Dante e Pascoli in “Zvanì” di Vincenzo Placido              

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È già da qualche tempo che ho letto il libro “Zvanì – Il fanciullino di Casa Pascoli” pubblicato nel 2020 da Tra le Righe Libri e scritto da Vincenzo Placido, che oggi non è più tra noi e alla sua memoria dedico questo mio articoletto che in parte lo ricorda, perché fu lui ad ispirarmelo, ricorda un momento di Pascoli e oggi 25 marzo che è il giorno dedicato a Dante, ricorda anche lui, uno dei suoi passaggi più importanti di una vita straordinariamente fuori dal comune, allora, anche da quello di Firenze.

Un libro molto particolare, schietto, delicato, di non facile empatia per i soliti lettori che si soffermano al saputo del saputo e che non ci sia altro da lì in poi che il saputo. Pascoli non ha bisogno di difensori, perché gli fanno difesa le sue poesie italiane e latine, i suoi poemetti, ecc, ecc. Vero è, però, che il libro esce nelle mani del lettore molto particolare, molto singolare, perché si addentra nella plausibile psicologia pascoliana e lo fa con una grande emozione per l’Autore ed anche per chi legge, ma qui sono partigiano. Comunque, provare per credere.

Allora, settembre 2010, dopo che c’era stata la presentazione del libro a Barga, in piazza del teatro Differenti, così chiosavo su facebook: vado piano a leggere il libro perché ho altre mille cose da fare però lo leggerò tutto. Ora sono al capitolo 6 e sono rimasto a bocca aperta (affascinato) a leggere cosa scrive Vincenzo Placido circa Pascoli a La Torre di Dante a Fosdinovo.

Il castello dov’è la Torre, ricco di storie come tutti i castelli ma a Pascoli non parla dei mille misteri che racchiude: della contessina murata viva per il poco edificante amore nutrito per lo stalliere o la botola della ninfomane marchesa, che al suo lui di turno recitava forse:

Ah! tu mi avesti e mi vorresti ancora … ma

non dovrai domani fuor da queste mura

ridir ciò che io ti detti con amor  

amor mio e sol mio e tu

per non aver ad ardir poi

con tanto ardore di raccontare

qui lascia la tua vita a me per sempre –

E giù nella botola!

Or Pascoli lo possiamo veder guardare tutto intorno e sentire questo?

Neanche per idea perché lui era attento con gli occhi e la mente perché sapeva che lì, in stanza che ancor lo raffigura, il SOMMO POETA aveva vissuto. Vero o non vero, poco a lui importava, ma la più bella delle belle cose che lui sentiva presente lì, intorno a sussurrargli emozione forte fortissima, era l’idea che lì il -Sommo per sempre- avesse ripreso contatto con la sua opera che non lo sapeva ma … lo avrebbe immortalato al Mondo intero: la Divina Commedia.

Erano solo i primi sette canti in latino

a miracolo salvati nella sua amata Firenze

ma: attenzione si faccia che si parla di case

di panorami e di amori leggiadri e non

di uomini, che lo vollero sol che lontano.

Confiscati con l’altro ancor quei canti e poi …

donati arrivarono al Morello,

il signor dei Malaspina

che lì in quel castello visse,

che di Dante sentiva il grande cuore

e li lo volle e non pago gli disse:

O Dante sai? Ho qui cosa tua

e forse a te cara … la vorresti?

Mio Signore: che sarìa questa cosa

che tu mi offre con tanto cuore.

E Morello gliela pose in mano.

Parrebbe allora che per noi il miracolo s’avverasse

Perché Morello vide Dante che s’era incupito

 a legger quel suo scritto ma, pian piano

 lo sguardo prese un sorriso calmo e poi …

fissar lo vide lontano cosa ch’egli non vedeva e …

e a Morello non gli pareva neanche che fosse.

Pascoli anch’egli, forse che era il 1884, fu visto incupito guardar lontano, come se da “SOTTO IL VELAME” avesse avuto “LA MIRABILE VISIONE” (i suoi due successivi testi danteschi) e gli parve riveder il SOMMO, a lui si tanto caro che girando per vie odorose di Lunigiana bella, riprendesse a tesser un filo che sono i divini immortali canti.

Or va detto che nel castello di Fosdinovo Pascoli non era solo, con lui erano degli inglesi curiosi a tutto;  come lui a visitar tanta storia e andavano qua e là cercando dov’è che fosse della marchesa la botola e già vedevano di lei gli amanti che da dentro ancor a loro tendessero le braccia … E Pascoli?  Rimase lì come ebete a cercar di capire … cosa?  Come che fu che il Sommo quei canti dal latino volle al parlar volgare che tanto fecero dire a tutti e …  ancor grande al Mondo lo fanno.

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