L’enigma della storia dell’organo della Fornacetta (seconda e ultima parte)

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Nel precedente articolo ci siamo lasciati con l’annuncio che con il presente articolo avremmo fatto conoscere il prof. Giuseppe Bonaccorsi, l’autore dell’organo di Santa Maria Assunta della Fornacetta di Barga, così come faremo. Iniziativa che tramite questo sito, e per la prima volta, ha il potere di farlo presente a tutti quelli che s’interessano di studi sugli organi e loro fabbricanti.

Intanto, per ora iniziamo con un ricordo che ne fa di lui Pietro Groppi nella sua Guida di Barga edita dall’omonima tipografia nel 1901, precisamente estratto dalle pag. 99-100, dove di questo straordinario personaggio barghigiano ci dice che profuse ogni sforzo per abbellire e ingrandire a sue spese questa chiesa della Fornacetta, poi dotandola di un organo, oggi ritenuto straordinario, con maestria da lui costruito:

“La chiesa di questo Sobborgo (La Fornacetta) è dedicata all’Assunzione di Maria; e fu ingrandita ed abbellita a spese di quei popolani e segnatamente da Giuseppe Bonaccorsi che oltre ad altri doni da lui fatti a questa chiesa volle corredarla di un organo appositamente da lui fabbricato.

Questo Professore suonava esimiamente il Fagotto e fu apprezzato alle corti di Firenze e di Lucca.

Fabbricò strumenti musicali che furono ritenuti di gran pregio. Morì in questo Sobborgo nella di lui casa paterna (che è la prima a sinistra a uscire dalla porta del paese –n.d.r. in quel tempo non c’era la Villa Buenos Aires, quindi a questa è quella successiva) il dì 14 giugno 1858 di anni 77 e fu sepolto a Giucheto, e quindi dissotterrato e portato nella chiesa di questo Sobborgo e quivi sepolto nella sagrestia. Nella di lui cassa vi fu messa una pergamena, riguardante la sua vita.

Nell’interno di detta chiesa è stato posto il suo busto di marmo con la seguente epigrafe:

Rara perizia / nel magistero del suono / musicali strumenti / inventati, fabbricati / resero chiaro / in patria e fuori / Giuseppe Bonaccorsi / cittadino e cattolico / senza pari / cui figliale tenerezza / per la Regina del Cielo / inspirò / di questo tempio / l’ampliamento e il decoro / la Confraternita / che qui ha sede / al benemerito Confratello / presso le onorate ceneri / riconoscente / Q. M. P.”

Reso per ora un minimo di giustizia a Giuseppe Bonaccorsi, adesso ciò che a noi interessa e incuriosisce è l’idea di sapere cosa ci fosse stato scritto in quella pergamena ricordata da Pietro Groppi: “Nella di lui cassa vi fu messa una pergamena, riguardante la sua vita”. Curiosità che accarezzò anche il Comitato costituito agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso per provvedere al restauro dell’organo, descritto nel libro: “La Fornacetta, una chiesa e il suo organo”, così come oggi ricorda il governatore della compagnia Miriam Moretto. Infatti, sapendo che dopo Giuncheto il Bonaccorsi fu risotterrato nella sagrestia della chiesa, onde poter rinvenire quel testo, furono eseguite empiriche ricerche della sepoltura, ma tutto fu vano.

Oggi possiamo dire che il dilemma si scioglie perché abbiamo il testo di quella pergamena, pubblicato nel 1932 dal proposto di Barga e attento storico locale mons. Lino Lombardi, nell’articolo: “Giuseppe Bonaccorsi e la chiesa della Fornacetta”, che scrisse per il giornale “La Corsonna” del 7 agosto di quell’anno. Quest’articolo, con altri, fu poi ristampato anche nel libro a me tanto caro, cominciando dal suggerito titolo: “All’ombra del Duomo di Barga”, edito nel 1986 da L’Ora di Barga per il centenario della nascita di mons. Lombardi, cui detti molto di me stesso, dall’idea al pratico agire.

Senz’altro l’articolo del 1932 che parla di Bonaccorsi era rimasto sconosciuto ai ricercatori che stilarono il libro degli ultimi restauri “La Fornacetta, una chiesa e il suo organo”, che se ritrovato e pubblicato, certamente avrebbe reso ai suoi conterranei e con maggiori lumi sulla sua scienza, il troppo dimenticato Giuseppe Bonaccorsi, musicista, organaro dalle mani d’oro, letterato e filantropo. A seguire ecco cosa scrisse mons. Lombardi:

“La prossima festa dell’Assunta che lunedì 15 agosto avrà particolari celebrazioni alla Fornacetta, mi ricorda uno dei più benemeriti concittadini che la propria Terra hanno onorato e favorito. Intendo alludere a Giuseppe Bonaccorsi che nella chiesa della Fornacetta ha il privilegio della sepoltura, non solo, ma ha l’onore di avere un busto marmoreo.”

In pratica mons. Lombardi aveva trovato nell’Archivio della Propositura un foglio volante scritto in latino, che era una copia della pergamena racchiusa in tubo di piombo posto nella cassa di Giuseppe Bonaccorsi quando, come si è già detto, fu sepolto per la prima volta in Giuncheto. Aggiungendo:

“Si fece con lui come si usa fare con i personaggi ragguardevoli … e ciò indica in quale stima fosse”.

Dopo queste parole Lombardi pubblica il testo tradotto dal latino che parla di Bonaccorsi:

“Qui sono sepolte le spoglie mortali di Giuseppe figlio di Giovacchino Bonaccorsi e di Francesca Coletti.
Nato in Barga, nel sobborgo della Fornacetta, il dì 11 dicembre dell’anno 1780, trascorsa lodevolmente in famiglia la fanciullezza si portò a Pisa, dove si dedicò allo studio delle umane discipline. Dopo essersi reso padrone della conoscenza delle lingue italiane e francesi, si consacrò con fervore allo studio della Musica e della Matematica e di gran lunga sorpassò i suoi condiscepoli.

Recatosi in seguito a Lucca, da Maria Luisa duchessa di quello stato, per i suoi meriti fu ascritto fra i primi musici della corte reale, poiché egli tutti superava nell’arte di suonare quello strumento che in lingua italiana è chiamato fagotto.
Per trenta anni in modo preclaro esercitò l’ufficio assegnatogli, da cui ricavava un annuo stipendio, che anche dopo lasciato l’impiego gli fu concesso di conservare, finché visse, nel domestico riposo.
Con tenace volontà, superando l’aspettazione dei concittadini, riuscì eccellente nella meccanica. Da sé, con vera maestria, costruì organi musicali, che sapientemente suonava.

Acceso di grande amore verso Dio ogni giorno, fu sua delizia esser presente alle sacre funzioni e prestar servizio ai sacerdoti officianti, accostarsi spesso alla Mensa Eucaristica, e quando si portava il Viatico agli infermi, accompagnava con torcia.
Zelantissimo del divino culto, dopo aver restaurato a sue spese, quasi dai fondamenti, la chiesa del nativo sobborgo e accresciutala, la arricchì dell’abside, del pavimento del presbiterio lastricato di marmi e chiuso da balaustrata, di altari marmorei e di sacri arredi.

Si preparava a porre l’iscrizione –a maggior gloria di Dio e per comodità dei fedeli cristiani dimoranti nel sobborgo- quando colpito da improvvisa malattia, dopo che alla sua diletta sorella Maria raccomandò nel modo più ardente, quasi suo voto specialissimo, tutta la cura di quanto aveva fatto, munito dei conforti della Religione e cibatosi nel convito Eucaristico, con l’occhio a Dio rivolto morì al dì 14 giugno 1858.
O Vegliardo, sia a te ora largito, nel gaudio dei Celesti, il premio alla virtù dovuto.”

Lombardi continua l’articolo rilevando:

“Che la bella chiesina della Fornacetta, senza l’interessamento del Bonaccorsi, sarebbe stata destinata a scomparire; non solo, ma anche l’organo, nonostante le sue attuali condizioni non buone dà a conoscere la mano maestra che lo costruì”.

Comunque non finisce qui quanto possiamo dire di lui, perché abbiamo altri dati interessanti la sua vita frutto di mie ricerche, tra cui un’interessante novità per noi barghigiani e taciuta nella pergamena della sua vita.

Seguendo il testo della pergamena si apprende che Bonaccorsi da giovane fu inviato a Pisa per lo studio delle “umane discipline” e in seguito si dette con fervore allo studio della Musica e Matematica, dove “di gran lunga sorpassò i suoi condiscepoli”, restando per ora ignoto dove e con chi avesse studiato.

Intanto, ripetiamo che lo studio della musica lo portò non solo al suono di strumenti ma anche alla passione della loro costruzione, così come recita il suo epitaffio nella chiesa, ricordando ancora che costruì l’organo della stessa chiesa della Fornacetta, ma non potendo andare di là dalla mera citazione ricavata da pubblicazioni di cui abbiamo riportato gli scritti, resta sconosciuto il modo con cui vi pose mano.

Si propende per un “nuovo” e calcolato assemblaggio di un possibile antico strumento ivi presente, eseguito con ovvia maestria da Giuseppe Bonaccorsi e per di più ampliato nelle prestazioni, riuscendo dalle sue mani organo straordinario, così come lo recensì nel 1981 Pier Paolo Donati nella sua relazione pubblicata nel nostro precedente articolo. Di là da ciò che si è detto e che ricorda anche la pergamena: “Da sé, con vera maestria, costruì organi musicali, che sapientemente suonava”, per ora non possiamo aggiungere altro circa suoi eventuali organi oltre a quello della Fornacetta, mentre del suo essere organista esiste una memoria locale che, laddove ce ne fosse bisogno, lo conferma.

Infatti, il suo stato di suonatore d’organi, come vedremo, in Barga era ben noto, restando pensabile che per quel “sapientemente suonava”, oltre alla qualità della sua esecuzione di un brano, avesse fatto sì che Bonaccorsi carpisse i reconditi segreti dello strumento, nel senso che fosse nella piena cognizione di cosa occorresse a un organo per essere dichiarato ottimo. Utile esercizio per chi si prospettava nella mente di diventarne un costruttore.

Detto questo, eccoci alla memoria locale del suo stato di organista, ritrovata nell’Arch. Com. di Barga tra i documenti attinenti all’Opera di San Cristofano, ente di emanazione comunale che sovraintendeva al Duomo, precisamente nelle Entrate e Uscite degli anni 1818 e 1821. Qui, tra i salariati dell’Opera appare il nome di Giuseppe Bonaccorsi nella sua qualità di organista del Duomo, che riceve per questa sua mansione £ 270 l’anno, il massimo della spesa per ogni singola persona salariata, più del doppio di quanto si dava ai cappellani, pagati con £ 100 annue. Con l’organista si pagava anche un “alzamantice” con £ 28.

L’organista del Duomo, secondo lo statuto dell’Opera, doveva suonare, oltre che per la stessa Opera, ovviamente per la Parrocchia e il Comune in tutte quelle feste laiche e religiose che si fossero tenute in chiesa e non poteva assentarsi da Barga senza il permesso dell’Operaio e senza un sostituto; inoltre aveva l’obbligo di istruire un allievo.

All’esperienza di organista del Duomo, certamente effettuata per bisogni di lavoro, univa e coltivava con grande profitto la sua passione per il Fagotto, lo strumento principale della sua vita che gli fruttò l’importante e ben remunerato incarico presso la Corte di Lucca, così come recita la pergamena, però tacendo l’anno in cui avvenne e che abbiamo ritrovato. Infatti, la nomina di Giuseppe Bonaccorsi alla Corte di Maria Luisa duchessa di Lucca avvenne il 28 luglio 1823, quale professore di fagotto della Cappella Reale, segnatamente come primo fagotto con un mensile di scudi 18, metà a carico della Reale Casa e metà al Comune di Lucca. (Memorie e documenti della storia di Lucca, Tomo XII, 1880).

Morta Maria Luisa vede Carlo Lodovico di Borbone decretare il 27 maggio 1839 circa la Cappella Vocale e Strumentale, stabilendo all’Art. 1 gli organici: 3 maestri, 9 voci, 34 strumentisti e 9 sostituti, tra cui a primo fagotto il prof. Giuseppe Bonaccorsi, con uno stipendio di £ 900 annue.

Dalla pergamena barghigiana sappiamo che restò nell’incarico lucchese per trenta anni, e sapendo della sua nomina, possiamo dire che fece ritorno a Barga per godersi la pensione, equivalente all’ultimo stipendio, l’anno 1853, con Lucca, per gli Accordi di Firenze del 1844, già entrata con il suo territorio nei domini del Granducato di Toscana.
Sapendo che Bonaccorsi morì a Barga l’anno 1858, resta pensabile che nei cinque anni di pensione trovò quel tempo utile per costruire l’organo della Fornacetta e altri a noi ignoti, come di porre mano, sempre con le sue sostanze, al rifacimento e abbellimento della chiesa.

L’organo costruito dal Bonaccorsi ebbe vari restauri, ma solo di due ne è rimasta memoria nella data e poco di più: nel 1896 e l’altro nel 1902. Nel complesso degli interventi ci furono “mutamenti nell’impostazione dello strumento”. (Alessandro Sandretti: “La Fornacetta, una chiesa e il suo organo”, pagg. 25-26)

Da quanto racconta Sandretti, durante l’ultimo restauro, eseguito dall’organaro Glauco Ghilardi, furono trovate delle scritte, pubblicate dallo stesso Sandretti nel libro sopra ricordato e che fedelmente trascriviamo:

“Durante il restauro sono state trovate all’interno di una pompa del mantice e nel mantice anche le seguenti scritte: In questi giorni era molto freddo benché fossimo alla fine di aprile e tutta la mattina era la brina. Questa pompa fu fatta nuova nel 1896 da Battani Antonio e Giosuè figlio e Claudio Turrini nipote. A.M.D.G.B.M.V.O.S. (per la maggiore gloria di Dio della beata Vergine Maria e di tutti i santi) Antonio Battani e figlio Giosuè ristaurarono questa macchina pneumatica l’anno 1896 8-20 aprile di Frassinoro Prov. Di Modena”

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