Pascoli abbandonati

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MONTAGNA – Quando si dice “Alpe di Barga” ci si riferisce all’Appennino che sovrasta il territorio del comune di Barga le cui principali cime sono la Cima dell’Omo, il Giovo ed il monte Romecchio.
Un tempo questi erano i luoghi prediletti per il pascolo dei tanti pastori presenti sul territorio e nella montagna, ma ora il pascolo sull’alpe praticamente non esiste più. Dei pastori presenti sul territorio barghigiano l’unico che ancora continua il pascolo sull’Appennino barghigiano è Giulio Marchi, meglio conosciuto come il Giulietto del Mengoni. Le sue pecore arrivano fin sulla cima del Monte Romecchio, ma ormai sono le uniche o quasi. Nei pascoli montani oltre a Marchi, continua ad andare, anche se nelle zone del Sillico, anche il gregge di Mario Rocchiccioli, pastore di Filecchio, ma per il resto i greggi di Giordano Bonaccorsi con le sue capre, le pecore di Luciano Gonnella o i greggi più o meno piccoli di Marco Togneri, della famiglia Longhi di Mologno, di Giovanni Giovannetti, della famiglia Renucci del Piangrande, ecc. pascolano nelle zone di fondovalle dove peraltro è ormai migliore la qualità dell’erba.
Per il manto erboso montano però questo è un piccolo grande problema che mina l’equilibrio di questo ecosistema. Ne ha parlato in questi giorni l’ASBUC Barga nel suo notiziario dove appunto registra la sola presenza sulla “nuda” del gregge di Giulio Marchi. In realtà questa estate, spiega il presidente dell’ASBUC Giuseppe Nardini, era stato annunciato l’arrivo di un numeroso gregge proveniente dal modenese, ma la cosa non ha avuto seguito, forze ostacolata anche dalla situazione covid-19. Si trattava di un gregge di grandi dimensioni, con anche oltre mille capi ma alla fine questa è rimasta solo una possibilità che non si è realizzata.
Secondo Nardini però l’assenza di pascolo, unita alle mutate condizioni atmosferiche, stanno modificando la “nuda”. Sull’appennino barghigiano la maggior parte della superficie scoperta è già ora occupata da ginepro nano o mirtilli, ma ci sono anche vasti tratti erbosi  che però, mancando i pascoli, non si stanno rinnovando: il manto erboso insomma invecchia e perde vigore e forza e questo rappresenta comunque una perdita per le caratteristiche del territorio.
Ma perché non si pascola più in montagna? I motivi sono diversi e spesso sono riconducibili all’età dei pastori ancora presenti sul territorio che spesso sono in su con gli anni.Non c’è il ricambio generazionale in molti casi e spingersi così in alto non è una passeggiata,.  Poi ci sono altre problematiche come quella dei predatori, dei lupi. Anche questa estate ne ha fatto le spese lo stesso gregge di Giulio Marchi, ma del resto i lupi ormai arrivano anche più in basso. Poi c’è il problema appunto della qualità nutritiva dell’erba dei pascoli montani che appunto, non rinnovandosi, ha perso molte delle sue qualità nutritive.
Secondo l’ASBUC , almeno per quanto riguarda la necessità di rinnovare l’ecosistema della “nuda”, una delle possibilità alternative da considerare è il sistema del fuoco controllato o fuoco prescritto che serve appunto a conservare ecosistemi e habitat: viene utilizzato per gestire diversi ambienti in cui il passaggio periodico del fuoco, sia di origine naturale che antropica, è un importante fattore ecologico per la loro conservazione. Che sia una soluzione da percorrere anche per questi territorio?

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