Barga sulla Line Gotica (5) – il tragico Natale barghigiano

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“Siamo come una città assediata ed è questa la situazione la sera del 23 dicembre, antivigilia di Natale del 1944!”
Queste le parole con cui ci siamo lasciati nel precedente articolo, ovviamente tratte dal diario di guerra di mons. Lino Lombardi, pubblicato nel 1955 dall’Amministrazione Comunale con il titolo “Barga sulla Linea Gotica”. Un riverente omaggio al Proposto nel suo 25° di permanenza con i barghigiani, e con lui a tutti quelli che di quei giorni di guerra ne portavano ancora il lutto.
Vediamo ora di ripercorrere ciò che accadde nei successivi giorni, che saranno, come ormai tutti sanno, i più tragici di tutto il periodo del fronte. Per farlo ricorreremo sempre a quei testi scritti da persone che vissero l’immane tragedia e a una particolare immagine, una xilografia, eseguita da Adolfo Balduini. Un’opera, in cui l’Artista fermò con il segno dell’arte il disperato esodo della popolazione dalle case del territorio comunale, fuggendo da un luogo divenuto oltremodo pericoloso, perché le forze dell’Asse avevano rotto il fronte di guerra in Lama, così scendendo a Valle, e tra la gente era corsa l’atroce visione di un altro rastrellamento.
A seguito dello sfondamento del fronte, dopo la battaglia di Sommocolonia, ci fu il progressivo ritiro delle forze Alleate con la successiva rabbiosa incursione dei loro aerei che presero a bombardare il territorio e specialmente la già martoriata Barga, arrecando altre e ben più gravi distruzioni.
Per un maggiore approfondimento di ciò che accadde, come si mossero gli eventi, quali erano le truppe interessate, come si svolse militarmente, cosa volle dire la rottura del fronte di lama, cosa fu la battaglia di Sommocolonia, rimandiamo il lettore alla lettura dell’interessante libro scritto da Vittorio Lino Biondi: “La Battaglia di Sommocolonia”, edito diverse volte, anche in inglese.

Ritornando sui nostri passi, quelli di una più semplice rievocazione, vediamo che il giorno 24 dicembre, domenica, l’aria che si respira a Barga in questa vigilia di Natale è delle più tristi, efficacemente sintetizzata da mons. Lombardi nel suo diario con le parole: “C’era una volta…”. Infatti, le passate vigilie con la gente indaffarata ai preparativi della festa pensando soprattutto ai bambini, ai piccoli regali da fargli trovare vicino al presepio, ai festosi doppi del Duomo, poi l’ascesa per raggiungerlo al tempo della Messa, sono tutto un ricordo. Ora invece, vigilia 1944, qualcuno si muove solo per raggiungere quelle botteghe semiaperte e lì prendere ciò che gli spetta secondo il razionamento dei viveri; le altre sono tutte chiuse, e per dare l’idea di cosa volesse dire aggiunge: “Come se dominasse la peste”.
Altro squarcio sulla vita di quei giorni lo offre Bruno Sereni nel libro “Barga –Paese come tanti” del 1947:

“Si avvicina il Natale. Il più triste, il più squallido e sconsolato Natale che la nostra gente abbia mai trascorso. Poco pane, niente carne, punto olio. Quelli che ancora resistevano a vivere a Barga, sotto il tiro dei mortai tedeschi, campavano con quel tanto di farina americana, piselli secchi, zuppa e latte in polvere, che le autorità alleate distribuivano una volta al mese.
Per fortuna c’erano i mori… che contraccambiavano con scatolette e biscotti quel poco di calda e disinteressata simpatia che la popolazione elargiva loro, ricevendoli a tutte le ore del giorno, nei fondi, accanto ad una stufa o ad un caminetto”.
Tornando nel vivo della guerra tra i due schieramenti dobbiamo dire che in questo 24 dicembre non è cambiata la musica, perché è sempre quella dei cannoni: gli Alleati con suoni che variano secondo il calibro, mentre dalle alture di fronte Barga le forze dell’Asse rispondono con il suono della loro orchestra.
Nella mattinata a Barga inizia a circolare una strana voce che vuole sia imminente un’offensiva dell’Asse. La gente inizia a preoccuparsi, anche perché vede dei movimenti di truppe Alleate diretti a Sommocolonia, cioè, a contatto con il fronte, come di altre manovre che altro non fanno presagire se non brutti guai.
Mons. Lombardi continua il suo ufficio tra messe e sepolture in mezzo ad un saltuario cannoneggiamento che gli arreca non pochi rischi. All’arrivo del buio il cielo si riempie dei traccianti Alleati rossi e blu: “E’ proprio fantastica questa Notte di Natale! Altro che il canto degli Angeli! La notte adunque passa in grandi sparatorie in partenza e purtroppo anche in arrivo!”, così rileva mons. Lombardi circa l’attesa del Natale barghigiano.
Il giorno della festa, da tutti pensato di tregua, si presenta come nelle attese solo il mattino, appena in tempo per recarsi a Messa, poi a mezzogiorno risiamo ai cannoneggiamenti su Barga da parte dei tedeschi, cui si unisce un’intensa attività di tiri su Sommocolonia. Parimenti rispondono gli Alleati con l’alzo dei cannoni su Lama. Tra la gente circola sempre più insistente la voce di una prossima controffensiva dell’Asse e il primo obiettivo non potrà che essere Sommocolonia, il ferrigno castello che vide le eroiche gesta di capitan Galletto.
Tra gli Alleati e con loro i Partigiani che sostano a Sommocolonia c’è già la percezione di una simile eventualità, anzi ne sono certi e inviano al Comando di Barga un messaggero che non è preso sul serio. Alle 4,00 di mattina del 26 dicembre ha inizio l’attacco al paese da parte delle truppe dell’Asse. Per una maggiore comprensione di cosa accadde militarmente, come già detto, rimandiamo il lettore al testo “La battaglia di Sommocolonia” di Vittorio Lino Biondi, Comune di Barga, 2008.
Altre testimonianze di quel giorno da tregenda l’abbiamo anche nel libro “Voci della Vecchia Barga” di Maria Vittoria Stefani, 1979:

“Il mattino del 26 salii sulla terrazza dietro casa per osservare l’Aringo e rendermi conto se era possibile salire sul Duomo. Ciò che vidi mi riempì di disperazione: Sommocolonia era avvolta in una nube di polvere e battuta dalle artiglierie americane che avevano accorciato il tiro, segno evidente che quel Paese non era più in mano degli Alleati”.

Vediamo allora cosa accadde a Sommocolonia tramite gli occhi di chi visse quel giorno. Per farlo si ricorre al libro di Bruno Sereni “La Guerra a Barga”, dove compaiono molte testimonianze di quel periodo raccolte dall’Autore intervistando persone che si trovarono a diretto contatto con l’offensiva dell’Asse. Iniziamo con un lungo stralcio dalla testimonianza del partigiano Corneli Ambrogio “Balistite”, chi era stato comandato dal suo capogruppo Sommati e dal tenente Jienkins, di raggiungere Barga per avvisare il Comando Alleato dell’imminente offensiva dell’Asse e che inviassero a Sommocolonia rinforzi, ma che fu licenziato con una semplice missiva:

“Al mio ritorno in paese, trovai Sommati e il tenente americano che mi attendevano con ansia. Appena questi si mise a leggere la lettera, ebbi l’impressione che sbiancasse e le mani gli tremassero. Arrotolò il foglio che gettò nel fuoco. Sommati comprese tutto senza che l’altro gli avesse detto nulla…
Appena giorno (26 mattina), saranno state le sette e mezzo, ad un tratto sul paese cadde una gragnola di colpi di mortaio e contemporaneamente il campo minato, a cento metri dalla scuola elementare verso la strada di Lama, saltò in aria.
Durante la notte i tedeschi in silenzio avevano circondato a ferro di cavallo il paese, rimanendo libera la mulattiera che scende verso l’oratorio di S. Rocchino e di lì a Catagnana. I nostri compagni che si trovavano sull’estremità del caposaldo, dove adesso c’è il monumentino, impugnando le mitragliere, inchiodarono la prima ondata che si disperse con molte perdite, ma altri tedeschi, che venivano dal cimitero e si erano arrampicati su dal costone di Rio Villese, li presero alle spalle: Casolari Italo, Caselli Riccardo, Minelli Giacomo, Venturelli Albano, Fontana Francesco di Castelvecchio Pascoli, cadevano uno dietro l’altro; gli altri riuscirono a ripiegare pur continuando a difendersi.
Si sparava adesso dalle finestre delle case, dietro le porte, appiattati dietro le cantonate. Ad aggravare lo scompiglio, sul paese cominciarono a cadere dei colpi di cannone tirati dai mezzi cingolati di Barga e dalle batterie di Loppia. Il tenente americano, colpito da una scheggia, non si rialzò più. La stessa fine fece, pochi minuti dopo, il tenente Sommati, anch’egli colpito da una scheggia, mentre si portava a dare aiuto ad un gruppo di tre nostri compagni presi nel mezzo. Lo adagiammo nell’andito di una casa, dove morì poco dopo.
Eravamo rimasti in pochi; gli americani che non erano stati uccisi o feriti erano riusciti a scappare giù da S. Rocchino. L’ultima resistenza, alle ore 9, fu fatta in casa Olivieri da un gruppetto di nostri guidati dall’Antonio.
Ero rimasto senza munizioni e prima di sganciarmi andai in casa di Cecchini, in piazza S. Rocco, a munirmi di caricatori per la mia carabina. Nella cucina trovai il povero Giocondo Gonnella di Fraia. Aveva la mia stessa età, 18 anni. Gli era preso il panico e non riusciva a muoversi: Vieni via, fai presto, gli urlai un paio di volte, mentre scappavo verso il tetto della casa. Non mi diede retta. Facendo salti da pazzo, riuscii a mettermi sottostrada e poso dopo raggiunsi i compagni che stavano scendendo giù per la selva […]
Sopra le nostre teste sentivamo passare raffiche di mitraglia sparate dai tedeschi divenuti padroni di Sommocolonia.
Non potemmo passare dall’altra parte, perché gli americani prima di ritirarsi avevano fatto saltare il ponte di tavole da essi stessi costruito. Scendemmo allora in Corsonna e tenendoci sottocosta raggiungemmo Capriolo dove adesso arrivavano le raffiche di mitraglia tedesca. A Barga la gente terrorizzata stava scappando con fagotti e sacchi, con bimbi per mano e vecchi su carrette.”

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