze dell’intera umanità.

Il cittadino medio si chiede cosa può fare di fronte a notizie come queste. C’è una risposta?

Il cittadino medio deve capire che se l’agricoltura è per definizione il “settore primario” un motivo ci sarà. Per troppo tempo si è creduto o si è voluto far credere, che in Italia si potesse fare a meno dell’agricoltura. Questo ha determinato scelte politiche sbagliate, ha determinato l’isolamento del settore e l’emarginazione degli agricoltori. Poi si è pensato di sopperire con sovvenzioni europee consistenti, ma raramente erogate con criteri adeguati e con un progetto che vedesse nell’agricoltura un settore cardine per i suoi risvolti economici, ma anche per le indubbie implicazioni sull’ambiente che ci circonda, sulla tutela del paesaggio, sulla tenuta sociale e sulla nostra salute.
Io sono convinto che sia proprio il cittadino medio quello che ha più potere di incidenza sul rilancio del settore agricolo. Lo può fare ogni giorno quando fa la spesa scegliendo di acquistare produzioni locali e lo può fare pretendendo dalla classe politica un’attenzione più adeguata all’agricoltura nella consapevolezza che questo incida in maniera determinante nel proprio futuro ed in quello dei propri figli.

C’è un modo per creare un’alleanza tra città e campagna per valorizzare in senso lato le funzioni dell’agricoltura?

Probabilmente non c’è solo un modo, serve un’azione diffusa e continua a tutti i livelli. Ritengo che la parola chiave sia “consapevolezza”. Occorre recuperare “Consapevolezza” di ciò che mangiamo, di dove viene prodotto, di come viene prodotto e di chi lo produce. Non è un caso che la comunicazione e la pubblicità abbiano “devastato” la percezione dei cittadini sull’alimentazione e non è un caso che le stesse siano state pesantemente influenzate dalla grande industria alimentare.
Occorre che i cittadini “sappiano”, perchè chi sa non può che scegliere nell’interesse proprio i prodotti degli agricoltori virtuosi. Non può che scegliere produzioni locali nel rispetto della loro stagionalità e non può che riconoscere il prezzo giusto agli agricoltori. Il prezzo che consenta loro un reddito adeguato, così da non costringerli a cessare la loro attività, magari cedendo alle lusinghe di speculazioni che si modificano nel tempo, ma che determinano sempre la perdita di suolo agricolo.

Ringrazio Stefano per la puntualità delle risposte e inizio a riflettere. Le mie scelte condizionano ognuna di queste risposte. Le mie come le tue.

Tag: , ,

Lascia per primo un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.