La Grande Guerra 1915-18: come nasce a Fornaci l’asilo pro-orfani Giovanni Pascoli (decima parte.)

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Nel precedente articolo abbiamo visto e letto dell’effettiva decisione del Comitato Pro Orfani di Guerra di dare attuazione al progetto, presentato durante la seduta del 4 novembre 1918, finalizzato alla costruzione di un asilo a Fornaci di Barga, inoltre, dei vari festeggiamenti barghigiani per la conquistata vittoria. Con quest’articolo ci siamo proposti di comunicare notizie sulla posa della prima pietra dell’asilo da intitolarsi a Giovanni Pascoli.

Prima però di dare spazio a quell’importante appuntamento, ci piace offrire al lettore una visione, seppur parziale e sincopata, di come si ritrovava il Comune di Barga nel dopo guerra 1915-18. Intanto, in una lettera arrivata a La Corsonna da Roma, a firma del barghigiano, Luigi Cardosi, titolata dal giornale “A Lumi spenti”, chiara allusione al dopo festeggiamento per la vittoria e pubblicata sul n. 23 del dicembre 1918, si legge un’esortazione molto espressiva circa il futuro cammino. Una sollecitazione che si rifà alla precedente parola d’ordine per l’Italia e gli italiani: “Resistere” per la stessa vittoria, ora da cangiarsi in “Produrre” per il benessere. Ovviamente il correlativo più prossimo, l’esempio più calzante, è proprio il riferimento al “grandioso stabilimento metallurgico” di Fornaci, che nato militarizzato con fini bellici, Luigi Cardosi si augura sappia trasformare le sue produzioni da prodotti di guerra in cose di pubblica utilità. Ciò avverrà, anche se, con la fine del conflitto, si assisterà a un depauperamento produttivo della metallurgica di Fornaci, con un consistente licenziamento di operai, da ora anche organizzati in confederazione dei metallurgici. Il calo di assunti, complicando oltremodo le attese dei reduci, riaccende la via dell’emigrazione, assai calata durante la guerra anche per il forte reclutamento militare.

In un altro articolo del giornale dal titolo Dopo la Guerra, invece, si pone l’accento sulla severa responsabilità politica che non dia spazio a chi contrario alla guerra o indifferente ora sale ambiguamente sul carro per festeggiarla, e nessuno devi da questa idea e saluti il ritorno dei soldati dando a loro tutto quel peso che gli spetta in autorità, altrimenti, gli abbandoni da questa via “possono provocare la catastrofe irrimediabile”.

Un aspetto sociale che investe tutta l’Italia ma che in loco ci presenta un Comune di Barga in gravi difficoltà organizzative, certamente ampliate dal giornale per avere alla conduzione politica un partito locale che s’impose prima del conflitto bellico per la forza persuasiva del medico socialista prof. Cesare Biondi. Questi, seppur da neutralista a volontario nella stessa guerra, ora sia sentito e vissuto come aderente alla nuova idea politica che sta prendendo campo in tutta l’Italia dopo la Rivoluzione d’Ottobre, nei suoi aderenti italiani tenacemente avversa a una normalizzazione della vita nel dopo guerra.

Dal punto di vista di una migliore regolazione della vita, il giornale assume una forte posizione circa il ristabilimento di un efficace servizio ferroviario, pian piano ridotto in tempo di guerra da quattro coppie di treni a una sola, che se allora fu necessario provvedimento, ora deve esserne ristabilita l’efficienza a favore dei passeggeri e delle merci, anzi, possibilmente migliorata per il notevole sviluppo industriale di Fornaci di Barga. Da lì a poco le coppie di treni saliranno a due.

Nella cronaca si dice invece che nel Duomo di Barga, come accennato nel nostro ottavo articolo, troverà posto una lapide con tutti i Caduti della guerra e che sarà attuato un nuovo altare centrale dedicato alla vittoria e alla pace, perciò si contribuisca con offerte, dei vicini e lontani, per rendere attuato un tale proponimento. Le due idee non avranno mai esecuzione nel Duomo: per vedere una lapide a Barga, si dovrà aspettare qualche anno, molti di più se ne prospetteranno per un monumento.

Intanto nel Comune di Barga, in preda a un anticipato inverno con freddo e neve, dilaga la febbre spagnola, seppur si mantenga, tra varie e diverse difficoltà, in forma assai benigna. Influenzato, è caduto anche il dott. Domenico Lazzaroni di Barga, uno dei due medici condotti assieme al dott. Sacchi, che da solo non ce la fa a coprire tutto il territorio, e per fare fronte al grave disagio si sollecita il Prefetto e l’autorità medica provinciale, affinché si provveda: “Noi e con noi l’intera popolazione, attendiamo!”.

La guerra, finita con l’armistizio del 4 novembre, nella realtà sta continuando con l’occupazione delle terre finalmente italiane e su La Corsonna si prolungano le notizie sulle sorti di vari soldati, alcuni dei quali ancora muoiono per malattie, uno del Battaglione Sciatori e dato per disperso, altri si dicono ricoverati in vari ospedali afflitti da polmonite e malaria. Nel frattempo il Ministero per l’Assistenza conferma che continueranno sino alla fine dell’anno i sussidi alle famiglie che hanno ancora un congiunto in guerra e similmente a quelle cui avesse fatto rientro.

La vita, tra queste notizie che si spera si avviino a una più tranquilla soluzione, continua anche con note dal sapore di quella sospirata normalità, come per esempio che al Teatro Differenti di Barga, stipato in ogni posto, si siano date quattro commedie a cura della Compagnia romana Giordani: Santarella, Le False Apparenze, Maria, e la farsa, Una Festa in Famiglia.

L’acquisizione della normalità però e ben lontana, infatti, si deve fare i conti con la mancanza di generi alimentari in tutto il Comune. Uno stato delle cose che muove anche Il Nuovo Giornale a rendere evidente: “Se Barga è priva d’olio, lardo, strutto, burro, formaggio, carne di maiale fresca, ecc, di chi è la colpa?”. La Corsonna si cura poco delle colpe e scrive:

“A noi importa poco … quello che più importa e che ci sono centinaia e centinaia di famiglie che non possono condire una magra minestra, non possono friggere una patata, non possono mangiare un po’ d’erba cotta e cruda.

Non è umano, non è ragionevole, non è giusto che questa povera popolazione sia lasciata nell’indigenza e nell’abbandono, quando altra gente, meglio guidata, vive quasi nell’abbondanza.

Tutti hanno dato il loro sangue per la grande Italia, tutti hanno diritto di vivere e di vivere senza strozzinaggio!

Non è già troppo esser costretti a mangiare poca pasta e pessima, riso pochissimo, e alla febbre spagnola, si deve aggiungere anche senza condimento?

La pazienza ha un limite … Si provveda dunque e senza indugio a por fine a tanta miseria, senza una vera e propria necessità.”

Con questa seppur parziale ma assi, se non molto triste visione del Comune di Barga si ha la posa della prima pietra dell’Asilo per gli Orfani di Guerra a Fornaci. Il giorno della cerimonia è stato fissato da qualche tempo per le ore 15 di domenica 17 novembre 1918 e il luogo su cui sorgerà è la foresta dove già nel gennaio di quest’anno furono commemorate le vittime dei bombardamenti austroungarici su Padova, alla presenza dell’arcivescovo di Pisa card. Maffi, che tenne un molto apprezzato discorso patriottico, nuovamente invitato per questa importante occasione. L’annuncio è stato scritto anche su un grande manifesto curato dal presidente della metallurgica ing. Luigi Orlando, dove è fatto invito a tutta la cittadinanza ad assistervi.

La Corsonna ne parla nel n. 23 del 1° dicembre 1918, nell’articolo La posa della prima pietra dell’Asilo Pascoli per gli orfani di guerra, iniziando con una nota sul tempo della giornata: grigia e rigida. Continua poi con la notizia dei contributi ricevuti per l’iniziativa asilo che, oltre a quelli già a noi noti e di cui abbiamo parlato più volte nei precedenti articoli, ora apprendiamo si fosse aggiunto quello della Regina Elena.

Il corteo che avrebbe raggiunto la foresta dove si sarebbe posta la prima dell’asilo mosse dalla direzione dello stabilimento, prendendo l’allora via provinciale per imboccare dopo qualche centinaio di metri il viale intitolato alla Regina Elena, da qui raggiungendo la predetta foresta, acquistata dal Comitato per edificarvi, appunto, l’asilo. Accanto al card. Maffi c’era Maria, la sorella di Giovanni Pascoli, al cui poeta, defunto da sei anni, l’asilo si stava fondando. Altra persona stava con loro, forse sconosciuta a quasi tutti, il prof. Pietro Silva dell’Accademia Navale di Livorno. Un democratico che dovrà subire nel 1926 le ire di un certo Benito Mussolini, che lo accomunerà con l’opera antifascista di Gaetano Salvemini, in una dura lettera scritta all’Aiutante di Campo del Principe di Piemonte, il gen. Ambrogio Clerici.

Questi, al momento della posa della prima pietra, fu il primo a parlare di fronte alla cittadinanza accorsa numerosa ad assistere all’evento. Un importante avvenimento che rimane, per la deliberazione, come già detto, presa in seno al Comitato Pro Orfani il 4 novembre 1918, giorno della comunicazione in tutta l’Italia del raggiunto Armistizio, la più tangibile testimonianza, il più vivido ricordo della vittoria italiana nella prima guerra mondiale e non solo per il Comune di Barga, ma pensiamo per tutta la Valle del Serchio.

Nota il giornale che per la suggestività del luogo lo spettacolo di folla era meraviglioso e quando la banda emise l’ultimo suono della Marcia Reale scoppiando in un caloroso applauso. Prendendo la parola, il prof. Silva, subito notò che l’opera cui oggi diamo il via, se celebra la vittoria, al tempo stesso ci dice che con la forza abbiamo imposto un diritto che in altre epoche dovemmo elemosinare a terzi, anche per piccole concessioni:

“Dopo aver inneggiato alla Vittoria, che non sarà coi prodi combattenti che fortemente la vollero e l’imposero al nemico, mai abbastanza benedetta, il prof. Silva disse che nessun monumento sarà degno di questo avvenimento. Ma nell’erigere i monumenti bisogna che l’esultanza si manifesti in opere di bene. E appunto il costruendo asilo corrisponde a queste necessità e il nome glorioso cui è intitolato ne forma un simbolo. Giovanni Pascoli amò questa terra che fu la patria di quasi tutta l’opera sua e che egli predisse degna di assurgere ad alti destini. Da qui il Poeta parlò all’Italia della Grande Proletaria ed Egli perennemente informerà lo spirito dell’Asilo, che sarà un edificio di pietà e di giustizia sociale … Un’Italia più grande in una società migliore.”

Dopo che l’oratore ebbe parlato per circa un’ora, al termine applaudito e complimentato dai presenti, si passò alla posa della prima pietra, in cui furono murati due tubi di vetro sigillati a piombo contenenti monete dell’epoca e una pergamena il cui testo dice:

“Auspice il Grande Ufficiale Ingegnere Luigi Orlando –che fu negli anni di guerra- guida solerte e illuminata al suo magnifico popolo di operai –così nel lavoro come nelle opere di carità- il Comitato di Assistenza Patronato Pro-Orfani di Guerra di Fornaci di Barga, per le mani di Sua Eminenza il Cardinale Pietro Maffi –Arcivescovo di Pisa- per dottrina e patrio amore –insigne- poneva la prima pietra di un Asilo –che accogliesse gli orfani dei caduti –nei quattro anni della nostra passione –il XVII novembre MCMXVIII –primo mese della nostra vittoria –Redentrice.”

Sulla pergamena seguì la firma di molti dei presenti. Lo scritto fu poi immesso nel tubo sigillato e murato con l’altro tubo contenete le monete, nella pietra che fu poi calata nelle fondamenta.

Dopo questa cerimonia prese la parola, il Card. Maffi, che ricordò la giornata in cui venne nel solito luogo nel passato gennaio, alludendo al tempo, allora sereno con un bel sole che gli prefigurò un’Italia su cui non era calata ancora la notte, ma riprendeva, con gli alleati, il suo cammino primaverile di speranza. Oggi il cielo è chiuso:

“Per dirci che la festa deve essere tutta intima e tutta dentro di noi. La guerra ora è finita, ma oltre la guerra restano dei bimbi smarriti … non dobbiamo permettere che restino smarriti e noi dovremo qui accogliere quanti han bisogno di carità … Pascoli pianse del pianto dei sei fratelli quando ebbe ucciso il padre … e così noi piangiamo del pianto degli orfani. Essi però non devono piangere a lungo … li raccoglieremo tutti sotto le mani nostre.”

Il Cardinale poi passò a delle considerazioni sullo stato dell’Italia ora nel pieno della ricercata concordia tra i cittadini, adducendo:

“Che dopo aver dilatato i confini, gli italiani debbono dilatare lo spirito e dopo aver combattuto i gas asfissianti dobbiamo ora più che mai combattere i gas disgregatori degli animi. Siamo fratelli tra noi e sentiamolo veramente questo sentimento di fratellanza … non si ripeta: vi fu un tempo che eravamo fratelli e dopo più neanche cugini … È necessario e si deve vivere nella concordia.”

Così chiude l’articolo La Corsonna:

“Mentre per la valle si perdevano le note d’inni patriottici, la folla cominciò a diradarsi lentamente, lieta di aver adempiuto un dovere di solidarietà.”

(continua. Pier Giuliano Cecchi)

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