SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Bonini vs Regoli

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Giunti a meno di due mesi dall’appuntamento del prossimo 4 dicembre, con l’atteso referendum attraverso il quale noi cittadini saremo chiamati a confermare o meno la riforma approvata in via definitiva dalle camere lo scorso aprile, il nostro giornale ha pensato d’offrire uno spazio di confronto nel quale possano misurarsi a favore o contro tale proposta rappresentanti delle istituzioni, della politica locale come pure professionisti o semplici cittadini. Cinque identiche domande poste ai vari interlocutori che potranno motivare la loro posizione con risposte contingentate nella loro lunghezza.

Un modo d’offrire ai nostri lettori online un punto di vista diverso attraverso il quale poter guardare alla proposta di riforma della Costituzione e farsene una loro opinione. Iniziamo questa rubrica due figure istituzionali: il sindaco di Barga, marco Bonini, fautore del SÌ e l’ex assessore provinciale, Mario Regoli che voterà NO.

Referendum costituzionale, si o no e perché?

MARCO BONINI:

La politica ha un’occasione storica per riformarsi ed il sistema istituzionale per diventare più semplice, funzionale e meno costoso. Il referendum del 4 dicembre è inoltre il coronamento di un percorso che viene da lontano e non ultimo dalle tesi dell’Ulivo del 1996. Quindi il Si è pienamente nelle corde del centrosinistra migliore, quello che vuole cambiare l’Italia e rimboccarsi le maniche.

MARIO REGOLI:

NO, perché questa riforma ribalta il 1° art della Costituzione che stabilisce che la sovranità appartiene al popolo. Anzi annulla la volontà popolare negando l’elettività dei senatori. No, perché introduce un sistema che favorisce le élite, le segreterie dei partiti, triplica le firme necessarie per i disegni di legge popolari, aumenta notevolmente le firme necessarie per i referendum. No, perché non supera il bicameralismo ma rende solo più confuse e conflittuali le competenze tra Stato e Regioni.

La riforma prevede il superamento del bicameralismo perfetto di cui si parla da 30 anni: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?

MARIO REGOLI:

Il nostro Bicameralismo, che non perfetto ma paritario, può essere superato. il punto cruciale è che questa riforma non lo supera. Lascia enormi competenze al Senato, crea i presupposti per continui conflitti di competenza, moltiplica a dismisura i procedimenti legislativi e incrementa la confusione. Purtroppo questa riforma è peggiore dell’esistente. Frutto dell’ondata populista ed antipolitica, non produce neanche sensibili risparmi.

MARCO BONINI:

Siamo rimasti praticamente l’unico Stato in Europa ad avere due Camere che fanno la stessa cosa. Vorrà pur dire qualcosa? Dopo decenni di commissioni bicamerali che si prefiggevano questo obiettivo, finalmente il 4 dicembre possiamo votare e farla finita con il meccanismo della navetta o del ping-pong. Ovvero la Camera approva una legge e la rimanda al Senato e così via senza nessun rispetto dei tempi.

Col nuovo Senato come Camera delle autonomie locali i territori sarebbero più rappresentati anche a livello centrale?

MARCO BONINI:

E’ uno degli aspetti della riforma che più mi convince. Il nuovo Senato sarà costituito anche da 21 sindaci, una garanzia che le istanze territoriali avranno un loro ruolo specifico anche nelle politiche nazionali ed europee.

MARIO REGOLI:

NO. E’ un imbroglio demagogico anche questo. Questa riforma semmai è statalista. Riafferma e aumenta il potere centrale a danno delle autonomie locali, a loro volta private di mezzi finanziari. lo stato si riappropria di importanti materie oggi attribuite alle regioni e in caso di conflitto di competenze prevarrà la “supremazia statale”. I nuovi senatori, non eletti ma nominati dai consigli regionali, non rappresenteranno i territori ma i partiti che li hanno designati. Inoltre i 4/5 posti che spetteranno alla nostra regione saranno accaparratidalle realtà più forti e le zone marginali saranno ancor più sottorappresentate.

Col nuovo Senato si tagliano poltrone e costi della politica: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?

MARIO REGOLI:

Contrario perché è demagogia che si tagliano poltrone. Si riduce in effetti la rappresentanza democratica e si toglie ai cittadini la possibilità di scegliere attraverso il voto. I costi della politica semmai si dovrebbero ridurre diminuendo lo stipendio dei parlamentari. Il risparmio vero e proprio, rispetto ad una soluzione pasticciata e contraddittoria, sarebbe derivato dall’eliminazione pura e semplice del Senato.

MARCO BONINI:

Ricordo i numeri perché sono importanti: per la prima volta si riducono i parlamentari, 215 seggi in meno ed un totale di 315 indennità che saranno tagliate. Inoltre i consiglieri regionali non potranno guadagnare più del sindaco del comune Capoluogo e scompariranno i contributi ai gruppi consiliari. Ovvero quei soldi che in tanti casi sono stati spesi in modo assolutamente arbitrario. Quindi un bel risparmio e soprattutto un alleggerimento complessivo della macchina istituzionale.

Cosa succede il 5 dicembre se vince il si o se vince il no?

MARCO BONINI:

La vittoria del Sì equivale ad un messaggio di speranza, significherebbe che possiamo cambiare le cose che non funzionano e proseguire sulla strada delle riforme. Con il Sì inoltre vince la stabilità e sappiamo tutti molto bene quanto conti in Europa. La vittoria del No rappresenterebbe l’opposto: non cambierebbe nulla. Però dopo sarebbe più difficile, ad esempio, lamentarsi dei costi della politica e delle cose che non cambiano mai.

MARIO REGOLI:

Se vince il SÌ avremo meno sovranità popolare. Meno possibilità per i cittadini di eleggere i propri rappresentanti. Avremo una minoranza elettorale che, grazie al premio di maggioranza garantito dall’Italicum, si impossessa di tutti i poteri. Continueremo ad avere un bicameralismo, ma più confuso e creatore di conflitti di competenza tra Stato e Regioni, tra Camera e nuovo Senato. E comunque costoso.

Se vince il NO rimarrà la “Costituzione più bella del mondo” e si apriranno le condizioni per eventuali parziali revisioni, ad ogni modo sostenute da più ampie maggioranze.

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