Fantasma d’Oriente (sesta puntata)

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17. COMMIATO DA ELISABETTA

Pierre entra nella biblioteca del castello in cerca di Elisabetta.

PIERRE

Elisabetta?

Attraversa la stanza notando, su un tavolino da fumo, una coroncina di roselline essiccate ed incerate inanellate tra di loro. Le prende in mano e le guarda accuratamente, come se da esse provenisse un gratificante senso di pace. Quindi le ripone e prosegue in cerca dell’amica.

Elisabetta?

Nessuno risponde. Non trovandola, esce dal castello e si dirige verso la carrozza che lo sta aspettando.

Il cocchiere in livrea gli apre lo sportello.

COCCHIERE IN LINVREA

Monsieur, dobbiamo sbrigarci, il treno non aspetta!

Pierre fa cenno di sì con la testa e si volta, come se avvertisse su di sé lo sguardo di qualcuno. Elisabetta, dietro i vetri di una finestra del primo piano, lo saluta con la mano e con un sorriso enigmatico.

Pierre ricambia il saluto sventolando il cappello.

PIERRE

(pensa)

Mi chiedo perché non abbia voluto salutarmi come si deve…

La carrozza si avvia lentamente lungo la strada che scende dal castello.

18. ARRIVO AD ISTAMBUL CON L’ORIENT EXPRESS

Un inserviente dall’accento balcanico passa nel corridoio del treno bussando alle varie cabine per annunciare ad alta voce ai passeggeri l’arrivo ad Istanbul.

INSERVIENTE

Mesdames et Monsieurs, tra un’ora è previsto l’arrivo alla stazione di Istanbul- Sirkeci.

La stazione di Sirkeci, inaugurata da poco, è tirata a lucido come una specchiera. Spiccano i motivi orientali, gli archi colorati, i vetri policromi gialli e rossi, le figure geometriche dei due orologi a parete di grandi dimensioni.

Pierre scende dal treno. Guarda l’ora su uno dei due orologi: segna le nove. Estrae dal panciotto il suo orologio e lo regola, indugiando sulla maestosità di quell’imponente congegno. Accanto a lui si ferma un gentiluomo francese.

GENTILUOMO FRANCESE

Se mi permettete un consiglio Monsieur, non datevi la pena di regolare l’orologio. Ad Istanbul il tempo non è mai lo stesso. Anche se lo sfarzo degli orologi a muro voluti dal sultano, costituisce uno spettacolo impressionante.

PIERRE

Sono veri e propri gioielli, avete ragione.

GENTILUOMO FRANCESE

Sono molto di più. Sono il simbolo della riforma dell’impero. I Turchi intendono mettersi alla pari con la precisione e la puntualità occidentali.

PIERRE

Conoscete bene questo Paese. Monsieur…

GENTILUOMO FRANCESE

Oh, certo, non mi sono presentato, vogliate scusarmi. Mi chiamo Le Coutre. Qui è diverso che a Parigi, le conoscenze sono più disinvolte, talvolta informali. Io sono un uomo d’affari, devo sapere tutto ciò che si muove intorno alla corte reale, e tutto ciò che arriva dall’Occidente. Credetemi, non c’è posto migliore in tutta la Turchia del capolinea dell’Orient Express, per capire come la pensa la borghesia. Ah, è arrivata la persona che aspettavo. Lieto di avervi conosciuto, Monsieur…

PIERRE

Mi chiamo Pierre Loti.

I due si toccano il cappello a mò di saluto.

GENTILUOMO FRANCESE

Se non ci rivedremo, buona fortuna Monsieur Loti e benvenuto ad Istanbul!

Il Gentiluomo francese prosegue lungo il binario, mentre Pierre si avvia verso l’uscita, seguito da un giovane fattorino che gli porta il baule, confondendosi tra gli uomini in caffettano e tra i venditori di ogni genere accalcati all’ingresso della stazione.

Pierre esce dalla stazione, si ferma ed ispira profondamente l’aria orientale, posando lo sguardo su un gruppo di donne velate. Si sente a casa.

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