Una chiacchierata con Vincenzo Pardini

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Vincenzo Pardini è una voce autorevole molto conosciuta in ambito letterario e giornalistico nazionale.
Perché fare un’intervista adesso? Perché negli anni ha sempre dimostrato un amore e un’attrazione verso Barga che vale la pena investigare, in un momento particolare della storia umana come quello che stiamo vivendo.
Inutile negarlo, ormai ci siamo, stiamo assistendo alla fine di un mondo: è evidente e voler parlare d’altro sarebbe come fare lo struzzo.

Vivere un momento come questo in una realtà di provincia non è la stessa cosa che viverlo in città. Questa riflessione può sembrare banale ma non lo è.
Barga ha iniziato il 2020 mettendosi in linea con i valori che promettono di ripagare, se giustamente intesi, in termini di rinascita e positività. Sembra di iniziare a respirare un’aria nuova, ci sono piccole fiammelle di ripresa che nascono dalla volontà di condividere valori veri, culturali nel senso vivo del termine. E’ come se ci trovassimo di fronte all’inizio di un nuovo Umanesimo, che sorge dalle macerie di una società ormai definitivamente crollata sotto il peso dell’ignoranza e di interessi egoistici che hanno portato all’appiattimento di tutto ciò che crea comunità vera e cioè i valori della condivisione, la fratellanza, il dialogo, l’amicizia, lo scambio e il rispetto per il bene comune, che si traduce nel rispetto per il pianeta che ci ospita e per la natura della quale facciamo parte. Valori empatici di vita che niente hanno a che vedere con la chiusura della grettezza e dell’ignoranza.
Questo sentire appartiene a chi lo sente, a chi è vivo, a chi non ne vuol sapere di morire per colpa degli egoismi degli altri.
Questa è Cultura al suo massimo potenziale, Cultura che esce dalle biblioteche, dai saperi sterili dell’università, per riversarsi nella vita, nelle cose , nel fare.
E non sono discorsi retorici questi, perché se l’intellettuale esiste, lo si vede proprio nel fare e non solo nel pensare. Ma per fare ci vuole un sentire prima di tutto, la mistica dice che bisogna unire cuore e ragione, la mente deve avere un cuore e il cuore deve avere una mente, altrimenti si resta in un gioco sterile di inutili sofismi.

Vincenzo Pardini, non mi interessa dilungarmi in inutili sviolinate, chi non sapesse niente di lei può comodamente andare nella pagina Wikipedia dove c’è la sua biografia o leggere le numerose interviste che nel tempo le sono state fatte da testate giornalistiche prestigiose come per esempio Repubblica (ne cito solo una).
Quello che mi interessa invece è consegnare ai lettori barghigiani un suo punto di vista sulla cittadina di Barga contestualizzata nel periodo storico che stiamo attraversando.
Ho da poco letto il suo romanzo “Il postale” edito da Fandango e ambientato in questi luoghi che, come mi diceva, sono densi di suggestioni particolari.
Vivendo qui da undici anni posso confermare che è proprio così e che forse ancora non siamo completamente coscienti dell’importanza energetica di questo luogo, a livello planetario.
Mi vuole raccontare cosa sente lei quando viene a Barga?

“Non occorre che venga a Barga per sentirla; me la sono sempre portata dentro fin da piccolo, quando me ne parlava mia nonna e quando me la indicava dalla montagna dove lei abitava. Barga, come diceva Pascoli, appartiene alla Valle del Bello e del Buono (titolo mi pare anche di un libro di Umberto Sereni), ed ha in sé un fascino tutto suo, forse anche per la sua collocazione geografica, trovandosi vicina alla Pania, che la sovrasta austera e protettiva. Poi le sue strade, i suoi vicoli dove il tempo sembra essersi fermato e dal quale traspaiono sensazioni che si avvertono solo con l’anima; sensazioni che sembrano voci e carezze di qualcuno che ci vuole bene, e che ci dà il benvenuto. Quando sono a Barga non andrei più via. Poi è la città dove è nata mia figlia. Tutto ha quindi, per me, un significato unico e importante.”

Questo luogo è un luogo molto particolare, nel tempo ci sono stati personaggi che lo hanno scelto per farci addirittura centri di risveglio spirituale, primo fra tutti ricordo Baba Bedi, il padre della tecnica vibrazionale, una metodologia di riequilibrio interiore volta al miglioramento della specie umana.
Nella sua opera gli animali rivestono un ruolo importante, in quanto (da quello che ho compreso) ci svelano lati della nostra natura che altrimenti tenderemmo a nascondere per poi manifestare in momenti particolari e non sempre positivi. Penso al suo lavoro notturno di metronotte che la porta a confrontarsi con gli aspetti considerati meno nobili della natura umana, in realtà più veri. Lo aveva capito il mai abbastanza ricordato Pasolini che scavando negli abissi si poteva trovare la verità. La domanda che mi pongo e che le pongo è la seguente, ma non sarà che a forza di dimenticare la natura e di fingerci separati da essa, migliori, abbiamo trasgredito delle regole basilari che oggi ci si stanno rivoltando contro? E se si, cosa possiamo fare noi artisti, e con artisti intendo scrittori, pittori, musicisti, per poter diventare canali di valori utili alla società che deve trovare una via di scampo a questo sfacelo ormai evidente e manifesto?

 

“La notte, talvolta, può mostrare il volto nascosto di una società. Un volto insolito, in quanto ambiguo e talvolta perfino violento. Nel buio sembrano nascondersi i peggiori propositi. Viaggiando e lavorando nel buio si ha sovente l’impressione di unirci ai sogni, buoni e cattivi, che fa la gente. Mai come di notte avvertiamo l’universo delle altrui vibrazioni, ossia le gioie e le sofferenze di molti. Ma le sofferenze sono sempre più numerose delle prime. Gli animali, anche se non ci sembra vero, sono molto più a contatto col mondo che noi non vediamo, quello dei rumori, degli odori e dei suoni; a mio avviso sono quindi in grado di avvertire e di vedere quanto a noi, ammorbati dalla modernità e dalla tecnologia, non è più concesso, convinti come siamo della nostra presunta superiorità sugli altri esseri del Creato. Da tempo, ormai, ci siamo dimenticati che con la natura bisogna dialogare, dimostrandole nei fatti che la rispettiamo, perché la natura fa parte di noi, siamo noi. Senza di essa sarebbe la nostra fine. Invece continuiamo a offenderla inquinandola, deturpandola.

Affacciarsi sulle rive di un torrente, come per esempio il Turrite Cava, si viene colpiti dai rifiuti che vi gravitano, così lungo le sponde del Serchio, o nella strade di campagna. Condotta che considero anche un peccato verso Dio, che in mezzo a questa natura ci ha collocato nel periodo del nostro transito terreno.

Agli artisti non resta pertanto che restare tali, difendendo con le loro opere ciò che ci circonda, e se necessario denunciare alle pubbliche autorità ciò che i potenti di turno, per puro interesse politico, infrangono quando non tutelano e non salvaguardano i beni di tutti.”

Nel ringraziarla di cuore per aver voluto dedicare parte del suo tempo ad una causa che negli anni è stata definita persa e cioè quella dell’importanza della cultura nell’evoluzione umana e sociale, sarà mia premura invitarla alle prossime iniziative che faremo a Barga con l’associazione Cento Lumi e la collaborazione della Fondazione Ricci e dei gruppi di lavoro culturali che si stanno creando, dei quali sono onorata di far parte come rappresentante barghigiana del movimento Slow Art di Marco Poma.

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Commenti

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  1. pier giuliano cecchi


    Nell’articolo, interessante e un’ottima idea, ho trovato citato citato il libro di Pardini “Il Postale” e così mi son sentito di scrivere questo commento per fare ancora una volta i complimenti all’Autore. Perché? Semplicemente per rimettere all’attenzione dei barghigiani due momenti nostri che Pardini ha tratteggiato con una finezza straordinaria: il Beato Michele da Barga, ausiliatore spirituale, apparso in sogno, per un parto.
    L’altro momento è quando quel figlio nato deve andare militare e per non farlo cadere in disavventure ecco l’idea di venire a Barga, in via del Pretorio, là dove la via finisce, così giunti a palazzo Salvi, dove un Maestro avrà la forza di sorreggerlo nel cammino da intraprendere.
    Suggestioni? Sì!, ma di un tangibile e possibile vero.
    Pier Giuliano Cecchi

  2. Bartolomeo Di Monaco


    Barga è una città che amo. Nobile e suggestiva con le sue stradicciole in salita che si insinuano tra le case antiche e i suoi palazzi, con le sue piazzette improvvise, con il suo imponente Duomo che da lassù si erge come un faro per indicare la strada.
    Per anni è appartenuta a Firenze, poiché luogo strategico (ancora, se non sbaglio appartiene alla diocesi di Firenze), oggi finalmente è un gioiello della Lucchesia.
    Così come lo è lo scrittore Vincenzo Pardini, custode attento e intransigente della natura e dei nostri tesori.
    https://www.bartolomeodimonaco.it/online/leggende-barga-e-giovanni-pascoli/

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