Intervista al senatore Marcucci. Le dimissioni da capogruppo al Senato e le scelte ora da fare per il PD

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A tre anni dalla sua elezione, il senatore barghigiano Andrea Marcucci ha lasciato nei giorni scorsi la guida dei senatori Pd, il ruolo di capogruppo in Senato. La nuova capogruppo a palazzo Madama, Simona Malpezzi, anche lei di Base Riformista, la corrente che raccoglie i cosiddetti ex renziani, è stata indicata dallo stesso Marcucci ed è stata votata all’unanimità dall’assemblea.

Marcucci, dimettendosi dal suo ruolo ha chiuso una vicenda che ha tenuto banco a livello nazionale, iniziata con l’invito di Letta ad eleggere due donne a capo dei gruppi parlamentari in onore alla parità di genere. Un tema giusto da affrontare, ma per il quale si è sbagliato il metodo…

Questa scelta di parità di genere, di pari opportunità non è stata un po’ una scelta di facciata del segretario Letta, per avere la strada più libera nei confronti dei vecchi capigruppo?

“Penso che il metodo  è sicuramente sbagliato; il tema invece è giusto; io credo anzi  di essermi impegnato su questo perché per esempio da presidente le prime due cariche istituzionali che ho avuto a disposizione,  vice presidente del senato e presidente di commissione, ho  fatto eleggere due senatrici che valevano e meritavano.  Detto ciò credo appunto che il metodo sia sbagliato: non è che dicendo: ‘al governo ci metto tutti uomini come ministri oppure le donne le metto a fare le sottosegretarie o ai gruppi ci metto le donne e levo gli uomini’, ci faccio bella figura; non mi sembra un modo razionale, intelligente e serio per affrontare questo tema. Questo tema  va affrontato fino in fondo, bisogna creare le condizioni perché ci sia un percorso.  Secondo me, per esempio, non ci può essere il tabù, dopo tutti i segretari uomini, che si possa avere quanto meno una candidatura di una segretaria donna. Questa volta c’erano due candidature importanti, quella di Anna Finocchiaro e quella di  Roberta Pinotti, tutte e due autorevoli. Io avevo anche espresso favore rispetto a queste, però il partito, giustamente nella sua  libertà e autonomia, nell’assemblea ha scelto Enrico Letta e anche io alla fine ho confluito su questa scelta.

Dunque metodo sbagliato, tema rilevante; bisognerà lavorarci.  Abbiamo tante elezioni amministrative per dimostrare  che, per esempio nelle grandi città, i sindaci possono essere donna.”.

Le dimissioni improvvise di Zingaretti prima, poi questa situazione dei capigruppo, ma che succede in questo PD? Ci si ritrova?

“Non mi hanno mai spaventato nel PD le battaglie politiche, culturali, le cosiddette battaglie delle correnti. Io credo che il PD sia l’unico strutturato sul territorio, ha diverse anime, è nato  come confluenza di diversi riformismi ed io rappresento quello liberal democratico che è stato prevalente all’epoca della segreteria  Renzi. Nel passato,  ad esempio con Bersani, ho sempre fatto opposizione. Oggi però il paese ha bisogno di una azione compatta del PD, indirizzata ad uscire dalla crisi pandemica e dalla crisi economica e sociale e dunque  io mi sforzerò per lavorare con tutti gli altri come senatore  o nei ruoli che eventualmente andrò a ricoprire,  in modo che si esca da queste crisi .

Discutere in un partito non è una vergogna.  Bisogna discutere e confrontarsi,  avendo sempre dinanzi la stella polare del bene comune.”

Come giudica il suo operato di questi anni?

“Vengo da tre anni intensi, difficilissimi sia in termini politici (cambio di maggioranza, di governo), sia in termini sociali con la pandemia e con la crisi economica.  Esperienza difficilissima ma anche esperienza meravigliosa questa presidenza. Devo solo essere  grato a chi mi ha permesso di farla, soprattutto al partito democratico ed ai miei colleghi senatori. Dopodiché  abbiamo eletto un nuovo segretario, anche io l’ho votato; lui ha posto delle questioni e io, lo ripeto, non ho affatto condiviso il metodo con la quale le ha poste… Però poi alla fine ho deciso di fare un accordo. Non mi sembrava corretto  spaccare né il partito, né il gruppo. Oggi  abbiamo bisogno come Partito Democratico di portare avanti una azione incisiva anche parlamentare, tutti insieme, per il bene della nostra comunità nazionale e da qui la mia scelta.”

Ma se invece si fosse ricandidato che sarebbe successo?

“Quanto non c’è la riprova del contrario inutile fare previsioni; diciamo che la maggior parte del gruppo aveva chiesto una conferma della candidatura. Mi è sembrato però  sbagliato dividere l’azione, la forza, la determinazione del gruppo PD al Senato, che ha lavorato molto bene in questi tre anni. Ho preferito lavorare sulla scelta della candidata a presidente di Simona Malpezzi, perché ho ritenuto  che si dovesse dare continuità all’azione, anche sostituendo le persone.”

Lei è molto radicato nel territorio della provincia di Lucca. Come è stata presa dai suoi simpatizzanti questa situazione?

“In queste ore la fantasia è stata  premiata, diciamo. Ho ricevuto messaggi molto coloriti, molto divertenti. Però di una cosa si può essere certi: io ho sempre cercato di lavorare certamente per il bene della comunità nazionale, ma anche  per il territorio che rappresento. L’ho sempre fatto con grande determinazione e con grande passione, in qualsiasi ruolo io fossi stato; e continuerò ad essere il senatore di questa Valle, di questa provincia, di questa regione. E lo farò  con al vicinanza agli amministratori locali e soprattutto alla nostra gente.”

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