Barga sulla Linea Gotica (7) – il tragico Natale barghigiano (terza parte)

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(Nell’immagine: la fuga dei civili a seguito della Battaglia di Sommocolonia, con cui le forze dell’Asse attuarono lo sfondamento della Linea Gotica, temporaneamente ritornando in possesso dell’intero comune di Barga)

Iniziamo questo nostro settimo articolo di un più lungo cammino di rivisitazione di ciò che accadde nei nostri luoghi con lo stabilimento della Linea Gotica sui monti al confine nord del Comune, per poi arrivare alla fine della guerra e i primi anni della rinascita, ritornando ancora alla Battaglia di Sommocolonia.
Lo facciamo per offrire altre notizie al lettore circa quell’evento che certi storici tendono a svilire, prodigandosi prima a dire che il fronte della guerra in Garfagnana non fu una cosa indifferente, poi, quando ci sarebbe da far capire cosa volle dire, misteriosamente sottostimando l’ultimo vero attacco dell’Asse, che seppur di modesto raggio, producesse un temporaneo ripiegamento degli Alleati.
Ovviamente quest’atteggiamento storico contribuisce in generale alla sottovalutazione della sofferenza patita dalla gente del nostro comune nella sua interezza, nel caso della Battaglia di Natale, quella di Sommocolonia e Barga nel ruolo delle maggiori vittime ma in definitiva tutta quella del Comune.
Giova ricordare che fu sulla direttrice Barga, Sommocolonia, Lama, che si attuarono i maggiori cannoneggiamenti dei due eserciti in questa zona, perché in Lama c’era l’importante caposaldo dell’Asse, mentre sulla direttrice Barga, dietro, le postazioni Alleate.
Ne esce che in momenti diversi, onde sfavorire le alterne ambizioni di disposizione militare, Barga fosse il bersaglio privilegiato, con la reciproca e scambiata idea di rendere la vita nel suo abitato la più precaria possibile. Prima, dopo, ma anche durante la Battaglia di Sommocolonia per svantaggiare i propositi degli Alleati, quindi Barga è sotto il tiro dei cannoni dell’Asse; durante la stessa Battaglia o meglio il Tragico Natale Barghigiano, che vede la discesa dell’esercito dell’Asse, trovandosi a essere importante obiettivo dei bombardamenti aerei Alleati.
In apertura abbiamo accennato ad altre notizie sulla Battaglia di Sommocolonia e queste si ritrovano nel libro di Giorgio Petracchi “Intelligence Americana e Partigiani sulla Linea Gotica”, esattamente nel pubblicato memorandum segreto dell’OSS (Office of Strategic Services) operante nel V Distaccamento dell’Esercito Americano e stilato in data 31 dicembre 1944.
Qui, oltre a parlare dei rifornimenti ai Partigiani di Pippo e Armando, come delle loro azioni dal 25 sino al 31 dicembre, tra Castelvecchio, Lama, Montebono, Riboscioli e Merizzacchio e tutta la fascia montana che dalle Apuane va all’Emilia, in ultimo si espone circa l’attacco dell’Asse nella zona di Sommocolonia. Ovviamente il memorandum, in quest’ultima parte redatta dal tenente Seidner, si basa sull’azione dei Partigiani; una descrizione schematica che proponiamo al lettore senza alcun commento:

“L’attacco è iniziato il 26 dicembre alle ore 5,00. Il segnale per lanciare l’attacco nella zona di Sommocolonia è stato lo scoppio simultaneo di tutte le mine piazzate dalle truppe americane nella zona. Durante tutta la notte erano stati avvertiti movimenti. Contro di essi venne diretto un fuoco ininterrotto. L’attacco fu condotto da una compagnia di uno speciale battaglione che si trovava nella zona da soli tre giorni prima dell’attacco. Il Paese fu preso di sorpresa. Fra gli attaccanti vi erano truppe italiane. Le truppe nemiche sembravano drogate, dato che esse continuavano ad avanzare nonostante un partigiano avesse ucciso 23 nemici. Le truppe italiane indossavano uniformi verde scuro, simili a quelle dei partigiani. I prigionieri tedeschi affermarono che il loro obiettivo era Lucca. La maggior parte delle truppe nemiche erano austriache, vestite di ottime uniformi […] Le truppe si potevano distinguere dalle armi e dall’equipaggiamento visto che il colore delle divise era lo stesso. I partigiani si ritirarono da Sommocolonia alle 12,00 dopo continui combattimenti per le strade durati circa 6 ore. I partigiani riferiscono di avere ucciso 60 fra italiani e tedeschi; molti feriti. L’artiglieria alleata è stata molto efficace contro il nemico. 25 partigiani sono dispersi. I partigiani affermano d’aver visto durante il combattimento dei civili armati insieme alle truppe nemiche. Questo gruppo di partigiani sotto il comando di “Pippo” è ora a riposo a Bagni di Lucca.”

Nello stesso giorno della Battaglia di Sommocolonia, però dopo che in quel paese si è verificata la rioccupazione delle forze dell’Asse, ecco che il bersaglio inizia a essere Barga e la cura è a carico dell’esercito della Repubblica di Salò, che da Molazzana, sono le ore 13, inizia il suo pressante cannoneggiamento che arreca non pochi danni alla Città. Intanto, tramite dei fuggiaschi dalla montagna barghigiana, arriva la notizia che stanno scendendo a valle colonne di uomini dell’Asse.
Tra la gente si va prefigurando l’idea di un nuovo rastrellamento e altri pericoli, così decidendo l’esodo dalla martoriata Città per raggiungere luoghi più sicuri verso sud, nella direzione di Bagni di Lucca e oltre.
Nel pomeriggio inoltrato di questo 26 dicembre si sentono arrivare un minor numero di tiri degli Alleati, questo è il segno che l’Asse è riuscita nell’intento dello sfondamento del fronte. Infatti, a Barga arrivano notizie che i cannoni, postati a Loppia, Pedona, Fornaci e Piano di Coreglia sono in fase di smontamento e che militari e civili si stanno preparando a partire con destinazione oltre Calavorno. A Fornaci si sgomberano i magazzini americani. A notte gli stessi americani vogliono far saltare l’unico ponte di Barga ancora in piedi, quello di Macchiaia, ma le predisposte cariche, per un difetto d’innesco, non ce la fanno a esplodere.
Intanto, da ore, ha preso avvio l’esodo dei civili per sfuggire alla pericolosa avanzata dell’Asse. Una lunga fila di uomini, donne, vecchi e bambini, che seguendo la ritirata degli Alleati, va a casaccio verso sud, portando con sé quel poco che il fisico gli permette. Le strade e sentieri sono battuti incessantemente dalle artiglierie del Monterosa. Alle Palmente, località tra Barga e Fornaci ci saranno 10 morti. Altri 6 a Piano di Coreglia.
Le notizie delle vittime sono tratte dal libro “Val di Serchio e Versilia Linea Gotica” di Fabrizio Federici, edito nel 1979, dove ancora possiamo leggere quanto si annotò, crediamo, con riferimento alla ritirata militare americana:

“Gran parte del movimento all’indietro sembra essere stato una corsa a chi arriva primo a casa, piuttosto che una ritirata bene ordinata”.

Per meglio farsi un’idea della fuga dei civili si ricorre al libro di Bruno Sereni “Barga paese come tanti” edito nel 1947:

“Il signor Governatore prende fotografie.
Intanto il flusso dei fuggiaschi andava aumentando. Mescolati a questi, c’erano i soldati neri che nella fretta avevano perduto tutto l’armamento.
Per i campi, per le scorciatoie, gettandosi a terra, riparando con il proprio corpo quello dei bambini e dei vecchi, a ogni sibilo di granata in arrivo la gente scendeva, scendeva a valle. Dove andava? Nessuno avrebbe saputo rispondere. In quel momento l’importante era fuggire. Ognuno portava con sé ciò che più gli premeva di salvare. Si videro greggi di pecore che impedivano il traffico, vacche maiali. Donne che tenevano per mano frotte di bambini infreddoliti e in collo un sacchetto di farina dolce per sfamare alla prossima tappa la loro prole. Carrozzine che in altri tempi avevano servito per portare a passeggio i piccoli, cariche di fagotti, venivano spinte in avanti dagli stessi bambini ora grandicelli, mentre i genitori camminavano curvi sotto il peso di altri involti.
Al calare della sera e al sorgere della luna cessò il bombardamento.
Cielo stellato, notte fredda.
Da Barga arrivavano a Filecchio e a Ponte all’Ania ritardatari. Grande confusione a Filecchio in casa Togneri. In un angolo della stanza il presepio: i bambini giocano allegri con le statuine, si disputano il Bambino Gesù, qualcuno si è messo un cammello in tasca, anche l’asinello e la mucca sono spariti.
I grandi passano la notte su delle seggiole appoggiando la testa sulla tavola. Le donne sono eccitate, non dormono, si preparano a partire all’Alba.
A Ponte all’Ania è arrivato Balduini con la famiglia porta con sé alcuni bassorilievi di legno e i ferri del mestiere.
E’ assorto, forse vorrebbe tracciare qualche schizzo, forse la fuga lo tiene in uno stato di febbricitante ispirazione artistica.
All’alba cominciano a partire i barrocci carichi di fagotti e d’infermi. Miracolo della fuga: tutti camminano e nessuno sente la stanchezza, i bambini di tre anni non chiedono d’essere portati in braccio, i vecchi incidono il passo e non rimangono indietro, i ragazzi sono carichi e non si lamentano.
Corteo lungo, interminabile, che avanza sotto il pungolo del terrore di rivedere le facce dei rastrellatori.
A Ghivizzano i fuggiaschi respirano di sollievo: sono ormai fuori dal tiro delle artiglierie nemiche. […]
Per i fuggiaschi di Barga che hanno lasciato le loro case con le porte aperte, sotto un gragnuola di proiettili, vuol dire la perdita di modeste ricchezze accumulate a forza di rinunce e di privazioni, vuol dire tornare e trovare al posto della casa ben arredata un cumulo di macerie fumanti.
Lungo il percorso il numero dei fotografi americani aumenta. Sono operatori del cinema, sono reporter del War Press Bureau.”

A notte, nella quasi deserta Barga, è un continuo arrivo delle cannonate dell’Asse, con un rafforzamento alle sei di mattina del 27 dicembre. Dopo una mezz’ora di pausa una terribile ripresa, che così definisce mons. Lombardi nel suo libro “Barga sulla Linea Gotica”:

“Atroce! Più che una grandine di proiettili era un annaffiamento. Da tutto il semicerchio montano si centrava Barga. Saprò poi da un testimone della Pieve Fosciana che dalle batterie postate in quei dintorni si sparava come si suonasse organo! E lì erano tutti pezzi di grosso calibro.”

Dice il Lombardi che alle 7,30 vide una tranquilla pattuglia tedesca vicino alla canonica, con fucile in spalla come fosse a caccia. Barga era tornata in loro mano e nel pieno della battaglia. (continua)

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