Passeggiando per Barga: arte e memorie collettive (prima parte)

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BARGA – Iniziamo questo percorso d’arte e memorie collettive in Barga con l’idea di una rivisitazione di opere e ricordi che qua e là si mostrano al passeggero o a chi, sapendo che esistono, le ricercasse in luoghi pubblici per rimeditarne la cifra espressiva o la forza memoriale, magari con il solo intento di rivederle e così costatarne lo stato di conservazione. Lo facciamo anche con l’idea di riportarle a un minimo d’attenzione affinché si possano tramandare meglio nel tempo quale testimonianza di quell’afflato che avvinse i nostri predecessori, sia dal punto di vista dell’arte come della volontà di fermare nel tempo vivi passaggi rappresentativi della nostra una società, forse maggiormente intenzionata a farsi riconoscere dai posteri. Non sarà una passeggiata esaustiva circa le cose che andremo rileggendo, altre ce ne sono certamente, però iniziamo.

Quale partenza di questa passeggiata certamente il luogo maggiormente deputato è proprio la sacra e sacrata Acropoli di Barga, così definita anche da Pascoli, da cui, in un ignoto dì, si mosse il soffio primo di un qualcosa iniziato da esseri indefinibili. Certamente erano umani, e molto lentamente e sempre più si fece importante, fino a un raggruppamento di capanne su questo colle caro anche ai Liguri – Apuani, su quest’aspra e ritta grinza del terreno, che poi da tutti s’iniziò a chiamare la Barga.

Sotto il colle, or ora definito come un’alta “grinza del terreno”, stava il piano, con i campi che nel giorno quelle genti andavano a lavorare e poi, a sera, lasciavano alle ombre per ritirarsi in alto a difesa come l’uccello quando sta sul ramo più alto dell’albero, come una vedetta per tutti i suoi simili e al pericolo lanciando il suo repentino trillo.

Saliti quassù, dall’alto, se il cielo era azzurro, vedevano là lontano, meglio e più nitida Madre Natura effigiata nel profilo congiunto di tre monti che bella stava come riposando dopo aver generato le sue bellezze che l’occhio ora spaziava o che nel mondo stavano. Da questi monti se ne partono altri, che circuendo intorno alla Barga, vanno disegnando una corona che par a bella posta lì posata, partendo dal gran sasso forato, ove lì tornava a chiudersi, con dentro una vasta terra solcata da acque impetuose, viepiù se dal cielo cadeva o scesa era l’acqua, mentre che tra verde boscaglia al frinire della cicala si faceva arsa.

Il colle poi divenne difeso con una sorta di castro chiuso di pali inflitti nella “selvina terra” sempre più rubata al germogliare degli antichi alberi, con attenzione a quello “del pane di legno”, il castagno, che allora parrebbe già assai conosciuto o diffuso dal romano conquistatore a cavallo della vita di Cristo. È questo luogo, la Barga, che nella Valle, perché erto e così aperto alla vista, fu solo secondo alla Colonia più alta che Roma vi stanziò a badar l’irrequieto Apuano. Liguri – Apuani il popolo che or domato ai voleri dell’Aquila romana, che su quel cucuzzolo occhio di falco Appennino popolò di sua gente e chiamò Sommo Colonia, che dall’alto, come Barga dal basso, ambedue pari in voleri e vista, seguirono il comando di tener la valle oscura sempre sotto controllo e loro lo potevano come pochi altri luoghi, avendone una grande visione dagli Appennini alle Apuane.

Lassù sull’Acropoli vi racchiuse il “barghigiano”, un poco alla volta, i suoi maggiori beni materiali e di fede seppur pagana, ancor prima che Cristo vi avesse il suo culto che accadde, secondo certi storici valligiani, con Sant’Eutichiano nel 275 dopo Cristo. Costui fu quella persona che da Luni ma in Sarzana nata, fu Papa a Roma e poi Santo e che la Chiesa, ricordandolo l’8 dicembre d’ogni anno. Tale evenienza or a noi fa dire (e ci siamo vicini), che quel doppio di un’ora che ogni anno la sera del 7 dicembre si stacca dal campanile del Duomo di Barga, così annunciante la festa del domani, l’Immacolata Concezione, localmente raffigurata nella Madonna del Molino, da oggi si sappia che potrebbe suonare anche per la festa di quel Santo che in Valle del Redentore fece entrare il culto.

Dette queste cose a ruota libera vedono cosa ci presenta di memorie e d’arte il luogo che anche a noi piace definirlo l’Acropoli di Barga. A dire il vero chi scrive quest’articolo del luogo in cui virtualmente siamo, già molto ha scritto anche su questo Sito: del Palazzo dei Podestà in quattordici articoli (1), tre sulla nascita del Museo Civico del Territorio ospitato nel palazzo Pretorio (2), poi altri che via via s’imponevano per la mancata attenzione e manutenzione (3) a tutto quel popò di storia che il colle ha assommato in tanti secoli. Altri lavori riguardano per esempio il Duomo circa le sue fasi evolutive (4), la storia dell’oriolo che per la prima volta fu posto sul campanile del Duomo l’anno 1471 (5); la Madonna del Molino e la storia del Doppio (6), che prima era raccontata come una favola e con tanta fantasia, dopo assai chiara nei suoi secolari passaggi sino a oggi. Altri ancora i cinque articoli sugli altari esistenti nel Duomo di Barga nei vari secoli. 7) Allora di cosa parliamo con quest’articolo? Mah! Torniamo al Museo che è un argomento che certamente interessa!

Entrando, anzi, tornando come altre decine di volte dentro il Museo (anche con buona volontà per spiegarlo ai visitatori), preme ricordare che nella parte in basso del palazzo dei Podestà che lo ospita, si può vedere vicino alle antiche e terribili prigioni, il vecchio meccanismo che faceva suonare l’ora di Barga su due campanelle del Duomo, poste ai penultimi finestroni del campanile che sono sul fronte della chiesa. Il marchingegno risale al 1802 e fu sostituito l’anno 1930 dall’attuale che si deve alla munificenza di un grande e troppo dimenticato barghigiano che invece meriterebbe di esser maggiormente ricordato e ancora oggi additato alla comunità per la sua dedizione al soccorso economico in favore del pubblico bene comune. Si allude all’emigrante commendator Ferruccio Togneri (Barga 1861-Buenos Aires 1941) che tra i tanti doni fatti alla Comunità di Barga, donò all’Opera di San Cristofano che accudiva al Duomo, era l’anno 1930, un nuovo orologio che sostituisse l’ormai guasto meccanismo che è in foto e che suonava alla romana sulle due campanelle poste a una delle coppie di bifore in facciata (vedi la foto panoramica del Duomo). Il nuovo orologio, che fu posto a metà campanile, fu collegato meccanicamente alle tre campane grosse, rinnovandone anche il suono del precedente sistema alla romana che consisteva nella divisione del giorno, partendo dalla mezzanotte, in quattro cicli giornalieri di sei ore con il battito dei quarti e poi l’ora piena che dopo due minuti è replicata, questo per assicurare a chi fosse stato distratto, una maggiore comprensione che il “tempus fugit”. La novità? Nel fatto che ora il tempo era annunciato con il battito di tre martelli sulle tre campane alla sommità del campanile. Campana piccola e media per i quarti d’ora, con il battito quasi in simultanea dei due martelli, poi l’ora con la battuta del terzo martello sulla campana grossa, che ha un suono molto più grave. (8)

Quanto detto è uno dei passaggi di storia del Duomo e di Barga, per i più, forse come perso nei meandri della storia e che in qualche misura abbiamo ripercorso in questo inizio del nostro excursus. Aggiungiamo unicamente che quel vecchio meccanismo di orologio ancora conservato al Museo e sostituito l’anno 1930 con altro della Ditta Miroglio di Torino, di là dall’importanza quale manufatto storico risalente all’epoca napoleonica, fatto da abile meccanico, un Bertoncini di Castelnuovo Garfagnana, è degno di essere conservato anche perché nobilitato dalla penna del grande poeta Giovanni Pascoli potendolo udire suonare nella poesia L’Ora di Barga: “Il suon dell’ore viene con il vento dal non veduto borgo montano … Suono che uguale, che blando cade, come una voce che persuade”.

Si è parlato del restauro del Duomo e quest’importante opera fu realizzata tra gli anni 1927-1939. Sul lato nord dell’avancorpo della chiesa ci sta una scritta in cui si legge assai malamente che tutto l’imponente lavoro fu compiuto all’epoca in cui l’Italia subì l’Assedio Economico, mentre sul fronte della chiesa, in alto e sotto il bassorilievo comacino sta scritto in latino che, nonostante tutto, il restauro del tempio fu eseguito sino alle antiche fondamenta.

Finiamo questo primo articolo con due memorie del secolo XVI. Il ricordo dell’Acropoli Bargea all’epoca della carta del 1539 in cui è visibile in tutta la sua portata storica, la nobile sommità, al cui interno e con buona pace di tutti, convivevano in perfetta simbiosi tra loro, Stato e Chiesa. Infatti, vediamo tre porte, due d’accesso (scalaccia e rampa) e una di divisione interna, ma non suoni quest’ultima porta una separazione tra sacro e politico, cioè, tra l’Arringo e il Sacrato della chiesa. Infatti, è chiaro che nel Duomo si entrasse anche dallo stesso Arringo per l’antichissima porta di San Cristofano e l’altra risalente alla fine del secolo XIV, epoca del podestà di Barga Gerardi (9), il cui stemma sta lì a corredarla alla sommità di uno stipite, tale e quale al suo doppio presente sotto la Loggia di Palazzo Pretorio. Un’entrata, quest’ultima,  effettuata e resa necessaria per accedere sempre dall’Arringo al secondo ampliamento del Duomo.

Siamo su questo lato e ricordiamo al lettore che accanto alla porta, che per lo stemma ivi presente potremmo dire del Gerardi, andando verso est, sul muro leggiamo una scritta che ricorda questo muro come l’esterno di un Sacello costruito o restaurato nel secolo XVII. In pratica si tratta della memoria di una costruita stanza che fu affiancata all’abside del Duomo. Una sorta di cappella mortuaria e poi, da un certo periodo sino a oggi trasformata e dedicata alla Concezione. Un culto che per Barga, iconograficamente, si professa nella Madonna del Molino, in quell’antichissima immagine che arrivò nel Duomo l’anno 1512, quando fu tolta da un mulino dell’Opera di San Cristofano perché il mugnaio la vide sudare copiosamente, quindi, ritenuto un miracolo, con tutto il clero e il popolo di Barga fu recata processionalmente nell’allora pieve di Barga. (fine prima parte – continua)

 

Su questo sito:

  • Il palazzo Pretorio di Barga sede del museo. 14 articoli. Anno 2015.
  • Storie di Barga: così nacque il Museo. 3 articoli. Anno 2021.
  • Il Museo abbandonato … e non solo. Anno 2021.
  • Duomo di Barga: qual è la parte più antica? Anno 2017.
  • I campanili delle ore nel Comune di Barga. 4 articoli. Anno 2014.
  • La festa della Concezione a Barga nel 1522. I doppi per la Madonna del Molino. Anno 2008.
  • La Madonna del Mulino e la tradizione del Doppio dell’Immacolata spiegata da Pier Giuliano Cecchi. Anno 2010.
  • La storia del doppio dell’Immacolata Concezione. Anno 2016.
  • Altari nel Duomo di Barga tra il sec. XVIII e inizi del XX. La sorte di alcuni quadri? 5 articoli. Anno 2020. 
  •  –L’orologio costruito e posto sul campanile l’anno 1802 suonava alla romana e la conferma ci viene da un articolo del giornale locale L’Eco del Serchio di Pietro Groppi, la dove si dice del male funzionamento.

“L’Eco del Serchio” di Pietro Groppi:
“13 novembre 1881 – Cronaca locale “L’orologio comunale” – “È già qualche tempo che nella torre delle ore l’orologio si è cambiato in segretario, ma di quei segretari da manicomio. Quando batte un’ora per un’altra, quando erra i quarti, e quando tace, cosicché non si sa mai che ore sieno. Il pubblico generalmente si lamenta, e ne ha tutti i diritti. Vi è pure un impiegato od accollatario che deve vigilare al buon andamento dell’orologio? Si chiami all’adempimento del suo dovere, e se la cagione proviene da altre cause, pure ci si provveda, a non ci lascino più a lungo nell’inconveniente di non sapere mai le ore”.

9)      Su questo sito: P.G. Cecchi; Il palazzo Pretorio di Barga sede del museo (quinta parte). Accennando agli stemmi ancora visibili, dobbiamo dire che quello del venerabile viro e Capitano di Barga Bartolomeo Gerardi, datato 1396, tra tutti è il più antico. Per altro di questo possiamo dire che identico a quest’appare alla sommità dello stipite sinistro della porta laterale del Duomo, quella che sta quasi dirimpetto alla stessa Loggia. Lo stemma in argomento ha destato interesse in diversi studiosi perché presenta in tutto lo scudo, una croce dentellata che lo rende simile a quello St. Clair, però con l’aggiunta nei quarti di quattro fiori a otto petali o stelle.

 

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