La scomparsa (sesta puntata)

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Il soffitto.

Il lampadario.

La sveglia segnava le due.

Ancora non realizzava bene dove fosse, se chiudeva gli occhi vedeva il corridoio dell’albergo e si ricordava che doveva fare il numero della reception.

Se apriva gli occhi vedeva il soffitto e il lampadario, la sveglia e si ricordava che aveva sentito suonare il campanello.

Un momento…aveva sentito suonare il campanello per davvero o se l’era sognato?

Giuseppe non capiva più niente, era in confusione, cosa stava succedendo?

Si mise seduto sul letto qualche secondo, poi scese e si avviò verso la porta.

 

chi è?”

Giuseppe apri, sono Adele”

Un brivido strano lo colse, il cuore sembrò fermarsi per un attimo, come a voler prender la rincorsa e poi partì in uno sfarfallamento all’impazzata. Giuseppe, in piedi davanti alla porta sentì prima freddo alle tempie e poi un caldo divampare dallo stomaco, come se una fiammata lo avesse colto.

Era paralizzato, le gambe tremavano da sole e nel contempo non riusciva a muoversi.

 

“Apri Giuseppe”

la voce decisa di Adele, quel tono familiare che conosceva bene e che lei usava quando doveva iniziare un discorso serio lo calmarono un poco. Sentiva il cuore rimbombargli nelle orecchie, deglutì, aprì la bocca per dire qualcosa ma al posto della voce uscì un rantolo muto.

Stava sognando. Era un sogno, Doveva svegliarsi immediatamente. Fece un saltino ma atterrò sul pavimento.

Battè col piede e il parquet rispose con un colpo sordo.

 

Giuseppe allunga la mano e gira la chiave, adesso”

 

Giuseppe vide il suo braccio allungarsi, la mano girare la chiave della porta, non ebbe il tempo di pensare a niente, se la vide davanti, tranquilla, sorridente anzi, radiosa, vestita come l’ultima volta che si erano visti al pub, coi jeans e la giacca di lana rossa.

Continuava a battere col piede in terra per assicurarsi di avere il pavimento sotto i piedi e quello rispondeva rassicurante alla chiamata. C’era. Il pavimento c’era. In quel momento era fondamentale, avrebbe potuto anche non esserci, avrebbe potuto scoprirsi sospeso sul nulla invece no, il pavimento era lì, a ricordargli che c’era e che non sarebbe caduto.

Quindi era tutto vero? Non stava sognando?

 

“Beh? Posso entrare o restiamo tutta la notte sulla soglia?”

 

Di nuovo un brivido lo colse, si scostò per farla entrare ed Adele entrò come era sempre entrata in casa, si tolse la giacca come faceva sempre, la appese all’appendiabiti e andò in cucina.

Giuseppe era rimasto con la porta in mano, immobilizzato.

 

Giuseppe chiudi la porta e vieni a sederti”

 

Giuseppe ubbidì.

Seduti uno davanti all’altro.

Sorrideva Adele, sorrideva con una dolcezza nuova negli occhi; era diversa, sembrava più bella, più giovane, più luminosa, più rilassata, più tranquilla, sembrava più tutto.

Giuseppe al contrario era distrutto, i capelli arruffati, gli occhi gonfi di pianto, le occhiaie pronunciate e una strana espressione sul volto, che non era una risata ma nemmeno un ghigno, poteva sembrare stesse per ridere o per piangere, non lo sapeva nemmeno lui, in quel momento avrebbe potuto fare entrambe le cose contemporaneamente.

Che faccia strana che hai, come stai?”

Giuseppe aprì la bocca per rispondere ma di nuovo uscì quel suono sordo e sgraziato. Deglutì e richiuse la bocca, mortificato.

Si sentì improvvisamente inadeguato alla situazione. Non riusciva a parlare perché non riusciva a formulare nessun pensiero, nemmeno uno semplice.

 

Forse è meglio se bevi un goccio d’acqua”

 

Adele si alzò e andò a prendere un bicchiere, Giuseppe non riusciva a girare il collo per guardarla, muoveva solo gli occhi. Come quegli animali che si bloccano nel pericolo e si fingono morti che poi restano immobili per molto tempo dopo che il pericolo è passato, così lui stava,in uno stato che in ambito medico viene detto catatonico.

 

Adesso bevi un goccio d’acqua e dopo fai un respiro profondo ok? Mi stai sentendo?”

 

Gli si era messa davanti e lo guardava fisso negli occhi sorridente e dolcissima.

Giuseppe era catatonico, qualcosa in lui si era impuntato.

 

Tieni Giuseppe prendi il bicchiere, è acqua del tuo rubinetto, l’hai bevuta mille volte è sempre la solita, allunga il braccio prendi il bicchiere e bevi un sorso d’acqua, da bravo su”

 

Quel tono che avrebbe fatto sentire scemo chiunque, sortì l’effetto desiderato, Giuseppe bevve e bevendo si sentì meglio.

 

Ecco adesso fai un bel respiro profondo, fai entrare l’aria dalle narici e falla uscire dalla bocca, da bravo, e concentrati sui polmoni, quando li senti pieni d’aria al massimo conta fino a tre e poi espira dalla bocca, fallo, non è difficile”

 

Giuseppe ubbidì da bravo bambino. Inspirò dal naso e si sentì orgoglioso di aver ubbidito a un ordine che adesso cominciava a intuire essere benefico, poi contò fino a tre e buttò fuori l’aria dalla bocca e insieme all’aria gli sembrò che uscisse qualcosa di nero, pesante, negativo, mortifero e parlò:

 

Adele!!!!”

Ciao Giuseppe come stai?”

 

Quella domanda banale, in realtà banale non era, in quel momento niente era banale, Giuseppe era confuso…come stava? Di istinto avrebbe risposto: bene!!! sto bene!!!…ma non poteva. Non aveva senso, non stava bene, stava male lui, era appena stato male e non aveva senso dire che stava bene, lui stava male…sentì un conflitto interno tra una parte nuova che urlava “beneeeee” e avrebbe iniziato a ballare battendo i piedi sul pavimento (che – ricordiamolo- c’era) e una parte putrescente e stanca che rivendicava il suo diritto a star male, a lamentarsi, a spargere negatività nel prossimo inquinando l’ambiente che lo circondava e arrecando un danno a chi si trovava malauguratamente nella sua sfera di azione e in definitiva a rompere le balle al Creato.

Adele lo osservava tranquilla, con uno sguardo pieno d’amore e comprensione, così sincera che Giuseppe non se la sentiva di dire che stava male, per non offenderla.

In quel momento suonò il campanello.

 

E’ già qui?” si lasciò sfuggire Adele.

E’ già qui chi?” ribattè Giuseppe che si era improvvisamente ripreso e adesso sentiva un calore salirgli dalle gambe e arrivargli verso il petto, si stava infiammando.

Forse è meglio se apriamo” disse lei.

Chi è?” urlò lui

Padre Bebè” rispose una voce da dietro la porta.

 

Giuseppe guardò Adele con lo sguardo di chi si sente improvvisamente preso per i fondelli, Adele soffocava a stento una risata.

 

Senti Giuseppe dammi retta apri la porta, così evitiamo tante spiegazioni inutili e anche tanti problemi logistici”

 

Non aveva finito di parlare che si sentì un “E’ permesso?” provenire dall’ingresso.

E’ entrato?” Giuseppe era diventato rosso come un peperone ma non dalla vergogna, si sentiva un fuoco dentro e una forza improvvisa che avrebbe sollevato il tavolino con un dito e si stava arrabbiando, si, si stava arrabbiando davvero, lui che non si era mai arrabbiato in vita sua e aveva imparato a incassare i colpi, anche i più duri, quelli che proprio non si reggono, lui li aveva incassati e zitto. Adesso gli stava montando la rabbia repressa perché in realtà non aveva trasformato niente delle delusioni prese, delle fregature, delle ingiustizie palesi subite. Aveva solo buttato tutto in un angolo buio della sua coscienza e ricoperto con il coperchio di un sarcofago egizio che adesso si era improvvisamente spalancato e prima che la sua parte razionale e civile avesse potuto impedirlo era balzato fuori un drago nero, incazzatissimo, freddo, cieco e assetato di giustizia.

Adele lo guardava preoccupata, ci furono lunghi secondi di pausa…

(continua)

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