SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Matteoli vs Marcucci

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A pochi giorni dall’appuntamento del prossimo 4 dicembre – con l’atteso referendum attraverso il quale noi cittadini saremo chiamati a confermare o meno la riforma approvata in via definitiva dalle camere lo scorso aprile – il nostro giornale chiude la lunga carrellata di confronti di sostenitori del sì e di sostenitori del no.
In queste settimane ci hanno detto la loro rappresentanti delle istituzioni, della politica locale come pure professionisti o semplici cittadini. Cinque identiche domande poste ai vari interlocutori che hanno potuto motivare la loro posizione con risposte contingentate nella loro lunghezza.
In questa ultima “puntata” di questo confronto, di fronte due autorevoli rappresentanti toscani in Senato: il senatore barghigiano Andrea Marcucci ed il senatore Altero Matteoli, anche lui conoscitore della nostra terra.

Andrea Marcucci vive come tutti qui sappiamo a Castelvecchio Pascoli. E’ stato sottosegretario ai beni culturali nel 2006 nel secondo governo Prodi. E’ socio fondatore del Pd. Dal 2009, ovvero dalle primarie per la candidatura a sindaco di Firenze, è stato uno dei primi sostenitori di Matteo Renzi. Attualmente è senatore e presidente della 7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali) e membro della Delegazione italiana all’Assemblea parlamentare della Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). Ha iniziato a fare politica da giovane, militando nel Pli, e aderendo alla Margherita nel 2001. E’ ovviamente uno dei principali fautori del sì al referendum ed in questa intervista ne sostiene le ragioni

Altero Matteoli vive a Casale Marittimo (Cecina). Attualmente è senatore per Forza Italia – Il Popolo delle Libertà e Presidente della 8ª Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni) oltre che membro della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince.
E’ stato dall’8 maggio 2008 al 16 novembre 2011 Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (nel Governo Berlusconi IV). Ha iniziato la sua lunga carriera come esponente del Movimento Sociale Italiano. Diviene per la prima volta deputato nell’83.
Matteoli voterà al referendum costituzionale No. E ne spiega anch’egli le ragioni.

Referendum costituzionale, si o no e perché?

ALTERO MATTEOLI:
“Voto ‘NO’ per varie ragioni; in sintesi perché ad una riforma pasticciata e che squilibra il sistema istituzionale, preferisco la Costituzione in vigore. Se passa il ‘NO’ sarà, invece, possibile pensare ad una riforma concordata e accettata da tutti”.
Vorrei, per esempio, che gli elettori sapessero prima di votare al referendum che il nuovo Senato sarebbe a composizione variabile, in quanto sindaci e consiglieri regionali resterebbero in carica solo per la durata del loro mandato, determinando una situazione di incertezza assoluta che si rifletterebbe sull’approvazione delle leggi.

ANDREA MARCUCCI:
Di riforma del Senato si è cominciato a riparlare, all’inizio degli anni 80 con la commissione affidata al liberale Bozzi.
Sono ben note le diffidenze che aveva suscitato, all’interno della stessa Costituente, la decisione finale, il compromesso, di aderire ad un bicameralismo paritario.
Da allora ad oggi sono stati numerosissimi i tentativi di distinguere i lavori dei due rami del Parlamento, una Camera politica ed una espressione dei territori. Oggi ce la abbiamo fatta e la palla passa ai cittadini. Il 4 dicembre si voterà una riforma storica, che finalmente archivia il bicameralismo paritario.

La riforma prevede il superamento del bicameralismo perfetto di cui si parla da 30 anni: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?

ANDREA MARCUCCI:

L’obiettivo è quello di avere una sistema istituzionale più semplice, un iter delle leggi più veloce, ed insieme ridurre per la prima volta il numero dei parlamentari. Votando si, i senatori passeranno da 315 a 100, votando no tutto resterà uguale, come è oggi. È quindi un passo in avanti giusto, da condividere.

ALTERO MATTEOLI:
Più a parole che nei fatti. Il nuovo Senato può, se vuole, discutere tutte le proposte sottoposte al vaglio della Camera dei deputati, con la possibilità di creare, se non il blocco dell’attività legislativa, lungaggini peggiori di quelle dell’attuale bicameralismo perfetto.
Ricordo poi, che il Senato dovrà continuare, come adesso, a approvare leggi in vari settori e le leggi costituzionali. Quindi parlare di superamento del bicameralismo perfetto è pura propaganda.


Col nuovo Senato come Camera delle autonomie locali i territori sarebbero più rappresentati anche a livello centrale?

ALTERO MATTEOLI:
Non è proprio vero. Diciamo che i nuovi senatori, che già sono sindaci o consiglieri regionali – peraltro ancora non si sa come verrebbero eletti e da chi – avrebbero la possibilità di portare le istanze del territorio in un’Assemblea a Roma. Ma il rischio che tali istanze in questa sede si scontrino con gli interessi di altri territori è altrettanto palese. Fare sintesi diverrebbe impossibile. Si tratta di un rischio molto concreto e quando manca la sintesi tra interessi diffusi si può arrivare al caos.

ANDREA MARCUCCI:

Il Senato dei territori porta un equilibrio più razionale al rapporto tra Stato, Regioni ed autonomie locali. Con la riforma del titolo V, la smetteremo di avere, ad esempio, 21 sistemi turistici locali. La centrale dei costi sarà unica, con la soppressione di tutti le ingiuste spese aggiuntive che subiscono alcuni territori rispetto ad altri, per fare un altro esempio, nella sanità. Anche le competenze che acquisirà il nuovo Senato nelle materie che riguardano l’Unione Europea, saranno particolarmente rilevanti proprio per le Regioni, i Comuni e le aree metropolitane

Col nuovo Senato si tagliano poltrone e costi della politica: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?

ANDREA MARCUCCI:

Non abbiamo fatto una riforma così importante solo per ridurre i costi della politica. Ma è indubbio che i risparmi siano consistenti, intorno ai 500 milioni di euro. Saltano 315 indennità dei senatori e le spese degli staff e dei gruppi parlamentari del Senato. Lo stipendio dei consiglieri regionali sarà equiparato a quello del sindaco del capoluogo, scompariranno del tutto le risorse per i gruppi regionali, che tanti caso di malapolitica hanno generato. Inoltre verranno abrogati il CNEL e le Province.

ALTERO MATTEOLI:
I risparmi sarebbero davvero insignificanti, visto che l’apparato rimarrebbe intonso. E1 un aspetto, questo dei costi, che appartiene più alla propaganda renziana che alla realtà delle cose. Se vogliamo preservare la democrazia, aprendola alla partecipazione di tutti i ceti, come io credo debba essere, lo Stato deve farsene carico.
Per tagliare le spese ci sono altri settori su cui intervenire, molto più significativi e ‘pesanti’, a cominciare dalle innumerevoli partecipate dello Stato, per non dire dei tanti sprechi cui mettere mano. E, in questo senso, non mi pare che la legge di bilancio proposta da Renzi sia un esempio da seguire.


Cosa succede il 5 dicembre se vince il si o se vince il no?

ALTERO MATTEOLI:
Se vince il ‘NO’, come mi auguro, si può pensare con la prossima legislatura di avviare un serio percorso per giungere a riforme concordate, davvero condivise e quindi accettate da un arco ampio di forze politiche e sociali. Se vince il ‘SI’, ci ritroveremmo con istituzioni più deboli, più facilmente manipolabili dal vincitore di turno e con un sostanziale indebolimento del potere dei cittadini. E ciò anche in conseguenza di una legge elettorale, già in vigore, che con la bocciatura della riforma voluta da Renzi dovrà invece essere rivista. Non si può, infatti, supporre che si vada a votare con una legge elettorale che regola il sistema di voto per la sola Camera dei deputati. Credo, infine, diversamente da certa vulgata, che nell’un caso di vittoria del ‘NO’ come nell’altro di vittoria del ‘SI’ la legislatura proseguirà fino alla scadenza naturale.

ANDREA MARCUCCI:

Se vince il Si, non si rafforza il Pd o il governo, ma il Paese. Mandiamo due messaggi importanti all’Europa, il primo è che l’Italia può cambiare, il secondo che il processo di riforme che è in atto, porta stabilità. Tutti gli italiani che hanno o dipendono da un’attività economica, sanno quanto sia importante la stabilità, per programmare o attrarre investimenti, spese, risorse professionali.
Se vincesse il No, l’Italia farebbe un salto nel vuoto. Guardi i partiti che sostengono il No, da Monti a Salvini, da Brunetta a Grillo, da Fassina a Casa Pound, da D’Alema a Fini, sono divisi su tutto. Con il No, alla fine tornerebbero i tecnici, questa è la verità

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